di Letizia Muratori
La Nave di Teseo, Maggio 2022
pp. 192
€ 18 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
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Ho sempre preso sul serio l'educazione e se c'era da istruirsi, da imparare qualcosa, allora andava cercato non tanto tra quelli che facevano sesso, ma tra quelli che stavano cambiando sesso. Loro sì rivendicavano una vita da donna. Che, un po' come la tua, prima di partire prevedeva un passaggio in sala operatoria. Ma chiunque la voglia, una vita da donna, se la deve conquistare in qualche modo, perché non si sa bene cosa sia, ma di sicuro non è un dono di natura. (p. 46)
Una vita da donna di Letizia Muratori può sembrare, a prima vista, un libro senza un centro.
I suoi quattro capitoli, racconti brevi che si connettono l'uno all'altro seguendo fili connettori visibili solo alla fine, ci consegnano le storie di alcune donne impegnate nella costruzione della vita femminile come creazione artistico-letteraria, conquista o edificazione di un sé che a volte tende a scappare.
"Un documento, un'indagine, un'invenzione", dice l'aletta di copertina, quasi a suggerirci che questo volume, come le persone raccontate, è fatto di definizioni sfumate. Ed è nelle sfumature che si insinua la vita.
Il libro si apre con la storia di Doris Wishman, regista, sceneggiatrice e produttrice cinematografica americana che, rimasta vedova, iniziò a scrivere e dirigere film d'exploitation a tema nudista, per poi muoversi fluidamente negli anni successivi tra il cinema porno, l'horror, il documentario, il melodramma. In anni nei quali fare film era una questione da uomini - non è un caso che sia passata alla storia come "L'Ed Wood al femminile" - Wishman ha rivendicato uno spazio di espressione insieme creativamente vigoroso e disincantato, destreggiandosi spavalda e prolifica tra storie e invenzioni che più che il sesso in sé avevano al centro lo sguardo sulla sessualità come relazione tra mondi.
Una collerica signora di mezza età che "osava offendere il senso del pudore" per raccontare la vita.
A questo ritratto segue quello di Zoe che per sessantadue anni è stata Luca. Muratori trova uno spazio di osservazione dell'esistenza di una donna senza passato, "una sepolta viva" uscita viva da una tomba.
Commuove questa storia, per la sua verità profonda, per la fantasia che ci vuole a inventarsi una vita da donna quando tutti ti hanno sempre guardato come uomo, per l'appassionato senso di scoperta misto al dolore di un corpo che cambia, frenato da stretti lacci interiori e non. Zoe scava un solco profondo nell'immaginazione dell'autrice e diventa un personaggio dei suoi libri. Una letteraturizzazione che non toglie profondità alla persona, anzi la accende di significato.
Chiudono il libro altre due storie, che sono come quadretti consegnati al lettore per sbirciare dentro altre due vite da donna: la prima è quella di Giovanna, che fotografa le architetture di Roma e del mondo. Una figura che ha l'eleganza di Nefertiti, corre veloce come Willy il Coyote e Beep Beep, e ha qualcosa di Roger Rabbit. Una donna capace di regalare felicità in un momento di acuto dolore, intenta a fotografare città mute, nella sua tensione costante alla corsa come arte del vivere.
E, infine, quella di Lilia, che fa parte dei "pazzi", di coloro che sono diventati "semplici". Si diverte a spaventarti, vive con le suore e osserva tutto dalla finestra registrando pezzi di realtà per poi ricrearli in un modo tutto suo.
In tre di queste storie fanno la loro comparsa l'epidemia di Covid-19 e i suoi lockdown, spartiacque delle nostre vite recenti, momento di forzato silenzio nel quale siamo stati messi tutti - le donne in un modo peculiare - in pausa.
Finita la lettura delle storie c'è un po' da ricredersi: questo non è un libro senza centro, è un libro centripeto che dal centro, dall'interiorità, scappa scattante verso il mondo. Il cuore di questa narrazione è il percorso a ostacoli che ogni donna affronta per vivere "una vita da donna".
Fuori c'è una platea di persone intente a dirci come si fa, come si deve, com'è appropriato. Dentro c'è un prisma di colori che si tramuta in invenzione e conquista. C'è un dibattito profondo tra natura e cultura, tra corpo di nascita e corpo (ri)costruito, a superamento degli schemi e accettazione delle pluralità.
La voce di Muratori, profonda senza mancare di ironia, osserva, legge e riscrive delle donne per rendere loro spazio di espressione. Sono solo quattro vite femminili tra le infinite disponibili e nessuna di queste narrazioni è eroica, neanche quelle più a diretto contatto con il dolore.
Di sé l'autrice dice spesso che ha una vocazione ortopedica: "scrivo contro la vita, la correggo".
Una collerica signora di mezza età che "osava offendere il senso del pudore" per raccontare la vita.
A questo ritratto segue quello di Zoe che per sessantadue anni è stata Luca. Muratori trova uno spazio di osservazione dell'esistenza di una donna senza passato, "una sepolta viva" uscita viva da una tomba.
Commuove questa storia, per la sua verità profonda, per la fantasia che ci vuole a inventarsi una vita da donna quando tutti ti hanno sempre guardato come uomo, per l'appassionato senso di scoperta misto al dolore di un corpo che cambia, frenato da stretti lacci interiori e non. Zoe scava un solco profondo nell'immaginazione dell'autrice e diventa un personaggio dei suoi libri. Una letteraturizzazione che non toglie profondità alla persona, anzi la accende di significato.
Chiudono il libro altre due storie, che sono come quadretti consegnati al lettore per sbirciare dentro altre due vite da donna: la prima è quella di Giovanna, che fotografa le architetture di Roma e del mondo. Una figura che ha l'eleganza di Nefertiti, corre veloce come Willy il Coyote e Beep Beep, e ha qualcosa di Roger Rabbit. Una donna capace di regalare felicità in un momento di acuto dolore, intenta a fotografare città mute, nella sua tensione costante alla corsa come arte del vivere.
E, infine, quella di Lilia, che fa parte dei "pazzi", di coloro che sono diventati "semplici". Si diverte a spaventarti, vive con le suore e osserva tutto dalla finestra registrando pezzi di realtà per poi ricrearli in un modo tutto suo.
In tre di queste storie fanno la loro comparsa l'epidemia di Covid-19 e i suoi lockdown, spartiacque delle nostre vite recenti, momento di forzato silenzio nel quale siamo stati messi tutti - le donne in un modo peculiare - in pausa.
Finita la lettura delle storie c'è un po' da ricredersi: questo non è un libro senza centro, è un libro centripeto che dal centro, dall'interiorità, scappa scattante verso il mondo. Il cuore di questa narrazione è il percorso a ostacoli che ogni donna affronta per vivere "una vita da donna".
Fuori c'è una platea di persone intente a dirci come si fa, come si deve, com'è appropriato. Dentro c'è un prisma di colori che si tramuta in invenzione e conquista. C'è un dibattito profondo tra natura e cultura, tra corpo di nascita e corpo (ri)costruito, a superamento degli schemi e accettazione delle pluralità.
La voce di Muratori, profonda senza mancare di ironia, osserva, legge e riscrive delle donne per rendere loro spazio di espressione. Sono solo quattro vite femminili tra le infinite disponibili e nessuna di queste narrazioni è eroica, neanche quelle più a diretto contatto con il dolore.
Di sé l'autrice dice spesso che ha una vocazione ortopedica: "scrivo contro la vita, la correggo".
Eccola la vita corretta: è quella condivisa e curata attraverso la scrittura che non elimina i dolori ma li lenisce un po' tenendoli insieme in un abbraccio, comprendendoli.
Claudia Consoli
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