Tutti i segreti dietro i colori di Proust, raccolti e spiegati da Eleonora Marangoni

 


Proust, i colori del tempo 
di Eleonora Marangoni
Feltrinelli, ottobre 2022

pp. 128
€ 30 (cartaceo)
€ 17,99 (e-book)


La magia della Recherche du temps perdu si nasconde nei dettagli: non è stata soltanto la mole dell’impresa proustiana a consacrarla all’eternità, bensì il lavoro di fino condotto dal suo autore, per effetto del quale niente è casuale, e tutto concorre a rispondere ai più grandi interrogativi dell’umanità. Il fluire della vita, la corsa unilaterale del tempo e quella a ritroso della memoria. Il rapporto tra reale e ideale. Il valore dell’arte, specialmente della scrittura

Uno dei dettagli che fa trapelare questi interrogativi è il colore: non solo estetizzante o decorativo, il colore è uno strumento di cui Proust si serve per caratterizzare personalità, fare dichiarazioni politiche, segnalare il cambio di uno status sociale. «Il colore non è importante in quanto viene raccontato, è importante perché racconta» (p. 16), scrive Marangoni nell’introduzione: un colore applicato in un dettaglio di un quadro può anche mettere l’osservatore di fronte all’inutilità della propria vita, e causarne la morte.

Foto di Michela La Grotteria
Eleonora Marangoni ha realizzato in Proust. I colori del tempo una splendida analisi del colore in tutte le sue sfumature e declinazioni di significato. Solo una grande studiosa di Proust, quale lei è, poteva scovare nei sette libri della Recherche tutte le apparizioni di mauve, di blu oltremare o di rosa Tiepolo, e creare poi un’opera magnifica, esaustiva ma per nulla accademica o inaccessibile. Un’opera che può essere letta d’un fiato, curiosi di scoprire la storia dietro il colore successivo, ma che è anche in grado di espandere gli orizzonti del lettore e invogliarlo a recuperare, oltre alla Recherche, i mille spunti letterari e filosofici che arricchiscono l’esposizione di Marangoni. 

Prima di passare alla presentazione dei singoli colori, Marangoni scrive che il riferimento alla pittura e ai suoi colori non è mai casuale in Proust: 
i riferimenti alla pittura permettono a Proust di delineare i profili dei suoi personaggi senza assoggettarli al tempo, quelli al colore, di descriverne la natura e le inclinazioni senza doverli rinchiudere nei rigidi confini di un’immagine statica. (p. 18) 
Foto di Michela La Grotteria
Nella Recherche sono infatti numerosissimi i quadri e i pittori citati, e spesso appartengono alla scuola italiana, che Proust conosceva e venerava: Giotto, Tiziano, Botticelli e Tiepolo sono solo alcuni tra i pittori che ammirava, e durante il suo viaggio in Italia nel 1900 ebbe occasione di apprezzare alcune delle loro opere. Alla presenza della pittura italiana nel testo proustiano Marangoni ha dedicato un libro, Proust et la peinture italienne, uscito in Francia nel 2011: invece in Proust. I colori del tempo, ripubblicato lo scorso mese da Feltrinelli, il suo sguardo si allarga a comprendere le implicazioni narratologiche e sociali dietro la descrizione di un biancospino rosa, o di tendine da treno azzurre. Il risultato è strepitoso. 

Alcuni esempi: il giallo, che evoca l’oro di paesi lontani e lussuosi, accompagna in Proust la caratterizzazione dell’aristocrazia: sono dorati gli abiti della principessa de Guermantes e i capelli di Odette quando diventa Madame Swann. Eppure, anche un colore può ingannare e, dopo averli conosciuti meglio, il narratore si renderà conto che «il biondo dei Guermantes non è che una farsa, e quello che riluceva non era oro, ma una placcatura di facciata» (p. 34). 

Se il viola è il colore del potere temporale, il blu rappresenta quello divino: ma più che un dio, Proust ricerca nel blu l’élan vital, tutto il bello che la vita ha da offrire a lui in quanto uomo e in quanto scrittore. 
Foto di Michela La Grotteria
Splendido poi il capitolo sul verde: «colore complicato da gestire, sfuggente e in qualche modo spietato» (p. 55), il verde smeraldo è tradizionalmente associato alla speranza, ma quella già svanita dietro le nostre spalle, il desiderio tanto irraggiungibile quanto vitale. Ma 
«la Recherche non è un romanzo che celebra il passato. Basta d’altronde soffermarsi sul titolo: Alla ricerca del tempo perduto: oltre che una cosa che si è smarrita, il tempo in Proust è anche una meta». (p. 51) 
Infine, a chiudere il libro c’è un meraviglioso atlante dei colori che   accosta ogni sfumatura a un dipinto che Proust ha citato, o evocato, o dal quale è stato toccato. Proust. I colori del tempo è un’opera speciale: indispensabile aggiunta per i proustiani, soprattutto in quest’anno di celebrazioni per l’anniversario della morte, e ottimo inizio per chi ogni anno si propone di leggere la Recherche ma alla fine non lo fa mai. Dopo questa lettura, non se ne potrà fare a meno.

Michela La Grotteria