di Julia Deck
Prehistorica editore, settembre 2022
Traduzione di Lorenza Di Lella e Giuseppe Girimonti Greco
pp. 224
€ 17,00 (cartaceo)
Mi è giunta voce, si impappina, insomma ho saputo per caso che un amico di Lothaire, una persona del nostro giro, avrebbe un Kessler. Un pezzo straordinario, citato una sola volta, in un articolo degli anni Quaranta, il che sembra avvalorare la tesi della distruzione sistematica. (p. 24)
Una notizia simile è molto ghiotta per l'agente della Sigma Thadeus Prinzhorn, sotto copertura presso la gallerista Elvire Elstir. Sigma si occupa infatti di controllare il mercato delle arti per valutare quali opere siano pericolose e correggere l'esposizione mediatica e la percezione del pubblico in modo che non risultino troppo sconvolgenti. Perché Sigma, che opera a livello mondiale, sa bene quanto l'arte, nonostante in molti si affannino a sminuirla, sia una potente arma per influenzare il pensiero delle masse. L'opera di Konrad Kessler è quanto di più pericoloso si sia mai visto e per questo va controllata. Tutti gli agenti schierati sul campo, dall'agente dell'attrice Pola Stalker, sorella di Elvire Elstir, alla segretaria di Alexis Zante, colui che dovrebbe avere il quadro, devono cooperare per a buona riuscita dell'operazione.
L'opera mancante di Konrad Kessler deve essere inserita nel percorso codificato si una classica mostra d'arte. Accompagnata da un'accorta documentazione pedagogica, verrà recepita come un qualsiasi prodotto culturale, vale a dire come un mero oggetto decorativo. (p. 77)
Sigma è una finzione narrativa. Ovviamente non esiste un'organizzazione segreta diffusa a livello mondiale con agenti sparsi in maniera capillare sul territorio pronti a intervenire per neutralizzare ogni pretesa dell'arte di essere qualcosa di più di una decorazione. Se esistesse, ce ne saremmo sicuramente accorti.
Sigma, secondo romanzo tradotto in Italia di Julia Deck dopo Viviane Élisabeth Fauville, si propone come una storia di spionaggio. Strutturato con fittizi resoconti degli agenti sul campo che comunicano alla Sigma operazioni elvetiche i loro progressi e fallimenti con gli obiettivi, usa un registro in cui la freddezza burocratica delle comunicazioni è stemperata sia dalle impressioni personali di alcuni degli agenti, sia da uno stile di punteggiatura che rispecchia il parlato senza troppi vincoli con le classiche regole grammaticali.
Mi scusi, ma io tengo d'occhio il mercato, e ho sentito dire che una galleria di Ginevra – che ultimamente sta perdendo colpi – avrebbe messo le mani su un'opera scomparsa, e che sta preparando una mostra. Lei, che ha le sue fonti, potrebbe forse, potrebbe sicuramente. Mettermi in pole position. (p. 134)
L'autrice sembra quasi volerci avvertire, sin dal principio, che questa spy story ha qualcosa di anomalo, qualcosa che, anche nei limiti delle convinzioni estreme personali, non può essere creduto come verosimile e possibile. Perché, andiamo!, come può esistere un'organizzazione di questo tipo che controlla l'arte e le scienze nelle sue declinazioni e non vuole che il pubblico sappia di teorie oppure opere rivoluzionarie.
Sarebbe materialmente impossibile che per un singolo obiettivo appena scoperto, il quadro di Kessler fino ad allora ignoto, un'organizzazione possa già avere gli agenti schierati nei posti di controllo. L'assistente di Elvire, la gallerista, è un agente Sigma e vuole creare una nicchia sicura in cui il quadro di Kessler non sia una minaccia; l'amante e l'agente di Pola Stalker sono agenti Sigma e cercano di tenerla lontana da progetti culturalmente impegnati e diversi dalla ricerca dell'incasso al botteghino; il ricercatore di Lothaire, marito di Elvire, è un agente Sigma e deve capire quanto i risultati del professore siano pericolosi per l'ordine mondiale; la segretaria di Alexis Zante è un'agente Sigma, e deve controllare il suo datore di lavoro che dall'opera di Kessler è stato sconvolto. Nelle storie di spionaggio non ci si può fidare di nessuno, e qui si gioca sull'estremo di questa convenzione.
Le grandi organizzazioni vorrebbero poter disporre di impiegati performanti ma privi di spirito critico, intelligenti ma senza personalità, docili ma che sappiano, all'occorrenza, dare prova di fermezza. Praticamente degli unicorni. La nostra decisione di ingaggiare neolaureati senza avvenire sembra nondimeno controproducente. [...] Nessuno di loro riesce a mettere da parte l'implacabile capacità di giudizio sviluppata nel corso degli studi. (p. 190)
Giocando quindi sui canoni del genere e mostrandoci che tutto intorno a noi, se vogliamo considerarci degli obiettivi papabili, è parte di una macchinazione globale l'autrice ragiona su due elementi: il primo è che siamo noi stessi a controllare quello che succede e a direzionare mercato e tendenze. Il secondo è che siamo noi gli artefici e le vittime di quello che avviene.
È irritante, alla lunga. Impari a pensare con la sua testa. (p. 178)
Così dice Zante a Béatrice, la segretaria. Se tutti sono agenti, allora non lo è nessuno. Ma se tutti pensiamo che l'arte sia solo un mero oggetto decorativo senza reale potere, allora lavoreremo tutti di concerto per far sì che la cosa si avveri. Se tutti vogliamo che la scienza confermi quello che già sappiamo per non cambiare lo status quo, allora faremo in modo di selezionare solo le informazioni a supporto di questa idea. Diventeremo quindi quello che più temiamo: il grande complotto pensato per tenerci all'oscuro e non farci sapere le cose. Il "non ce lo dicono" è semplicemente il "non vogliamo dircelo".
Julia Deck usa la finzione e un canone narrativo in maniera superba, distrae lo sguardo del lettore per puntare con sagacia su una delle tendenze umane amplificata, negli ultimi anni, dalla cassa di risonanza dei social e dalla comunicazione istantanea. E lo fa costruendo comunque una storia di spionaggio che si legge on avidità, tesi a capire cos'abbia di così sovversivo il quadro di Kessler e chi stia tirando le fila di tutto.
Come ogni spy story che si rispetti, la mente dietro Sigma è chi meno ci aspettiamo.
Siamo noi. Siamo sempre stati noi a capo di tutto.
Giulia Pretta