di Kerstin Ekman
Iperborea, ottobre 2022
€ 17,50 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
Alla soglia dei settant’anni, il cacciatore, Ulf, è nel bel mezzo di una crisi esistenziale, una crisi dovuta
all’approssimarsi della pensione, di quell’inattività che spaventa molte
persone, da quando attivi e indaffarati lavoratori si ritrovano con molto,
forse troppo, tempo a disposizione. Siamo in Svezia, il protagonista è un rispettato
membro della comunità in cui vive, ma con l’avanzare degli anni sente che
qualcosa non quadra, come se si fosse rotto un ingranaggio dentro di lui. Sta
attraversando, dunque, un momento in cui mette in discussione tutta la sua vita:
dalle sue scelte lavorative a quelle private.
In vita mia non mi ero mai sentito tanto maledettamente inutile. Un povero vecchio. Inservibile. Impotente. (p. 80)
Tutto cambia quando la mattina del primo gennaio (e questo non è caso, essendo la data simbolica dei nuovi inizi), mentre è nella sua roulotte nel mezzo dei boschi, vede un maestoso esemplare di lupo. Questa visione, sebbene forse sia consueta per l’ambiente in cui si muove Ulf, scatena in lui una spinta motivazionale che lo spingerà a prendere decisioni drastiche e a ricercare se stesso attraverso l’immagine del lupo, instaurando anche un rapporto confidenziale e intimo, tanto che fin da subito gli darà il nome di «Zampalunga (p. 17)». Quell’incontro, dunque, gli stravolgerà la vita perché, nonostante la sua professione, non si era mai veramente soffermato a pensare su quanto fossero simili lui e Zampalunga: entrambi solitari e cacciatori, legati in modo viscerale all’ambiente in cui si muovono. È un’esperienza trasformante che lo costringerà a cambiare il respiro della sua vita perché il lupo diventa il suo alter ego narrativo. Ulf prenderà frequentemente quella visione come un segno, tanto che la frase, che vuole pronunciare alla paziente moglie Inga: «Ho visto un lupo (p. 18)» diventerà una sorte di mantra in quel difficile e complicato momento della sua esistenza.
Poi vidi il lupo.
Un animale irrazionale. Quando ero più giovane credevo che gli animali non avessero l’anima. Ma è il raziocinio, che non hanno. Che cosa diamine mi aveva fatto? (p. 62).
Il lupo, con la sua selvaggia
natura, è l’immagine proiettata di Ulf, ma anche un contenitore in cui sono
raccolti molti significati allegorici che l’autrice, Kerstin Ekman, evoca tra
paesaggi appena tratteggiati, parole non dette e sentimenti accennati. Questo,
però, basta per immedesimarsi con la famiglia di Ulf, con alcuni degli abitanti
della città, ma, soprattutto, per immergersi in quell’ambiente nordico che
tanto affascina, portandoci a riflettere, come accade al protagonista, sulle
scelte intraprese e quelle ancora da prendere. Quello di Ulf è un ritratto
intimo e familiare, nel quale gli eventi e i fatti della sua comunità sono a
margine della narrazione, ma mai distanti e distaccati, tanto che finiscono
sempre per coinvolgere l’ex forestale, e quindi il lettore.
Essere lupo è un romanzo che, per la sua potenza evocativa, sembra
quasi corale, poiché sarebbe possibile interpretarlo da diversi punti di vista
e questo gli conferisce una profonda stratificazione narrativa. Se, a primo impatto, può sembrare il racconto dell’ “anzianità” di Ulf, l’autrice nasconde tra le righe le
diverse ottiche narrative: dall’opposta consapevolezza del rapporto uomo-natura rappresentata dal protagonista, diligente e
rispettoso, quasi devoto, verso l'ambiente e la sua fauna, all'insensibilità, a volte volgare, di uno dei suoi compagni di caccia.
Con troppa chiarezza vedevo la giovane femmina sul bancone. E Ronny che le sollevava la zampa anteriore perché io ne vedessi il sesso. Umiliata, pensai. Umiliata in modo così cruento, così indecente da un’idiota che vuole solo fare lo spaccone (p. 34).
O ancora, il diverso
atteggiamento, nella stessa fase d’età, di Ulf e la moglie: il primo in cerca
di risposte, la seconda, invece, dimostra un’amorevole verve che trainerà anche il marito. Da quale punto di vista si
analizzi, l’autrice restituisce la complessità di queste tematiche, senza mai rendere
estraneo il lettore.
L’intensità che traspare
dall’incontro di Ulf con il lupo, dal rapporto con la moglie, o, ancora, dalla
descrizione di quei paesaggi è resa attraverso uno stile che sembra quasi una
pennellata, tanto le parole dell’autrice sono delicate ma incisive e
figurative.
Dopo di che partimmo, e finalmente eravamo soli. Era una cosa meravigliosa, che mi godetti per tutto il tragitto fino a Loåsen, mentre guardavo stupito il paesaggio invernale e la quantità di neve. Non so perché, ma avevo pensato che fosse arrivata un’altra stagione (p. 145).
Quello di Kerstin Ekman è un
racconto di rinascita, del rapporto uomo e natura in cui entrambi finalmente
trovano un equilibro, e delle incertezze umane che travolgono anche ognuno di
noi ed è per questo che la storia di Ulf non è solo quella di aver visto un
lupo, ma molto di più.
Giada Marzocchi
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