Bompiani, novembre 2022
Edizione italiana a cura dell'Associazione Italiana Studi Tolkieniani
Ci eravamo fermati a ottobre con la recensione della seconda parte de "Il libro dei racconti perduti" che fa parte della saga HoME, la Storia della Terra di Mezzo, legendarium nato dal genio di Tolkien e ora curato da suo figlio Christopher. Bompiani sta portando avanti, come promesso, la pubblicazione della saga, e ora, insieme a questo terzo volume, approfondiamo temi già presenti nei precedenti due, ma in modo ancora più accademico.
Una cosa interessante di questo nuovo libro, a parte il fatto che è la prima volta che viene tradotto in italiano (!), è l'accento posto sull'intenzione acerba di Tolkien di affermarsi come poeta prima che come "romanziere" e difatti qui troviamo due poemi incompiuti ma complessi, per natura e per frammentazione, che ci narrano due storie diverse e altrettanto importanti, ovvero "Il Lai dei figli di Húrin" e "Il Lai del Leithian". I due poemi poi, nella struttura del libro, sono spezzati da un capitolo che ci presenta altri poemi abbandonati, frammenti sulla fuga dei Noldoli (poi conosciuti col nome di Noldor, ovvero una delle tre stirpi degli Elfi Profondi) e sulla caduta di Gondolin (un'antica città segreta degli Elfi).
Ma torniamo ai due poemi protagonisti: cos'è anzitutto un Lai? E dove si trova il Beleriand?
Lai (in inglese Lay) si potrebbe tradurre come "poema" o "componimento mitologico" (oppure anche "lamento" ad accentuare la natura drammatica e aulica dei versi) e infatti di questo si tratta: Il Lai dei figli di Húrin, come ci dice Christopher, è narrato sotto forma di versi allitterativi, mentre Il Lai del Leithian in distici ottosillabici in rima baciata, per dare più fiato al romanticismo insito nella storia, giacché si parla di Beren e Luthien, già citati la volta precedente.
Il Beleriand invece era una regione a nord ovest della Terra di Mezzo e uso un tempo verbale passato perché al tempo della Terza Era, quella che noi conosciamo meglio per essere la cornice de Il Signore degli Anelli si presenta sommersa dal Grande Mare e dunque non esiste più. Si tratta di una zona importante perché qui accadono alcune delle vicende più significative della Prima Era, come la guerra dei gioielli (nient'altro che i Silmaril) e le imprese dello stesso Beren.
[...] allora, dalla cintura trasseil coltello privo di fodero e s'inginocchiòe mise alla prova il suo duro filo, amaro e freddo,sul quale, a Nogrod, erano scorsi i cantidegli armieri nani [...]Gli artigli di ferro che serravano la gemma,esso li trapassò e li separò; e un Silmarilegli afferrò, egli tra le mani lo tenne [...] (p. 388)
Come anche nei volumi precedenti i passaggi dei poemi sono inframmezzati dalle parafrasi e dai commenti di Christopher, il quale ci informa anche che lo stesso C.S.Lewis ne ha letto degli stralci e ha editato con Tolkien alcuni poemi.
Questo secondo poema, quello di Beren e Luthien, si presenta due volte, perché Tolkien l'ha abbandonato e riscritto, forse anche grazie ai suggerimenti dello stesso Lewis, cercando di mantenere la struttura iniziale, e se ci è riuscito col canto I, lo stesso non si può dire per gli altri, che hanno subiti sostanziali variazioni. Per completezza allora Christopher ci riporta anche la seconda versione.
Che dire? Non è sicuramente libro dalla facile lettura, e lo consiglio sempre non solo a chi ha avuto modo di leggere i due volumi precedenti, ma a chi conosce almeno un po' il mondo fantastico del genio britannico. Ora aspetto con impazienza la pubblicazione del quarto volume della saga che parlerà della formazione della Terra di Mezzo.
Deborah D'Addetta