«Non ho deciso di scrivere per dar sfogo alla nostalgia. Soltanto i luoghi riescono a scatenare dentro di me tempeste violente, ma la nostalgia è un sentimento che non amo coltivare». (p. 9)
A questa domanda risponde La Triomphante di Teresa Cremisi, un mito nel panorama editoriale italiano e francese, soprannominata scherzosamente «primo ministro» e oggi presidente di Adelphi dopo la morte di Roberto Calasso.
Il racconto si apre ad Alessandria e la Cremisi catapulta il lettore in un microcosmo di colori, odori, paesaggi esotici. L’Egitto ritratto dalla sua penna, con le sue dune di sabbia, i suoi porti, i suoi mari turchini, le albe violette che tolgono il fiato, è una terra scissa da profonde contraddizioni sociali, ma come nell’Isola di Arturo della Morante viene filtrata attraverso gli occhi dell’infanzia e assume le sembianze favolose di un regno incantato. La giovane protagonista della Triomphante è dotata di una fervida immaginazione e di una passione quanto mai insolita per le battaglie navali e fin dalle prime righe manifesta un’attitudine precoce all’immaginazione.
«Solo l’immaginazione ci permette di vedere e sentire quel che accadde in una notte d’estate nella baia di Abukir: l’insenatura – la rivedo immersa in una luce soffusa – messa a ferro e fuoco da una serie di eventi straordinari… (…) L’immaginazione mi permetteva allora di sentire persino le grida, gli orrendi scricchiolii, il fragore delle esplosioni. Col passar del tempo ho capito che le battaglie navali sono un simbolo tragico. Tutta quella perizia, tutti quei tronchi d’albero accatastati sulle chiatte e convogliati verso i cantieri, le migliaia di ore di lavoro di abili artigiani, tutto quel coraggio. Bruciati, affondati in poche ore. Senza scopo». (pp. 17/18)
La Storia irrompe con altrettanta potenza nella vita della protagonista, stravolta dalla crisi di Suez e dalla confisca dei beni degli stranieri da parte del governo. La sua famiglia sceglie l’esilio e «l’italiano mite con i capelli biondi e gli occhi azzurri e la bella angloindiana bruna con gli occhi nerissimi,» non rivedranno mai più il loro paese. Un lettore attento non potrà non percepire alcune somiglianze con il Lessico Familiare della Ginzburg, la Cremisi tuttavia ha uno stile più ricercato che si legge e si gusta con grande piacere.
Dopo una breve permanenza a Roma, la famiglia si trasferisce a Miliano. città dinamica, in pieno fermento, tanto elegante quanto indifferente al dramma di questa giovane esule, straniera in terra straniera. Hanno inizio i difficili anni dell’adattamento, dello sradicamento dalle proprie radici. L’abbandono dell’arabo e del greco in favore dell’Italiano sancisce l’inizio di un mutamento interiore e il favoloso e favoleggiato Oriente dell’infanzia come un antico gioiello di famiglia viene «messo sotto chiave, accuratamente sistemato in un nascondiglio in fondo a un armadio.» (p. 161)
L’Italia descritta viene vista attraverso gli occhi di una giovane straniera che prova fascinazione e meraviglia osservando l’incredibile abbondanza di confezioni, bottigliette, flaconi esposti negli scaffali lindi e ordinatissimi di un supermercato e che stenta a comprendere, almeno all’inizio, tutti quei sofisticati codici di comportamento che regolano le relazioni sociali. Se nell’infanzia il dialogo con Omero aveva alimentato l’immaginazione di una bambina sedotta dalle grandi battaglie navali e costretta, suo malgrado, a vivere una sua personale Odissea, nella sofisticata città di Milana è la Certosa di Parma di Stendhal a divenire un punto di riferimento.
Ciò che sorregge l’architettura narrativa della Triomphante e alimenta le riflessioni della protagonista, il fil rouge che percorre l’opera da cima a fondo è il dialogo con i libri. Omero, Conrad, Stendhal, Lawrence non furono mai cimeli polverosi da ostentare in una biblioteca e neanche portali d’accesso a un universo immaginativo dove evadere per fuggire da una realtà prosaica e insoddisfacente, al contrario furono amici preziosi, maestri con cui dialogare e da cui prendere spunto per apprendere quello che Pavese chiamava “il mestiere di vivere”. Nelle pagine della Cremisi la letteratura è una cosa viva e tutta la narrazione è intessuta di questo dialogo costante e ininterrotto con la grande letteratura.
«Ci sono alcuni libri che sono stati particolarmente importanti per me; voglio dire che erano al mio fianco nei momenti in cui la vita premeva sull’acceleratore e imboccava una svolta. Hanno avuto un ruolo fondamentale. A volte mi è addirittura sembrato di sentire voci amiche levarsi dalle pagine di Stendhal, Conrad o Proust, e ho fatto le mie scelte tenendo conto di quello che mi dicevano». (p. 289)
Nei capitoli ambientati in Italia la narrazione acquista i toni e il registro di un romanzo di formazione: l'Io rievoca gli anni difficili dell’adolescenza, fatti di timidezze e paure, e quelli della prima giovinezza. Ripercorre con una prosa limpida e disincantata l’esperienza universitaria, il primo, grande amore e il primo, agognato lavoro come giornalista a cui segue quello di direttore per la tipografia dello stesso giornale.
Sono anni felici, di grande successo lavorativo, dove l’amore per la letteratura si approfondisce e acquista una nuova forma, una nuova veste; anni caratterizzati da un secondo grande amore e infine da un importante incarico a Parigi in ambito editoriale. L’ultimo capitolo indaga invece gli interstizi malinconici e riflessivi a cavallo tra la giovinezza e la vecchiaia, dove una donna ormai affermata, nelle atmosfere sonnolente e sonnacchioso di un piccolo paesino del Meridione Italiano che ha scelto come propria dimora, passa al vaglio della memoria la sua intera esistenza e mette a raffronto le metamorfosi che il suo Io ha attraversato.
L’ultima riflessione è un inno accorato e raccolto, privo di ostentazioni o di idealismi, alla Memoria, alla Memoria non collettiva ma personale che può essere riscoperta e tramandata nel corso degli anni, facendo rivivere luoghi, idee, persone, accendendo anche soltanto per un brevissimo istante l’immaginazione di chi s’imbatterà nel ritratto conservato in quest’autobiografia spirituale.
«È curioso pensare a tutti coloro che lasciano passare gli anni senza fare commenti, senza levare proteste, senza esprimere pareri. Arrivano al crepuscolo della vita e continuano imperterriti a mantenere un umile silenzio. (…) Sono quasi certa che sia meglio lasciare dietro di sé qualche riflessione, qualche commento. Annotarli, se possibile. (…) I miei tesori finiranno sui banchi dei mercatini o nelle vetrine degli antiquari. Un giorno forse qualcuno ricomincerà a sognare trovando per caso le mie cartoline del Canale o di Aden, i disegni dei viaggiatori, le foto antiche che ho posseduto o quelle che ho scattato. Palmira, Abukir o el-Fayyum faranno parte di un mondo scomparso per sempre». (p. 446)
La Triomphante grazie allo stile ricco di metafore e di descrizioni suggestive incanta il lettore. La parabola esistenziale di questa donna affascinerà chi ama la grande letteratura, ma se gli amanti dei libri vi troveranno tanti spunti di riflessione, la ricchezza di questo racconto non si esaurisce nei suoi rimandi ai grandi classici; nelle domande e nelle esperienze che l’alter ego letterario della Cremisi si pone e vive vibrano le inquietudini e gli interrogativi dei grandi romanzi, e grazie all’intimità che solo la pagina scritta consente non si potrà non provare un senso di calore, di vicinanza con la protagonista de La Triomphante, e giungere, al termine della narrazione, a considerarla cara come una vecchia amica.
Guendalina Middei