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Una storia d'amore e i segreti della giallista più famosa al mondo: gli ingredienti di "Il caso Agatha Christie" di Nina de Gramont

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Il caso Agatha Christie




Il caso Agatha Christie
di Nina de Gramont
Traduzione di Massimo Ortelio
Neri Pozza, luglio 2022

pp.327
€ 18 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)


Un romanzo molto ben congegnato, che sarebbe piaciuto anche alla stessa Christie, è quello che Nina de Gramont propone ai suoi lettori, con un punto di vista interessante sulla famosa scomparsa che vide la grande giallista protagonista nella vita reale, nel 1926, per undici giorni.


Innanzitutto il punto di vista, nonché voce narrante, è quello dell’amante del primo marito della Christie, ovvero Nan O’ Dea, che racconta i fatti come si svolsero e come presume si siano svolti, anche per la parte che riguarda la sua “rivale” in amore. 


Sul rapporto complesso tra le due donne si gioca gran parte della trama: due personalità molto forti, che si incontrarono per colpa di Archibald Christie, che sposò la prima e si innamorò della giovane O’ Dea. La vita di quest’ultima viene sondata e approfondita, diventa spunto per narrare le vicende della Storia del periodo, tra la Prima guerra Mondiale e le conseguenze che lasciò negli uomini e nelle donne che vissero quel periodo. 

Forse non vi susciterà troppa simpatia una rovinafamiglie come me, ma non mi importa. Vi chiedo solo di immaginarmi una mattina d’inverno in Irlanda, in viaggio su un carretto del atte. A diciannove anni. (p. 35)

Agatha scoppiò a ridere, come per schermirsi, e mi fece di nuovo tenerezza. Non mi andava di farla soffrire. Aveva appena perso la madre e io ero in procinto di rubarle il marito. (p. 18)

Il punto di vista di Nan è sempre molto lucido: anche nel raccontare i suoi sentimenti contrastanti sulla Christie, non può non ammettere che il suo modo di agire sia poco chiaro e corretto e in realtà dipenda più da quello che la vita le ha tolto che non da quello che la vita le stia offrendo, ovvero il marito di un’altra.


Le donne, al centro della vicenda, madri e amanti, mogli, stereotipi che una società voleva sempre e comunque ai margini e mai alleate tra loro, vengono invece poste al centro da Nina de Gramont, illuminandone altri punti di vista, mettendo a fuoco la loro volontà, il loro essere creature profondamente complicate ma anche comprensibilmente unite. Ma forse il vero mistero è legato alla nascita del romanzo stesso, legato ad un dettaglio, l’unico reale, di tutta la vicenda, ovvero la registrazione, presso la casa termale in cui realmente la Christie venne poi ritrovata, 11 giorni dopo la scomparsa, col cognome dell’amante del marito. 


Quanto conta un dettaglio per uno scrittore? Tanto, così tra le righe si ricostruiscono mondi, come il rientro dalla grande guerra dei soldati, che vengono uccisi dall’influenza. E in questo dettaglio ritroviamo un appiglio anche molto reale alla situazione vissuta dall’umanità intera in questi due anni di pandemia. Un ritmo e un modo di raccontare che non ci fanno sentire lo sfondo e il contesto lontani da noi, ma vicinissimi, come se gli anni Venti fossero quelli di questo tempo e non quelli di cento anni fa, e in effetti così sembra, a volte, a fare un volo in una realtà che fu, e ancora in parte ritorna.


Infine è necessaria una notazione linguistica, determinata da alcune particolari finezze che il traduttore, Massimo Ortelio, ha messo in atto, riesumando ad esempio un verbo come “tribolare”, che ancora, nel sentire comune del Piemonte in cui vivo, è erroneamente considerato parole triviale, se non in molti casi regionalismo, per la sua marcata origine contadina, essendo il tribolo (dal latino tribulum) un attrezzo agricolo, una lastra di pietra con un lato reso tagliente che veniva premuta e trascinata sulle spighe dei cereali per separarne i grani dalla paglia.  Nel suo significato di opprimere ci restituisce tutta la forza di una società e di una categoria che vogliono liberarsi del gioco dell’oppressione. 


Nello stesso modo in cui vuole liberarsi dai pregiudizi e dall'oppressione della società, Nan, che è costretta a umiliarsi, ed è rinchiusa in un convento, perché nell’Irlanda cattolica, con gli uomini al fronte, questa era la sorte di molte ragazze "compromesse";  poi viene anche relegata al ruolo della subalterna, dell’amante, in una situazione che accomuna, in quel momento, molte delle donne in generale, a cui la società maschile delega mansioni per poi disconoscerne i meriti poco dopo, tornando dalla guerra. Le parole sono pietre, spesso sono però ponti, che ci traghettano verso la Storia, tra ciò che era e ciò che non vorremmo fosse ancora.


Una bella storia d'amore, di denuncia e di fantasia, dove non mancano i colpi di scena e c'è anche il tempo per risolvere due gialli alla Christie, che sarebbero piaciuti tantissimo alla scrittrice.


Samantha Viva