Tracce
di Lauret Edith Savoy
Black Coffee, giugno 2022
Traduzione di Sara Reggiani
pp. 198
€ 18 (cartaceo)
€ 4,99 (ebook)
Continua
l’avventura editoriale di “This Land”, la collana di Black Coffee che vuole
portare in Italia un genere che all’estero è estremamente sviluppato e
interessante – lasciandoci ahimè ancora una volta indietro nei confronti delle
tendenze editoriali estere: stiamo parlando del memoir, quel tipo di non-fiction
che, partendo da un posizionamento autobiografico e personale, riesce a
raccontare la storia di una società, di una cultura locale e particolare, che
sarebbe impossibile da sperimentare appieno tramite una semplice trattazione
saggistica. In particolare i memoir che costituiscono la collana “This Land”
sono impossibili da definire come semplici autobiografie, né sono catalogabili come saggi: era
stato il caso di Heartland di Sarah Smarsh, che tramite la storia della sua
infanzia e adolescenza era stata in grado di farci davvero sperimentare la vita
nel Kansas rurale; ma Tracce di Lauret Edith Savoy confonde ulteriormente la
demarcazione tra vita personale, storia e cultura. Oppure, ci dimostra
semplicemente che tale demarcazione non è mai esistita davvero.
Lauret Edith
Savoy è una geologa che ha sperimentato l’influenza della terra nella vita
umana ben prima di iniziare la propria carriera accademica. Nata da un lato
degli Stati Uniti e cresciuta dall’altro, nel libro inizia un viaggio dalla
cosa Ovest a quella Est, dalla sua infanzia alla sua adolescenza, e, nel farlo,
ripercorre la storia dei luoghi più importanti della Storia americana, non
quelli delle battaglie magniloquenti di cui si parla a scuola e nei musei, ma
quelli che hanno davvero contribuito a creare una cultura estremamente
sfaccettata e complessa – e di cui purtroppo né musei né programmi scolastici
parlano: l’espansione statunitense nei territori messicani, la devastante
storia di violenza e oppressione nei confronti delle popolazioni di nativi
americani, la schiavitù nel profondo Sud e il lunghissimo retaggio delle leggi Jim Crow, ma anche il motivo tutt’altro che eroico del perché la capitale,
Washington D.C., sia stata costruita proprio lì. E dietro queste storie di
violenza umana, il territorio stava a guardare: quello stesso territorio che
Savoy studia ogni giorno, e che, ai suoi occhi, reca chiarissime le tracce di
ciò che si svolgeva sopra di esso.
Ma il rapporto di
Savoy con la propria terra è più profondo di così. Riconoscendo le proprie
origini afroamericane, native ed europee, Savoy assomma in sé una quantità enorme di storie, di territori, di eventi, e si immerge nella storia della
sua famiglia con la consapevolezza di chi sa che nel proprio microcosmo
familiare ha assommato la storia di una nazione che forse non è mai stata una
sola nazione. Le tracce di questa molteplicità sono ovunque, dietro ogni
roccia, ogni fiume, ogni montagna e ogni toponimo si nascondono storie
terribili e magnifiche di oppressioni e resistenza. E sebbene sia impossibile
definire la vera identità culturale statunitense, alla fine del libro rimane in
bocca il sentore che forse l’identità americana sia proprio questa tensione,
questa volontà di affermarsi contro tutte le avversità, contro tutte le
oppressioni, di razza, genere e classe. Un’identità che Lauret Edith Savoy
incarna perfettamente.
Marta Olivi