Sincere amicizie.
Conversazione con
Marc Lecarpentier
di Jean-Jacques Sempé
21lettere, 2022
Traduzione di Dylan Rocknroll
pp. 155
€ 19,50 (cartaceo)
€ 9,49 (ebook)
In
mezzo a una distesa senza fine di campi di grano, a un crocevia di strade che
si immaginano sterrate, quattro anziane signore si incontrano in bicicletta e
scambiano gustosi pettegolezzi, le teste protese l’una verso l’altra. Una bella
immagine in copertina che ci ricorda il senso dell’amicizia, un confluire da luoghi diversi verso un
unico punto di ritrovo e di scambio.
Questo
è l’argomento intorno a cui ruota il volume edito da 21lettere, che diventa
anche, in maniera tristemente imprevedibile, uno splendido omaggio per l’illustratore francese Jean-Jacques
Sempé, mancato da poco e amatissimo dal pubblico internazionale non solo per le
storie del piccolo Nicolas, quanto per le sue delicate, intelligenti
illustrazioni per il New Yorker.
A
corredo della raccolta qui proposta, si trova la conversazione di Sempé con
Marc Lecarpentier. Costituta da scambi
di battute rapidissime, per nulla impostata e a tratti quasi surreale per
l’imprevedibilità delle risposte, la
chiacchierata rivela la natura sagace,
ma anche l’onestà e l’umiltà dell’artista,
pronto a esplorare anche verbalmente il significato dell’amicizia e i propri
stessi limiti (come il fatto “di aver
ricevuto più di quanto [ha] dato”, p. 92, o di essersi lasciato scappare
nel tempo molte persone care).
L’indagine
parte da una riflessione terminologica, lessicale, dalla ricerca di una definizione impossibile per il
concetto, troppo sfaccettato per poter essere delimitato, come i disegni che lo
vogliono rappresentare. Si procede allora per abbozzi e tentativi, per
frammenti isolati affiancati a creare una visione d’insieme, senza pretese
assolute.
“Nelle relazioni di amicizia, c’è una parte di amore?”“Per forza, sì. L’amicizia, credo, esiga più dell’amore. In amore si possono spiegare delle cose, scusare delle cose, confessare delle cose; in amicizia, credo che sia molto più dura. È l’effimero progetto che l’essere umano può tentare di rivelare, la sfida che può lanciarsi, anche se questo avviene raramente.” (p. 95, 96)
A essere mostrata non è quindi solo l’amicizia
tra gli umani, fragile e perfettibile, ma anche quella dell’uomo con
l’animale; o ancora, quella ingenua e spontanea tra i bambini, quella
ambivalente tra gli adulti, quella ora complice ora permalosa delle donne,
quella rassicurante o intermittente degli anziani, addirittura quella tra i
santi in Paradiso. Nell’amicizia, commenta Sempé, c’è un “codice di buona condotta” (p. 42) che deve essere rispettato, pena
l’infrazione del rapporto; questo prevede infatti lealtà, cura dell’altro, ma anche un certo pudore, una riservatezza
che previene l’invasione dello spazio altrui, se non richiesta o desiderata.
Ecco perché l’amicizia si nutre anche di
silenzi, così come le illustrazioni, in molte delle quali a parlare sono i
pensieri, gli sguardi, le posture dei personaggi, e poco viene espresso ad alta
voce.
Nulla
di ciò che è proprio dell’umano viene ignorato o considerato indegno di
indagine: la solitudine, la malinconia, le piccole meschinità trovano spazio
sulla pagina quanto la tenerezza, la leggerezza, l’ironia.
“Non mi lascio abbattere, mi dico “Ho degli amici”. Li chiamo e trovo le loro segreterie telefoniche. L’indomani mi dico “Ho degli amici e in più hanno delle segreterie telefoniche”.
Nel corso della conversazione, Sempé dispiega una fittissima e succosa aneddotica che coinvolge la propria esperienza
diretta come l’amicizia in ambienti illustri, o tra personaggi illustri (come
quella ambivalente e farsesca tra Churchill e Bernard Shaw, o quella
fantastica, immaginata, tra Michelangelo e Leonardo da Vinci). Lo stesso gusto
per la narrazione fulminante, immediata, si trova nel tratto rapido, sottile ma
sicuro, della sua penna, nella levità delle battute dei suoi personaggi.
Sfogliando le pagine della raccolta, che alterna illustrazioni in bianco e nero
alle tinte sfumate degli acquarelli, si ottiene uno sguardo retrospettivo
piuttosto ampio, anche se inevitabilmente non completo, non solo sulla
produzione dell’autore, ma anche sulla sua visione del mondo e dei rapporti
umani. Si esce dalla lettura, quindi, con la forte impressione di essersi
avvicinati a lui, quasi fosse, a tutti gli effetti, un amico perduto e
ritrovato.
Carolina Pernigo