Aprile che riporta alla memoria i desideri, ogni desiderio. Anche quello innocente di un antico sapore. (p. 12)
A indagare sul brutale omicidio viene chiamato il commissario Ricciardi, che ritroviamo a distanza di cinque anni dagli eventi con cui lo avevamo salutato in Il pianto dell'alba (Einaudi, 2019). Tante cose sono cambiate da allora: ora è un padre solo di una bambina di cinque anni e deve fare i conti con il suo compito - difficilissimo - di crescere la piccola Marta garantendole la giusta serenità, proprio lui che sereno non è mai stato. Fortunatamente, Ricciardi è aiutato dall'onnipresente governante Nelide, con la sua sbrigativa saggezza popolare, i suoi proverbi, il suo senso pratico; e la ricca ereditiera Bianca considera Marta «speciale. È la persona più vicina a essere figlia» (p. 203). Da lei la bambina va più volte a settimana, per incontrarsi con l'istitutrice e il figlio di lei. Grandi quesiti affollano il Ricciardi-padre: sta facendo il meglio per sua figlia? E se anche Marta avvertisse e comunicasse con gli spiriti, come lui? Se alla prima domanda non troveremo una risposta esplicita, alla seconda Maurizio de Giovanni suggerisce un'interpretazione sfumata e delicata.
Altre domande assillano altri genitori: Maione, il fidato braccio destro di Ricciardi, che ha ospitato a casa sua una bambina, Benedetta, rimasta orfana dopo un efferato omicidio, si trova a chiedersi cosa sia meglio per il suo futuro. Infatti, una notizia è arrivata a scuotere il nuovo difficile equilibrio che la bambina ha ottenuto, in compagnia della chiassosa ma affettuosa famiglia Maione e delle attenzioni di Lucia, moglie del brigadiere. Cosa è meglio per lei?
Mentre Ricciardi e Maione cercano di fare luce sulla verità, oltremare una donna riflette sulla sua nuova vita, soffre per il suo passato, un passato che - tuttavia - sente che non si è davvero concluso:
Erano state settimane, e poi erano stati mesi. Passati a chiedersi se avesse fatto bene a cedere all'impulso di partire, a voltare le spalle a ciò che aveva sperato di conquistare. A dichiarare la propria sconfitta. (p. 6)
Sono pagine nostalgiche, quelle dedicate a questa donna, che si fa chiamare Laura e che sta provando a costruirsi una nuova identità di cantante all'estero. Un'identità che non mancherà di tendere ancora le braccia spalancate verso il passato. Ecco perché secondo il suo musicista, Diego, lei non canta come dovrebbe Caminito, un tango che parla di dolore sì, ma di dolore per un amore che si ritiene del tutto perduto. Chi è questa donna? I lettori affezionati a Ricciardi non potranno evitare di fare ipotesi fin dalle primissime pagine.
Tutto Caminito si muove tra il passato personale dei personaggi, guardato con una vena di malinconia tipica dei romanzi di Ricciardi, e il presente del 1939, segnato dall'imporsi del fascismo, dalle minacce dei dissidenti al confino e dai difficili rapporti tra forze dell'ordine e camicie nere. Benché le tematiche siano delicatissime e per questo narrate con grande delicatezza da parte dell'abilissimo Maurizio de Giovanni, Caminito danza con un passo deciso e seducente verso una verità che sa di uno svelamento difficile da accettare. Eppure in ogni suo passo ritroviamo passione, movimento, fino a un seducente casqué finale.
GMGhioni