Uno dei grandi temi posti dalla critica letteraria nel secolo scorso, dibattuto soprattutto negli anni Sessanta e Settanta, è stato: che cos’è la letteratura? Celebre, tra i tanti, il saggio del filosofo francese Jean Paul Sartre che per titolo riportava proprio l’annosa questione. Ma chi è lo scrittore? (Mariagloria Fontana, Affari di libri, Perrone editore, Roma 2022, p. 14)
Questi quesiti e altri, Mariagloria Fontana pone in Affari di libri, edito da Giulio Perrone: un libro intervista che parla di Letteratura, scrittura, fragilità e ossessioni, un reportage così intimo da mostrarsi con immediatezza nella sua natura letteraria (è stato recensito qui).
Il libro nasce da una trasmissione radiotelevisiva in cui i protagonisti sono gli scrittori, “Affari di libri” appunto – titolo italiano che come spiega l’autrice nella prefazione riprende quello del romanzo Affari di cuore della scrittrice umorista statunitense Nora Ephron – in onda una volta a settimana su «Radio Radio» e «Radio Radio Tv». La vocazione, le paure, il lavoro, la personalità, l’umanità degli scrittori e la loro scrittura; Mariagloria Fontana, scrittrice e giornalista, pone il suo sguardo acuto su tutti questi aspetti, fino a giungere a domandarsi: cos'è la scrittura?
Con una lente di ingrandimento ricercata, l’autrice indugia sui personaggi descrivendoli dall’esterno ma con il coinvolgimento di chi li conosce bene, permettendo a chi legge di vedere da vicino e creare un rapporto intimo con gli intervistati. Cinque scrittori e cinque scrittrici tra i più autorevoli del panorama italiano: Andrea Pomella, Emanuele Trevi, Luca Ricci, Marco Missiroli, Roberto Cotroneo, Lisa Ginzburg, Viola Di Grado, Nadia Terranova, Chiara Gamberale e Teresa Ciabatti.
Attraverso le conversazioni – che ricordano le celebri conversation con grandi scrittori del «The Paris Review» – Mariagloria Fontana tira fuori i profili umani, le biografie e i demoni dei suoi personaggi; senza forzature, l’autrice crea dei veri personaggi letterari, ed ecco che fiction e non fiction si fondono in un libro intervista che racconta il romanzo italiano.
Ho intervistato Mariagloria Fontana per capire da dove nasce la sua scrittura e quali sono le origini del suo talento con i libri.
Cara Mariagloria, innanzitutto grazie per aver accettato di rispondere alle mie domande. Nel tuo libro sei riuscita a far emergere i demoni e le paure degli intervistati, grazie alla tua sensibilità è venuta fuori un’immagine di scrittore per lo più fragile, che ha subito lesioni forti. Che rapporto hai con gli scrittori e le scrittrici che hai intervistato nel tuo ultimo libro?
Li conosco da diversi anni, con tutti c’è un rapporto di stima reciproca, alcuni li ho incontrati più volte, ma in realtà con nessuno di loro c’è quello che si può definire un rapporto di amicizia. Credo che sia giusto così, io devo fare il mio mestiere scevra da legami personali e raccontare quello che vedo con la massima autenticità.
Sicuramente Michel Houellebecq è uno dei miei autori prediletti. La sua scrittura, prima da poeta, poi da immenso romanziere, ha cambiato il mio sguardo sul mondo e sulla letteratura. Anche Philip Roth ha avuto un impatto deflagrante sulla mia vita di lettrice e autrice, tra i miei romanzi di riferimento c’è Il Teatro di Sabbath, una specie di “vangelo” per me. Marguerite Duras ha rappresentato un vortice in cui mi sono perduta, la sua scrittura mi possiede ogni volta che la leggo. Henry Miller, F. Scott Fitzgerald, Marcel Proust, Charles Dickens, Katherine Mansfield, Simone de Beauvoir, Dorothy Parker e J.D. Salinger mi hanno formato “negli anni più vulnerabili della giovinezza”. Tra gli italiani: Emanuele Trevi, Sandro Veronesi, Aurelio Picca, Goffredo Parise, Walter Siti. Anche la poesia ha avuto un forte ascendente su di me: Ezra Pound, T.S. Eliot, G. Trakl, A. Ginsberg, A. Rimbaud, G. Apollinaire con i suoi versi così nuovi, rivoluzionari. Molte firme del giornalismo: Pietro Citati, Alfonso Berardinelli, David Remnick, Suzanne Moore, Greil Marcus, Robert Fisk, Riccardo Bertoncelli. Naturalmente tra i miei riferimenti ci sono anche la filosofia, la musica e il cinema. Potremmo continuare a parlarne a lungo.
C’è una differenza nel tuo approccio alla scrittura da scrittrice rispetto a quello da giornalista?
Scrivere romanzi per me è disossare l’anima, temo sia questo il motivo per cui ne ho pubblicato soltanto uno. Ne ho in stesura altri due, spero di riuscire a terminarli e di non fare la fine del protagonista de La Grande Bellezza di Paolo Sorrentino, Jep Gambardella con il suo L’apparato umano. Da giornalista ho dedicato sia il mio romanzo, La Ragione era Carnale, Curcio editore, sia questo saggio, Affari di libri, idealmente al mio amore per il giornalismo, che come riporto in epigrafe citando la mia adorata Nora Ephron: […] ma per molti anni sono stata innamorata del giornalismo.
Ho iniziato a pubblicare articoli firmati a sedici anni su una rivista musicale, poi ho continuato fino ad oggi (ne ho compiuti di recente quarantacinque), tra carta stampata, testate online, radio, tv, passando per anni con Micromega, Huffington Post, Affaritaliani, collaborazioni con Il Fatto Quotidiano, femminili online del Corriere della Sera, riviste popolari persino rosa come Visto. Cultura elitaria, testate colte, e cultura pop. Per me non esistono “storie stupide” o banali: la differenza sta nel modo in cui le racconti, la capacità, lo stile, lo sguardo, la singolarità che riesci a rintracciare. Mi piace pensare a figure di giornaliste di costume quali Nora Ephron, che conosciamo in Italia più per i suoi film iconici, e l’inglese Tina Brown, una che ha diretto testate prestigiose come Vanity Fair, New Yorker, Newsweek, Daily Beast, che ha scritto best seller su Lady D, che sa coniugare l’alto e il basso. In Italia è più difficile essere così eclettica, ti etichettano subito: o sei in un modo o sei il suo contrario.
In Affari di Libri c’è un esperimento, spero riuscito, in cui la me giornalista si affianca alla me scrittrice. Il secondo titolo del libro doveva essere “romanzintervista”: la crasi tra romanzo e intervista. La natura di questo libro è doppia.
Ho percepito e apprezzato molto la crasi tra i due generi: un esperimento più che riuscito, immagino preveda distacco e coinvolgimento da parte di chi scrive; a un certo punto, infatti, ho avuto l’impressione di leggere un romanzo in cui gli intervistati erano i personaggi.
La tua professione ti pone sempre a stretto contatto con “gli affari di libri”; che peso hanno i libri nella tua vita?
I libri hanno formato e caratterizzato il mio sguardo, ciò che sono, la mia intima essenza e persino ciò che di me si vede. Hanno determinato le mie relazioni amicali e amorose, le mie scelte professionali. Per anni è stato addirittura un problema. Sono una donna che vive molto “nella testa”, ho tentato di intellettualizzare tutto ciò che mi riguardava, sono enormemente cervellotica. Fortunatamente nel corso degli anni ho maturato una forma di equilibrio.
Sei molto attenta alle questioni che riguardano le donne, tanto da dirigere una testata che si chiama «Le città delle donne». C’è una distinzione, secondo te, tra narrazione femminile e narrazione maschile?
Nonostante la scrittura stia evolvendo, anch’essa, verso un “genere liquido”, e nonostante Virginia Woolf ne sia stata una precorritrice, oltre che un genio, e abbia definito lo-a scrittore-trice una sorta di ibrido che non risponde a nessun genere sessuale, io credo ancora nelle differenze di genere nella scrittura. Basti pensare ai succitati Houellebecq e Roth: nessuna donna ha scritto o scrive in quel modo di amplessi e relazioni amorose: ritratti di sensualità ed erotismo esteticamente ricchi e intellettualmente potenti. Solo per fare un singolo esempio. Anche la natura dell’innamoramento fra personaggi nella letteratura è descritta molto diversamente a seconda che si tratti di scrittori o scrittrici, si pensi a Lev Tolstoj o a Karl Ove Knausgard o a George Eliot e Marguerite Duras.
Che cos’è la scrittura per Mariagloria Fontana?
Un arto mancante che continua a esistere nonostante sia stato amputato. Un’algoallucinosi. Mai salvifica, mai. Durante la stesura di un libro, al contrario, faticosa ed esiziale. Sempre connaturata in me e comunque ossimorica: amata e odiata.
Isabella Corrado
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