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Una storia d'amore in montagna (e per la montagna): "Fiamme di pietra" di Jean-Cristophe Rufin

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Fiamme di pietra
di Jean-Cristophe Rufin
Edizioni e/o, 2022

Traduzione di Alberto Bracci Testasecca

pp. 279
€ 18,00 (cartaceo)
€ 11,99 (e-book)


Esiste ancora la letteratura di montagna? Nelle prime pagine del libro, l'autore, raccontando la genesi di questo romanzo, si dice convinto che no, la letteratura di montagna, quella vera, quella che "possiede quel supplemento di anima che trasforma un tema in trama e una persona in personaggio" (p. 17) non esiste più. I suoi ultimi rappresentanti sarebbero stati "Frison-Roche in Francia, Ramuz in Svizzera e Rigoni Stern in Italia... Poi più niente" (p. 13). Certo, vero è che la grandezza di Rigoni Stern, per rimanere a casa nostra, è assolutamente indiscutibile, supportata anche da una storia di vita che ne ha fatto l'inestimabile voce che è nell' ambito della nostra letteratura. Ma di scrittori che sappiano trasformare la montagna in romanzo, per nostra fortuna, ne abbiamo ancora (da Cognetti a Faggiani, da Bertone a Righetto, da Camanni a Corona a Ferrari fino all'ultimo Malaguti), gente che sa cavare dalle pietre dell'ambientazione montana personaggi intensi e spigolosi o che sa costruire storie nelle quali la montagna assume un ruolo da protagonista, lontana allo stesso modo dalle visioni edulcorate del paesaggio alpino e dalle dimensioni mostruose e terrificanti di un gigante da sfidare, come in tanti libri "eroici" sulle scalate avventurose, che finiscano bene o in tragedia. Un genere che negli ultimi anni ha fatto fortuna, ma che però non s'incarna nella letteratura, come la interpreta Rufin, ossia una trama coinvolgente e personaggi nei quali ci si possa identificare. Una bella storia, per dirla semplicemente. Allora Jean-Cristophe Rufin, uomo dalle mille vite, cofondatore di Medici senza frontiere, viaggiatore, diplomatico e alpinista, mette alla prova se stesso e le sue doti di narratore (che nel 2001 gli hanno valso il Premio Goncourt) e, partendo dalle sue montagne, le vette che circondano Chamonix, si mette a scrivere un romanzo che possa ambire a far parte della vera letteratura di montagna. Ci riesce? Sì, anche se non completamente, a mio parere. Questo romanzo, "Fiamme di pietra", per certi versi è riuscito nel suo intento, quello di ambientare una storia in montagna dove le vette facciano da protagoniste pur senza togliere spazio ai personaggi veri e propri. La parte che invece mi ha un po' lasciata perplessa è la costruzione dei personaggi che, forse, avrebbero meritato uno scavo psicologico più approfondito.

"Fiamme di pietra" è innanzitutto una storia d'amore, quella che lega Rémy, atletica guida alpina sul massiccio del Monte Bianco, a Laure, giovane parigina, con un lavoro nella finanza, emancipata e indipendente, una cittadina che però, subisce il fascino delle terre alte, dove si reca appena possibile per sentirsi viva. Tra i due scocca la scintilla, complice un'ascesa alla cima di Croisse-Baulet. Il resto è abbastanza intuibile, Laure si innamora della guida alpina, a sua volta già trafitto da un colpo di fulmine, si appassiona alle scalate, tanto che il passaggio da neofita a scalatrice esperta è, un po' incredibilmente, rapidissimo e per un buon numero di pagine la vicenda sembra incanalarsi nella classica storia d'amore a distanza. La trama segna un punto di svolta nel momento in cui Rémy sceglie di abbandonare le sue montagne e si trasferisce a Parigi, ospite in casa di Laure. In città qualcosa si rompe, l'aver lasciato il suo ambiente determina in Rémy un cambiamento che la giovane ragazza non può fare a meno  di notare. E la situazione precipita. Ma la vicenda ci deve ancora regalare altri sviluppi, ci sono punti di svolta, colpi di scena che non rivelo e che porteranno la storia verso la sua naturale conseguenza.
Al di là della trama, ho trovato interessanti le parti in cui si mettono a confronto due modi diversi di vivere la montagna, rappresentati da Rémy e dal fratello Julien. Tanto il fratello è rimasto legato ai vecchi miti, alle scalate, alla montagna-fatica, al sudore dell'ascesa, tanto Rémy ha virato verso la montagna-piacere, quella che dà divertimento, che riempie gli occhi di vita, ma senza sfinimento.
Come spiegare che non era un tradimento? Come far capire a quelli che non avevano seguito la stessa strada che lui aveva solo scoperto un'altra montagna, una montagna di luce e piacere, un luogo colorato, senza dolore, che non aveva più niente a che vedere con le faticate masochistiche, la sofferenza e la morte? In parole povere, la montagna che voleva far scoprire a Laure. (p. 38)

Sì, perché a volte la montagna è sinonimo di paura, di morte anche. E Rémy invece è pieno di vita, ha dentro di sé la forza dell'innamoramento. E tutto vuole mostrare a Laure fuorché la montagna rigida, austera, pericolosa. Le ascese complicate e rischiose le lascia volentieri agli altri, a quelli come il fratello che non riescono a staccarsi dai vecchi miti, agli scalatori passati alla storia. Lui ha negli occhi, invece, la sfrontatezza scanzonata dei free climber, i giovani ragazzi che, armati soltanto di un po' di magnesite sulle dita, affrontano simboli come El Capitan, nel Parco dello Yosemite in California. Una nuova generazione di scalatori, i famosi "conquistatori dell'inutile", che anche tra le vette europee portano in dote tutto un altro modo di vedere la montagna, di cui si trova traccia, per esempio, nei nomi che danno alle "vie", come racconta Rémy:

"Quando gli scalatori hanno cominciato a sviluppare l'arrampicata libera si sono presi gioco dei grandi vecchi che davano alle vie nomi pomposi. Ormai è una gara a chi trova il nome più cretino".

In un modo o nell'altro, la montagna riesce a essere il protagonista silenzioso del romanzo, il vero e proprio convitato di pietra e sarà proprio la montagna a risolvere tutti i dubbi nati nella storia d'amore tra Laure e Rémy, nata tra le montagne e per le montagne. Il libro di Jean-Cristophe Rufin in sintesi mette di fronte l'uomo e la natura e li porta a confrontarsi, in un rapporto che non è esente da rischi, ma che proprio per questo è in grado di tirare fuori l'essenza dell'umanità, il coraggio, la lealtà, la fiducia. E l'amore.

Sabrina Miglio