Leonora Carrington
Dea della metamorfosi
di Elvira Seminara
Giulio Perrone Editore, settembre 2022
pp. 128
€ 15
Un piccolo scrigno, questo libriccino breve ma intenso, che si apre come una bussola su un mondo popolato di discese e salite, di rapide sterzate, di viaggi in sé e fuori di sé, che hanno costellato l’universo di una donna-spirito quale la scrittrice inglese, ma in realtà per oltre sessant’anni vissuta in Messico e morta nel 2011, è stata.
La Leonora bambina, che è già tutta lì, con i suoi sogni e le sue paure, ci conduce tra i corridoi della grande Crookhey Hall e più ancora fuori, tra natura e fughe, tra il parco di questa dimora troppo fredda e le braccia colme di racconti celtici di una balia irlandese. Una bambina difficile, perché non convenzionale, come giudichiamo spesso e frettolosamente le menti inquiete di coloro che già vedono oltre. La famiglia non è un rifugio ma un ostacolo, di cui si libererà presto, ventenne già matura, dopo aver studiato arte a Firenze e Parigi, e aver cercato prima nelle sue tele e poi in un incontro fatale, l’amore con il suo mito Max Ernst.
“Eccola, la bella addormentata. La donna dell’artista. Pacificata e neutralizzata nel sonno, come i bambini. Ma sempre bella, sensuale, misteriosa” (p. 34)
Ma è un errore, come la stessa Seminara scrive, ritenerla musa di quella cerchia di surrealisti, che per la loro società di eletti ritengono le donne ferine e immobili, muse adorabili e capaci di stregare i sensi, dense di magia ma non armate di una cultura ad uso di intelletto e ordine. Donna-musa che non sarà mai, svegliandosi dolorosamente dall’abisso della Storia, mentre il suo uomo veniva prima esiliato in un campo e poi definitivamente allontanato, staccando di colpo ogni coordinata su ciò che credeva di sapere dell’amore e togliendole il senno e la lucidità. Donna che si ritroverà lucidissima dopo “un deragliamento psichico senza remore e infingimenti”, che si riconoscerà libera solo in una terra in cui è approdata per trovare rifugio, quel Messico così amato da poterlo infine chiamare casa.
Con puntuali riferimenti a periodi, interviste, racconti e libri della stessa Leonora, Elvira Seminara ci conduce tra le anime, della Carrington i suoi periodi, le sue suggestioni, aprendo cassetti, ridisegnando contorni e richiamando alla memoria le tele e le pagine.
Il rapporto con la madre, con il suo essere donna giovane ma già antichissimo spirito, quel senso di estraneità al fluire del tempo, il suo cadere nell’abisso e nella palude per riemergere e rinascere, da carne per bollito a indomabile visionaria di se stessa, accompagnata da quel suo io bambino, dai suoi cavalli a dondolo, dai suoi colori e i suoi capelli, tutti segni distintivi e riconoscibili adesso messi lì a sistema, coordinate di questo mondo complesso, come un rituale sciamanico; questo e molto altro, tra cui gli amori, le amicizie e gli infatuamenti, ci restituisce questo nuovo libro di Elvira Seminara per le Mosche d’Oro, collana di donne che raccontano altre donne, di scrittrici che indagano l’anima misteriosa dell’essere se stesse, riflettendosi in altre vite d’artiste, e che intreccia questo dialogo infinito tra chi eravamo e chi siamo, in meravigliosa affinità d’intenti e di suggestioni.
Samantha Viva
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