Probabilmente anche i miei libri, come un essere di carne, finiranno un giorno per morire. Ma bisogna rassegnarsi a morire. Dobbiamo accettare l'idea che tra dieci anni noi, e tra cento i nostri libri, non saranno più. La durata eterna non è promessa di più alle opere che agli uomini.
Scrive Proust ne Il tempo ritrovato e ci tocca immediatamente smentirlo perché esattamente cento anni fa egli moriva, ma le sue opere sono più vive che mai. Quest'anno il proliferare di saggi sulla sua figura e la sua opera testimonia che l'eco della sua letteratura è vasta e che i suoi estimatori non sono affatto scemati con il trascorrere di quel tempo, di cui lui è stato il cantore.
Innanzitutto due scritti di Proust: il 26 maggio La Nave di Teseo pubblica I 75 fogli di Proust, ossia il più antico stadio della Recherche, ritrovato solo nel 2018; poi si va a sbirciare sulla comparsata di Gabriele D'Annunzio nella Recherche, grazie a Soggiorno a Venezia. D’Annunzio nella Recherche: un inedito (uscito il 19 luglio, a cura di Giovanni Balducci, Luni Editrice), un brano che avrebbe dovuto far parte del volume Albertine scomparsa e poi de La Fuggitiva, ma che poi venne espunto dalla versione definitiva.
Hanno fatto seguito un'ingente serie di scritti critici, solo per citarne alcuni: Vita di Marcel Proust di Jean-Yves Tadié (Mondadori, 20 settembre 2022), A Parigi con Marcel Proust di Luigi La Rosa (Perrone Editore, 21 ottobre 2022), Proust e Céline. La mente e l'odio di Valerio Magrelli (4 ottobre 2022, Einaudi), Marcel Proust di Giuseppe Scaraffia (Bompiani, 21 ottobre 2022).
Oggi ho scelto un poker di saggi proustiani per celebrare il centenario del sublime Marcel, tre editi nel 2022: Saggi proustiani di Bernard De Fallois (La Nave di Teseo, 21 ottobre 2022), Marcel Proust. Il romanzo del desiderio di Giovanni Bottiroli (Feltrinelli, 2 settembre), Proust senza tempo di Alessandro Piperno (Mondadori, 6 settembre) e uno del 1995, La colomba pugnalata (prima edizione Mondadori, ora Adelphi) perché è stato il mio saggio di ingresso nel mondo proustiano e perché ci consente di ricordare Pietro Citati, che ci ha lasciato il 28 luglio di quest'anno.
Partiamo proprio da questa.
1. PER I LETTORI ASSOLUTISTI: PIETRO CITATI
Citati non si discute: riesce ad entrare nel cuore degli autori che presenta, a condurci per mano nei loro universi narrativi, a farci vibrare quasi all'unisono con le emozioni dei personaggi che presenta. Il lavoro su Proust non delude questi standard, anzi. Accolta con plauso anche oltralpe, La colomba pugnalata prima di introdurci all'opera di Proust, (a cui dedica la terza parte del saggio) ci introduce alla sua esistenza (parte prima e seconda).La colomba pugnalata
di Pietro Citati
Adelphi
pp. 364
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Pochi esseri umani hanno desiderato la felicità con la veemenza, la dolcezza, l'ebbrezza febbrile di Marcel Proust adolescente. [...] Il giovane Proust fu felice, o almeno lo disse, lo raccontò e lo immaginò con sé stesso. Era felice perché un raggio di sole splendeva, perché odorava il profumo di un fiore, perché amava un ragazzo o una ragazza, perché voleva bene a sua madre, perché leggeva un bel libro, perché scopriva le grandi leggi dell'esistenza. (p. 9).
Non dimenticò mai di attendere la felicità, cioè «un immenso ed euforico senso di dilatazione» (p. 10), nel quale cioè la dimensione del soggetto ingloba la realtà oggettiva, in cui gli parve che la sfera dell'orizzonte non riuscisse a riempire tutto il cerchio del suo sguardo; e la vita della natura e i soffi del vento e del cielo gli sembrarono un soffio breve e meschino, se li paragonava all'immensa aspirazione che gonfiava il suo petto. Non era perduto nell'universo: l'universo era perduto dentro il suo cuore infinito, «dove si divertiva sdegnosamente a gettarlo in un angolo». Sorridendo pensò che non avrebbe mai potuto morire. «Come potrei durare meno a lungo di quelle cose, e come potrebbero opprimermi con la loro potenza, visto che stavano in me, e l'universo era prigioniero e perduto nel seno della mia coscienza, come quelle colline e il cielo assolato riposavano sul mio occhio?». (pp. 10-11).
Questa chiave idealista di accesso al mondo proustiano è, a mio avviso, una delle più valide per comprendere la rivoluzione trascendentale compiuta dall'io narrante nella Recherche. Il saggio di Citati non ancora l'opera alla biografia, né confonde imprudentemente Marcel Proust con Marcel, innanzitutto perché considera Marcel-io narrante non un io, ma un luogo; un luogo come un'arnia o un pozzo in cui si riverberano tutte le sensazioni, i profumi, i suoni, le visioni, che percorrono l'universo. Quindi, scavalcando la posizione che vede nel Marcel della Recherche un solipsista, Citati vede, invece, un io sempre in procinto di dissolversi, quasi nel farsi cose.
Proust comprese che doveva scavare in quell'antro di tenebra, che portava in sé stesso. Avrebbe scoperto che quel punto isolato era il centro della terra: si allargava, si estendeva, ampliava il proprio orizzonte, entrava in rapporto con tutti gli altri punti del mondo, attraeva nel suo fascino i suoni e i colori, le luci e le ombre, le parole e i silenzi. Doveva portarlo alla luce, lasciandogli attorno tutta l'oscurità, il brivido, il terrore dei luoghi nascosti. (p. 73)
Il sesto capitolo della seconda parte si intitola per l'appunto 18 novembre 1922 e ci parla dell'idea della morte che, al pari dell'io, non abbandonò mai Proust. Dopo avere concluso le prime due parti, siamo pronti ad entrare nel pronao di Alla ricerca del tempo perduto, che nasce dal «desiderio e dalla ricerca del Tutto». (p.243) In poco meno di 160 pagine, Citati riesce come un cesellatore a restituire i particolari più preziosi del capolavoro di Proust. Si comincia dalla memoria e dal sonno, per poi attraversare la gelosia, la musica, le jeunes filles, i Guermantes e arrivare al Tempo ritrovato. Ma il viaggio di Citati non può concludersi al Tempo ritrovato, ma si conclude nel capitolo intitolato Il Narratore, perché è l'Alfa e l'Omega dell'universo proustiano, che è un circolo che, come tutti i circoli, non conosce fine.
2. PER I LETTORI FILOSOFICI: GIOVANNI BOTTIROLI
Marcel Proust. Il romanzo del desiderio di Giovanni Bottiroli Feltrinelli, 2022 pp. 224 Vedi il libro su Amazon |
Esiste uno stile Guermantes, perfettamente incarnato da Oriane ma anche dal suo amico Charles Swann, e il cui segreto sembra consistere nella leggerezza: d'altronde, l'eleganza non si esprime forse nell'assenza di peso, nella fluidità di chi non appartiene mai completamente al luogo e all'ambiente in cui si trova anche quando una costrizione effimera tende a trattenerlo? (p. 37).
Tanto il linguaggio, quanto l'amore divengono esperienze ek-statiche, e quindi Bottiroli mostra bene come siano connesse intimamente con l'esperienza estatica di cui solitamente si tiene maggiormente conto nell'interpretazione di Proust: ossia quello della memoria rivelatrice (la madeleine, per intenderci). Il linguaggio in letteratura diviene esperienza di "sconfinamento". Bottiroli legge l'opera proustiana come un ripensamento radicale del concetto di identità e anche per lui la Recherche ha un percorso circolare, perché alla fine la spiegazione del significato ek-statico della coincidenza dei due istanti (passato obliato/presente) riporta alla logica non separativa da cui era iniziato il percorso del saggio nella differneziazioni tra nomi, parole, cose. Una lettura segnata, come del resto l'intero percorso da studioso di Bottiroli, dall'intersecarsi di filosofia, psicoanalisi, semiologia e che mette Proust in dialogo con Peirce, Heidegger, Lacan, Barthes, Bergson.
3. PER I LETTORI FILOLOGI: DE FALLOIS
Saggi su Proust di Bernard de Fallois La Nave di Teseo, 2022 Traduzione di V. Agostini Oulafi pp. 544 Vedi il libro su Amazon |
Il volume raccoglie le Sette conferenze su Marcel Proust, che ci consentono di "ascoltare" dalla voce ammaliante e autorevole di uno dei maestri dell'esegesi proustiana, sette percorsi critici, i cui titoli ci rivelano immediatamente l'interesse dell'approccio di De Fallois (si parte dalla disidentificazione tra Marcel Proust e il suo alter ego narratora, per poi attraversare i personaggi proustiani, l'arte come donatrice di eternità, il linguaggio, la commedia umana di Proust). Proprio nella quarta conferenza, De Fallois ci rivela finalmente un Proust assai più divertente e divertito di quanto gli altri critici ammettano:
Dall'inizio alla fine di quest'immenso racconto, che si estende su più di quarant'anni, non smettiamo di ridere, di attraversare tutte le sfumature del riso, dal sorriso commosso all'incontenibile ridarella, senza mai stancarcene (p.118).
Lo stesso Proust, fin da adolescente, era un abile imitatore, che faceva ridere tutti e anche la lettura delle sue lettere si rivela divertente grazie alle sue continue battute, giochi di parole, pettegolezzi e racconti leggiadri e ironici. L'uomo fa ridere, secondo Proust, perché è l'unico animale che è dotato di stupidità e questa stupidità si manifesta verbalmente, con linguaggi artefatti e inappropriati, che vorrebbero mostrare in modo impacciato di essere ciò che non si è. Proust, che anche nella vulgata comune è un terribile snob, rende lo snobismo il punto estremo del comico, proprio perché in esso si manifesta una summa della stupidità e della vanità umana.
Dopo le sette conferenze, il saggio edito da La nave di Teseo presenta una guida alla lettura della Recerche e una bella scelta di frasi proustiani, estratte dall'opera e raccolta per temi.
4. PER I LETTORI EMOZIONALI: PIPERNO
Proust senza tempo di Alessandro Piperno Mondadori, 2022 pp. 156 Vedi il libro su Amazon |
È di lui che vorrei parlarvi. Della sua centralità nella vita di tanta gente come me, di come ha contribuito a cambiarcela, ma anche di come è riuscito ad avvelenarla ben benino e per sempre. Perché, occorre esserne consapevoli, quando ti entra dentro non ti lascia più in pace. (pp. 11-12)
Ciò che rende il saggio di Piperno immediatamente diverso dagli altri è che sceglie di cominciare l'esplorazione della Recherche dal momento fragile e immenso in cui noi abbiamo scelto il "nostro" scrittore o, forse, lui ha scelto noi. Ciò che rende irresistibilmente affascinante il saggio di Piperno è che colui che ha tutta l'attrezzatura per scrivere una monografia filologica e ben attrezzata a livello storiografico e bibliografico, scelga consapevolmente di consegnarsi come lettore ai lettori:
La verità è che sono un proustiano, e lo sono dalla testa ai piedi. In quanto tale, seguace di una vera e propria consorteria che annovera tra i suoi adepti individui tra i più disparati, e non tutti raccomandabili. (p. 45)
Dopo aver divertito con l'identikit del proustiano DOC, Piperno entra senza altri indugi nel cuore dei temi proustiani, illuminandoci sui personaggi, sull'ebraismo, sul concetto di moralità, sul tema della morte e sul ruolo della letteratura nel capolavoro di Marcel Proust. La seconda parte del testo accosta la figura di Proust a sette scrittori: Montaigne, Céline, Nabokov, Balzac, Dante, Woolf, Roth e offre interessantissime chiavi di lettura, curiosità e notizie.
Per i cento anni dalla morte dello scrittore, abbiate il coraggio di andare alla ricerca del Marcel perduto giungendo al Proust ritrovato. Ce n'è per tutti i gusti, quindi proustiani di tutto il mondo unitevi!
Deborah Donato