Il me che ami nelle
tenebre
di Skottie Young e Jorge Corona
Bao Publishing, 2022
Titolo originale:
The me you love in the dark
Traduzione di
Leonardo Favia
pp. 128
€ 18,00 (cartaceo)
€ 6,54 (ebook)
Nei giorni che si susseguono, la tela resta
bianca, i bicchieri di vino si
riempiono e vuotano con frequenza eccessiva, e la musica che accompagna il
processo creativo non riesce a placare un animo tormentato. Tutto cambia con la
risposta di una voce estranea a una domanda lanciata, per frustrazione, al
silenzio pesante della casa. La paura
lascia presto spazio alla curiosità, la
necessità sottile di trovare un
interlocutore, qualcuno (o qualcosa) che con la sua sola presenza riaccenda
la creatività sopita.
La creatura si
annida nelle tenebre, ed è lì che i disegni nervosi di Jorge Corona
rivelano la sua presenza, negli arti allungati, le dita adunche come artigli
scuri, gambe che si sfilacciano nell’ombra, un accumulo di occhi suggestivo
quanto mostruoso.
Per Ro, che ha sempre dipinto opere allegre,
colorate, facilmente accessibili, l’esperienza
del buio è inedita, intrigante. Spinta dal desiderio di scoprire qualcosa di nuovo, qualcosa “di vero”, si abbandona completamente
al mistero, riconoscendo anche in sé parte di quell’oscurità che la circonda.
Proprio da questa tenebra interiorizzata scaturisce un’inedita vena creativa e,
mentre le nuove opere proliferano alla luce fioca delle candele, anche le
tavole del volume si fanno umbratili, notturne. La narrazione si focalizza
sempre di più sugli spazi interni della casa, mentre il mondo esterno irrompe
raramente e viene percepito con fastidio, sia da Ro che dall’essere che le è
accanto. Vero elemento di interesse del romanzo, del resto, è proprio l’indagine
sulla seduzione esercitata da ciò che
non si conosce e che pure pare avere un
accesso diretto al cuore oscuro e intimo del proprio sentire, condotta
attraverso l’osservazione del movimento di sprofondamento psicologico che vive
la protagonista.
Ro sembra infatti sempre più affascinata dalla
creatura, nonostante i suoi tratti ibridi, spaventosi. Quello che viene narrato
pare l’inizio di una storia romantica, ma l’inquietudine suscitata da frasi
come “vieni a giocare” o dall’uso
chiaramente improprio del lessico amoroso scorre sottilmente da una pagina
all’altra, soprattutto quando i segni
della relazione si fanno disfunzionali e l’essere diventa possessivo, geloso, manipolatorio. Ro
rimane viva, bisognosa di luce, ma la sua quotidianità si esaurisce
nell’oscurità della casa, nell’amore dello spettro che cerca di saturare le sue
esigenze per tenerla legata a sé e, quando non ce la fa, diventa forza
distruttrice.
Nella seconda parte del volume, in corrispondenza
dell’emersione dei suoi tratti più
spiccatamente orrorifici, la vicenda rivela anche il suo valore metaforico:
l’amore tossico diviene ossessione,
isola, divora, distrugge, brucia e consuma. E per potersi liberare, la
protagonista deve ricorrere a un atto di
volontà altrettanto estremo.
Skottie Young e Jorge Corona si confermano una coppia artistica riuscita e molto ben
assortita. Contribuiscono ad aumentare il senso di angoscia da loro evocato le tavole a colori, nel gioco contrastivo tra le tonalità più
scure, viranti dal viola al nero, e quelle invece più calde, in cui il giallo
della luce volge presto all’arancio tremolante delle candele, e poi al rosso
del fuoco, del vino, del sangue. Il me che
ami delle tenebre fin dal titolo, meraviglioso e meravigliosamente
centrato, è la storia che riprende molti topoi
ricorrenti del genere horror: una casa infestata, una donna a suo modo
posseduta, un’artista in ricerca che vede emergere un lato oscuro di sé, di un
quadro in grado di mostrare l’anima malvagia del soggetto rappresentato… tutti
sono però riletti alla luce di un immaginario
contemporaneo e d’impatto, la cui forza espressiva non potrà che
suggestionare gli appassionati del mistero in particolare, e dei graphic novel in generale.
Carolina
Pernigo