Santo cielo
di Éric Chevillard
Prehistorica Editore, novembre 2022
Traduzione di Gianmaria Finardi
pp. 152
€ 15 (cartaceo)
€ 15 (cartaceo)
Domanda da un milione di dollari: cosa c'è nell'Aldilà? Prova a rispondere lo scrittore francese Éric Chevillard a cui la casa editrice Prehistorica ha dedicato un'intera collana, pubblicando altri suoi titoli: "Sul riccio" (2019), "Sine die: cronaca del confinamento" (2020) e "Rovorosa" (2021).
Ho conosciuto l'autore proprio grazie a quest'ultimo romanzo, davvero peculiare, e mi aspettavo di ritrovare in questo nuovo titolo lo stesso stile caustico e ironico. Non mi sono sbagliata.
Chiaramente esistono già altri romanzi che affrontano il tema: pensiamo a Fechner pubblicato da Adelphi con il suo "Il libretto della vita dopo la morte" oppure Saramago, anche se in modo meno diretto, con "Le intermittenze della morte", oltre a tutta una serie di libricini da medium semi religiosi che però non hanno alcuna valenza scientifica o morale.
Chevillard tratta il quesito che tutti ci poniamo almeno una volta nella vita in modo intelligente, ovvero costruendo semplicemente una sorta di "palazzo" amministrativo in cui le anime dei defunti vengono raccolte, smistate e indirizzate presso vari uffici e spazi, l'Ufficio delucidazioni, l'Osservatorio, l'Ufficio reclami e il Servizio Ricompense.
Il nostro protagonista, Albert Moindre, sommo esperto di ponti trasbordatori, muore investito da un camioncino che trasporta datteri e olive e dunque si ritrova ad attendere la propria sorte in questo limbo senza confini e senza materia. Nessuno però gli spiega cosa fare, cosa pensare, dove andare, tant'è che sospetta che "quell'incertezza sarà il suo castigo per l'eternità". (pg. 28)
Dopo qualche tempo, chissà quanto, viene finalmente condotto nel primo degli uffici, dove riceverà delucidazioni riguardo a molte questioni irrisolte della propria vita.
Questa e altre domande fornisce il libro: difatti, originale è proprio questo sistema al contrario, che invece di fornire risposte fa fiorire interrogativi.
Ho conosciuto l'autore proprio grazie a quest'ultimo romanzo, davvero peculiare, e mi aspettavo di ritrovare in questo nuovo titolo lo stesso stile caustico e ironico. Non mi sono sbagliata.
Chiaramente esistono già altri romanzi che affrontano il tema: pensiamo a Fechner pubblicato da Adelphi con il suo "Il libretto della vita dopo la morte" oppure Saramago, anche se in modo meno diretto, con "Le intermittenze della morte", oltre a tutta una serie di libricini da medium semi religiosi che però non hanno alcuna valenza scientifica o morale.
Chevillard tratta il quesito che tutti ci poniamo almeno una volta nella vita in modo intelligente, ovvero costruendo semplicemente una sorta di "palazzo" amministrativo in cui le anime dei defunti vengono raccolte, smistate e indirizzate presso vari uffici e spazi, l'Ufficio delucidazioni, l'Osservatorio, l'Ufficio reclami e il Servizio Ricompense.
Il nostro protagonista, Albert Moindre, sommo esperto di ponti trasbordatori, muore investito da un camioncino che trasporta datteri e olive e dunque si ritrova ad attendere la propria sorte in questo limbo senza confini e senza materia. Nessuno però gli spiega cosa fare, cosa pensare, dove andare, tant'è che sospetta che "quell'incertezza sarà il suo castigo per l'eternità". (pg. 28)
Dopo qualche tempo, chissà quanto, viene finalmente condotto nel primo degli uffici, dove riceverà delucidazioni riguardo a molte questioni irrisolte della propria vita.
-Possedevi un dono unico per il clarinetto basso…Insieme a Clarisse, una centenaria che ha interesse solo nel titolo di Miss Colorado 1931 che le fu strappato per errore, attraverserà anche l'Osservatorio, dove vedrà tutto il mondo e i suoi abitanti, l'Ufficio reclami, dove si perderà in una lunga arringa su ciò che ritiene ingiusto, e infine il Servizio Ricompense, dove forse ne otterrà una, o forse no, ponendosi continuamente innumerevoli domande sulla natura di quel luogo, sulla natura di se stesso e sulla possibilità di redimersi, di tornare sulla terra o di cambiare il corso degli eventi passati e futuri.
-Se non ho nemmeno mai toccato quello strumento!
-È proprio un peccato. Palmyre è ritornata la sera stessa del giorno in cui ti ha lasciato. Ha suonato, chiamato, bussato alla porta. Sidonie piangeva. Ubriaco fradicio, non le hai sentite. Palmyre ha creduto che ti rifiutassi di aprire ed è partita per davvero. (p. 39-40)
Insomma, si dice Albert, ancora non so se ci sia una vita dopo la morte. Come essere sicuro di non delirare su un letto di ospedale, col cranio sbriciolato? Persino questo incidente potrebbe essere un'invenzione del mio cervello lesionato in seguito a un'apoplessia o, che so, alla rottura di un'aneurisma? Ma nulla, appunto, non ne so nulla. Se sto sognando la mia morte, il ricordo stesso della mia vita non potrebbe forse essere un'allucinazione? (pg. 99)Lo stile di Chevillard è divertentissimo: mescola humour nero a passaggi colti, parolacce a quesiti esistenziali, scene da "Scemo & più Scemo" a disquisizioni auliche. La sua è una scrittura tagliente, originale, scorrevole. La storia si legge in un pomeriggio, curiosi di scoprire cosa ci sarà sul prossimo pianerottolo, sul prossimo livello, quasi come se questo strano "edificio" fosse un grattacielo trasparente eppure nebuloso che dà e toglie, che rivela ma lascia i personaggi in dubbi amletici. Cosa ne sarà di Albert alla fine? Sarà salvato o sarà dannato? E se invece fosse dirottato in un altro limbo?
Questa e altre domande fornisce il libro: difatti, originale è proprio questo sistema al contrario, che invece di fornire risposte fa fiorire interrogativi.
Consigliatissimo per chi cerca una lettura simpatica e divertente, ma non frivola.
Deborah D'Addetta
Deborah D'Addetta