«Sembrava una favola quel pomeriggio eterno»: e se potessimo congiungerci a chi abbiamo perso? Il nuovo romanzo di Matteo Nucci, "Sono difficili le cose belle"



Sono difficili le cose belle
di Matteo Nucci
HarperCollins, 30 agosto 2022

pp. 288
€ 17 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)

«Il sogno è sogno. E quando ti svegli, il sogno lo hai fatto e quindi è dentro di te e ti ha cambiato. O magari eri già cambiato tu. Però l'importante è che, almeno quando te lo ricordi, poi resta bene impresso da qualche parte. E si integra con la tua vita perché è vita pure il sogno» (p. 213)

Ci sono mancanze che sono difficili da esplicitare, assenze che non si possono concretare solo in lacrime e sofferenza condivisa con chi ci sta accanto. Per Arianna la perdita della sua amatissima nonna è devastante e la bambina, con i suoi dieci anni, fatica a elaborare il lutto. Neanche la compagnia delle amiche riesce a distrarla, finché un giorno, lungo la strada vede una macchina rossa identica a quella di sua nonna e, alla guida, c'è una signora identica a lei! Anzi... è proprio sua nonna?! Incredula, la bambina accetta di salire in macchina e dà inizio a un pomeriggio straordinario di avventure in grado di oltrepassare limiti geografici e temporali. Ad esempio, il parco romano in cui Arianna e sua nonna si infilano racchiude in sé ben altre realtà, sa trasfigurarsi rapidamente e assumere l'aspetto di luoghi frequentati dalla bambina insieme ai suoi affetti e lasciarsi attraversare da dialoghi (talvolta filosofici) e avventure che vivono di ricordi e fantasia. 

Benché più volte Arianna si mostri scettica nei confronti di questo incontro, la nonna tende poi a convincerla e, anzi, la sprona a non abbattersi, a prendere tra le mani la sua vita, ad agire, a credere in sé stessa e nelle proprie capacità, cosa piuttosto difficile per Arianna, messa alla prova dalla dislessia e da una scuola impegnativa. Il pomeriggio con la nonna è invece un momento per navigare attraverso le parole, attraverso la storia personale della famiglia, rivivendo episodi straordinari, che distolgono Arianna persino dall'appuntamento con le sue amiche. Non esiste orologio che possa convincerla ad andarsene: è meglio non guardare che ore sono e lasciarsi cullare da quella dimensione onirica, un misto tra realtà, sogno e ricordo. Per quanto la bambina provi a chiedere spiegazioni alla nonna su come sia possibile questo loro incontro, la donna non risponde con chiarezza, devia la traiettoria delle domande esistenziali della nipotina, senza mai prenderla in giro. Piuttosto preferisce scuotere i momenti di nostalgia di Arianna con nuove avventure, che fanno di questa nonna, col suo refrain "Andiam, andiam, zan zan", con il suo tuffarsi in acque gelide o con la sua inesausta voglia di fare e di visitare, una grande portatrice di gioia e di serenità ritrovata. La sua vitalità si scontra inevitabilmente con gli ultimi momenti prima della morte, in cui era provata dalla malattia, che la stancava al punto da impedirle di condividere eventi importanti in famiglia. 

«Ma i sogni e i ricordi non sono anche loro reali? Vai, su, adesso andiamo, non ci pensare troppo», invita la nonna a p. 109. E forse anche noi dobbiamo fare così, come Arianna: non razionalizzare troppo, non chiederci dove questa “novella fiabesca” (così la definisce l'autore in calce alla storia) vorrà portarci, ma vivere da vicino le avventure impalpabili e fantastiche di nonna e nipotina, godendoci i dialoghi socratici che di tanto in tanto intervallano la narrazione. Certo, avere come unica antagonista la Morte, antagonista mai nominata apertamente ma onnipresente, in quanto ha diviso nonna e nipote, apparentemente per sempre, non aiuta a rendere avvincente la vicenda. Tuttavia, questa non è una storia da leggere per la trama; è un romanzo morbido, tenero, che lavora sull'elaborazione e sull'accettazione del lutto: la piccola Arianna, abbandonandosi ai ricordi e riscrivendoli con un pizzico di fantasia, ritrova la nonna e può rivivere con lei momenti significativi, cambiare un po' episodi significativi delle loro vite, sentirle pronunciare frasi di conforto che l'aiuteranno a fare i conti con il passato ma soprattutto ad accettare il presente. Un presente in cui sua nonna, grazie ai ricordi, alla fantasia e al sogno, può continuare a vivere per sempre, dentro di lei. 

In coda a Sono difficili le cose belle, Matteo Nucci ci regala L'astuccio, un racconto che in poco più di venti pagine ci porta in Grecia, durante una vacanza in famiglia, in cui l'io narrante lascia intuire da un lato la gioia per la presenza del padre, dall'altra la nostalgia per l'assenza della madre, morta di cancro. E che sorpresa dolce e malinconica scoprire che tante parole e reazioni della madre sono ora passate al padre! L'uomo, quasi per osmosi dopo tanti anni insieme, si trova ora a lasciare un commento un po' caustico, ora a fare riflessioni che avrebbe sicuramente fatto la consorte. Delicatissimo memoir illuminato dal sole greco, con un grado di profondità (anche stilistica) che ci porta ben oltre le sue venti pagine, L'astuccio pare una "novella" intimistica tutt'altro che fiabesca, più realistica eppure sfavillante di ricordi. Questo breve testo sì, pare proprio perfetto, un piccolo gioiello dolceamaro da rileggere (e grazie a Carlo Carabba per aver invitato l'autore a inserirlo come "bonus track" del romanzo!), che chiude la "novella fiabesca" con una narrazione più matura, rivolta certamente a un pubblico più adulto. E nel corso del racconto, troviamo esplicitata la chiave di lettura struggente che unisce entrambe le opere: 

Vivere per ricordare. Ma non per guardare indietro. Bensì per contenere chi non c'è più. (p. 285)

GMGhioni