Arthur Conan Doyle è uno scrittore affascinante per molti aspetti, anche se molti lo ricordano solo per il suo celebre Sherlock Holmes. Come tanti uomini del suo tempo, è un fanatico dello spiritismo, del paranormale e di tutto ciò che risulti magico e misterioso. Altri autori lo furono altrettanto, ad esempio Victor Hugo, e quindi non deve sorprendere che un uomo che ha ideato il protagonista razionale per eccellenza, ovvero Holmes, potesse avere questi interessi così stravaganti.
È stato pubblicato da Marsilio un libro che lo scrittore scrisse per dimostrare la verità e l'utilità della fotografia spiritica. Doyle, che fu membro ordinario della Physical Society (ma anche della Society for Psychical Research), si propone di trovare soluzioni a ciò che non è visibile agli occhi. La domanda intorno alla quale ruota questa difesa della fotografia di fantasmi è se sia in grado di dimostrare l'immortalità dell'anima.
L'occasione è data da un'accusa del parapsicologo britannico Harry Price a William Hope, fondatore del Crewe Circle, di cui Doyle è appassionato simpatizzante: Price sostiene che Hope sia un impostore, che non fotografi i fantasmi ma manipoli le lastre fotografiche. Doyle, attraverso un confronto tra le fotografie in vita e in morte e grazie a una rete di ferrate e inappuntabili ipotesi, difende Hope. Della versione di Price ci è rimasto poco, di quella allucinante e romanzesca di Doyle tutto.
I risultati a cui arriva lo scrittore non ci dicono molto, in realtà, sull'inoppugnabile veridicità o meno della fotografia, ma Conan Doyle li conduce con un metodo "scientifico", analizzando prove, partecipando a sedute, sconfessando teorie e maldicenze su un fenomeno a cui l'autore crede fortemente.
Un solo caso positivo basta a sovvertire tutti quelli negativi che la maschera del fango del più energico "smascheratore" può collezionare. I nostri avversari prendono la strada perversa di soffermarsi esclusivamente sui risultati negativi: una linea di pensiero che avrebbe soffocato in culla qualsiasi scienza di questo mondo. (p. 88)
È davvero interessante notare non tanto la difesa a spada tratta del grande scrittore di Edimburgo nei confronti di una società - il circolo di Crewe -, che era stato peraltro più volte screditato dai contemporanei e dalla stessa Society for Psychical Research, di cui Doyle era membro anziano, ma il metodo di indagine, che conduce lo scrittore a dire e nello stesso tempo a non poter affermare con certezza (in molti casi) che quello a cui sta assistendo è un fenomeno ragionevolmente in grado di spiegare l'aldilà. Un pamphlet scritto a caldo, quello che il lettore gusterà, e che ci racconta molto dell'epoca e della voglia di indagare la sottile soglia che separa la vita dalla morte, forse ingenuamente, ma sempre appassionatamente.
SamanthaViva
Social Network