A chi ci
rivolgiamo, se siamo italiani e vogliamo saperne di più sugli Stati Uniti? È
facile: Francesco Costa, sempre una garanzia quando si tratta di giornalismo
orientato verso un angolo di pianeta molto particolare, gli Stati Uniti
d’America. Un paese che noi cittadini italiani tendiamo a concepire istintivamente
come simile a noi, omologandolo alla nostra visione delle cose “occidentale”
per colpa di una smania eurocentrica che si dimostra come fallace ogni giorno
di più. E in particolare per gli Stati Uniti, non c’è niente di più sbagliato:
non solo perché sono profondamente diversi da noi, per politica, storia,
composizione della popolazione, configurazioni identitarie e valoriali, e
moltissimo altro; ma anche perché gli Stati Uniti sono esattamente come il loro
nome, plurali, e dunque composti da numerosissime realtà diverse che sarebbe un
errore non considerare nelle loro specificità. Specie quando una di queste
realtà è particolare come lo è la California.
La California è
uno degli stati più grandi e popolosi, e Costa per parlarne parte proprio da
questo aspetto: le persone che ci abitano. Sono le persone che creano la
cultura, infatti, e in pochi luoghi l’equivalenza tra persone e politica è
evidente come in California, dove la politica è strutturata per essere estremamente
permeabile al volere dei singoli, e dove i temi più caldi e dibattuti ruotano intorno
a argomenti fondamentali come la disponibilità e la qualità di case e di scuole.
Se da un lato questa dimensione estremamente umana della politica sembrerebbe
un fattore positivo, dall’altro non è esattamente ideale che mettere un tetto sulla
testa delle persone e garantire un buon standard di vita sia uno dei problemi
più irrisolvibili agli occhi della politica locale, né è l’ideale che la
possibilità di creare associazioni capaci di alzare la voce nei confronti della vita politica
porti al proliferare di così tante opinioni da congelare completamente la
cosa pubblica. Insomma, una situazione parecchio complessa.
Il paese delle
ambiguità, dove le cose più belle sono contemporaneamente anche quelle più
terribili: è anche il caso del clima, che se da una parte caratterizza la California
come un vero e proprio paradiso (vi siete mai chiesti perché l’industria del
cinema è esplosa proprio a Los Angeles? Qui troverete la risposta, tanto
semplice quanto poetica: è per la sua luce unica al mondo), dall’altra è capace
di creare vere e proprie apocalissi. È il caso degli incendi, che Costa ci
riporta corredati di numeri e dati per tentare di farceli comprendere più a
fondo; ma come possiamo anche solo provare a immaginare un incendio tanto
grande da ridurre in cenere tre regioni italiane nel giro di un mese? È l’ennesima
riprova del fatto che la California non si può comprendere con i nostri schemi
percettivi, cosa su cui Costa ritorna spesso, distanziandoci e allo stesso tempo
avvicinandoci di continuo alla California contemporanea in tutta la sua
complicazione.
E sono numerosi
gli argomenti toccati dal libro: i numeri delle persone in entrata e in uscita
dalla California; il rapporto con il Texas, altro gigante americano; la nascita
della Silicon Valley; la questione caldissima della brutalità da parte della
polizia; gli atteggiamenti e filosofie sinistrorse definiti dalle destre come “woke”
(questione, questa, così complicata che forse meriterebbe un altro libro per essere
sviscerata in tutte le sue sfaccettature). Mille questioni che, assommate,
definiscono un paese cruciale non solo dal punto di vista dello sviluppo degli
Stati Uniti contemporanei, ma anche per le enormi differenze rispetto alla
nostra realtà che possiamo cogliere a pieno nel ritratto preciso operato da
Costa. E tra le differenze, forse, qualche risonanza; e qualche caveat per il
nostro futuro.
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