La prima parola che mi viene spontaneamente alle labbra per descrivere Vita e morte di Adria e dei suoi figli è: annichilente. Chi si è già imbattuto nella scrittura di Massimo Bontempelli e, in particolare, nella sua vena novecentista, sa che deve sospendere l'incredulità; in questo romanzo, uscito per la prima volta nel 1930, è soprattutto il fascino della protagonista ad agire come collante per il lettore, che resta invece piuttosto sorpreso davanti a quanto sta leggendo. Perché? Perché la bellissima Adria, il cui fascino porta tutto il mondo ad adorarla, sta per compiere scelte degne di una persona folle.
A vent'anni, madre di due bambini, Remo e Tullia, e moglie di un marito devoto, è costantemente impegnata nella contemplazione di sé. Le uscite pubbliche, in abiti sontuosi ideati da lei stessa e fatti confezionare per l'evento, sono una sorta di omaggio alla bellezza, esaltata dall'eleganza e da un'invidiabile naturalezza, che fanno di Adria un modello inarrivabile. A ogni suo ingresso, l'attenzione si catalizza su di lei e il resto del mondo svanisce. A stupire, tuttavia, non sono tanto questi momenti pubblici, quanto le abitudini che scopriamo nella sua sfera privata. Adria, infatti, trascorre la maggior parte del tempo nelle sue stanze, a riposare o a osservarsi allo specchio, coccolata da una servitù ossequiosa, e i bambini possono vedere la madre una sola volta alla settimana! Il marito? Ormai è un buon amico, probabilmente suo malgrado, complice delle bizzarrie di Adria.
Insomma, all'inizio di Vita e morte di Adria e dei suoi figli mi risuonavano nelle orecchie le note di "Balocchi e profumi", vecchissima canzone del 1928, in cui una madre estremamente egoista pensa solo a coltivare la propria bellezza, a scapito, in quel caso, di una figlia. Bontempelli però fa qualcosa di diverso: ammanta di solitudine tutti quanti i personaggi del romanzo: anche Adria, colta nel perverso tentativo di conservare intatta la sua bellezza, combattendo inutilmente contro il tempo, è una protagonista tragica, avulsa dal contesto e dal suo tempo. E alla tragedia, in effetti, fa pensare anche l'evoluzione della vicenda, perché la donna, soggiogata dalla sua immagine riflessa nello specchio, si convince di aver raggiunto l'apice della bellezza e, pertanto, sceglie di ritirarsi alla vista altrui, lasciando Roma per una Parigi a lei sconosciuta, dove potrà affrontare da sola il dramma del suo declino. Ai suoi cari non resta che accettare la decisione irrazionale ed egoista di una donna che, per conservare sé stessa, ha rinunciato paradossalmente già da un pezzo a vivere una vita serena e, forse, a vivere tout court. Quali sentimenti colgono Adria? Inquietudine, certo, ma cos'altro? Fatichiamo a sentire cosa avverta questa donna algida, che pare angosciata solo dallo scorrere del tempo. Dov'è il dolore all'idea di lasciare i suoi figli e il marito? Non c'è neanche un po' di nostalgia in lei?
Se Adria è tanto inattingibile quanto affascinante, con questo suo mistero che si fa a tratti disturbante per il lettore, i figli Tullia e Remo scelgono invece di vivere tutto. Pur non volendo rivelare l'evoluzione della storia, si consideri solo che i due bambini, lasciati da soli, diventeranno due ragazzi maturi anzitempo, che affronteranno la guerra e le altre difficoltà senza aver mai avuto una guida. Di Adria resterà loro un'immagine incorrotta, risalente all'ultimo addio della donna, prima della sua partenza da Roma. Cosa accadrà a Remo e a Tullia è tutto da scoprire, seguendo un'evoluzione non sempre lineare, talvolta a strappi, che renderà impossibile al lettore immedesimarsi. Questo, d'altro canto, non è mai stato l'obiettivo di Bontempelli, che si fa talvolta narratore palese, contribuendo ulteriormente a suggerire di adottare una distanza critica dalla storia.
Ne Il figlio di due madri, uscito l'anno prima di Adria, la stravaganza della storia e il colpo di scena erano ottimi motori dell'azione; qui non abbiamo una vicenda altrettanto avvincente, ma è Adria stessa a catturare la nostra attenzione e a stagliarsi sempre più in contrasto con quanto accade e accadrà ai suoi figli. A mio parere non è il primo titolo di Bontempelli da leggere, se non conoscete questo autore, ma certamente è una prova significativa del Bontempelli novecentista da scoprire dopo Il figlio di due madri, lasciando che le linee programmatiche della scrittura bontempelliana si arricchiscano di un'opera enigmatica, affascinante e torbidamente assurda.
GMGhioni