Abbà
padre
di Roberto
Battestini
Neo edizioni,
2022
pp. 238
€ 24 (cartaceo)
“Abbà” è il termine in giudaico
antico per rivolgersi in maniera informale al padre. Già la scelta di inserire
nel titolo questo termine è indicativa del tipo di graphic novel che si andrà a
leggere. Il rapporto col padre infatti è da sempre un rapporto complicato,
soprattutto nella cultura giudaico-cristiana e in quella ebraica. La figura del
padre è importante, a volte ingombrante, sicuramente invadente. Non è un caso –
compiendo un salto di duemila e passa anni – se nella filosofia di Freud tanto
spazio trova il momento della “uccisione” del padre: la morte psicologica del
padre è un momento fondamentale di crescita, di assunzione delle responsabilità.
È quel momento che consente di prendere sulle proprie spalle il proprio destino
nel percorso che verrà.
Abbà padre è infatti il luogo delle confessioni e dei ricordi, ma è anche il luogo
del perdono: le confessioni riguardano quelle cose che l’autore avrebbe
voluto dire al proprio padre prima che fosse troppo tardi e che, di fatto, non
è riuscito a comunicare in tempo. Le tavole sono infatti pervase da un senso di
nostalgico rimpianto per ciò che avrebbe potuto andare diversamente ma che,
presi entrambi – padre e figlio – dalle cose della vita, sono state fatte
scivolare nei giorni ritenuti senza importanza: cose fondamentali, confessioni
necessarie, che si sono perse nelle liti e nel nulla.
A questo elemento sono legati i ricordi, riportati
in vita tramite i salti temporali continui fra passato e presente che rendono
la lettura non sempre comprensibile. Ma d’altronde i ricordi sono così:
incomprensibili – o quasi – a chi non li ha vissuti in prima persona. E tramite
questi flashback conosciamo la storia del piccolo Roberto, veniamo a sapere i
retroscena dei crimini di Rolando e Pasquale, ma sappiamo qualcosa anche della
madre e della sorella, figure evanescenti fragili. È un invito quello che
Roberto Battestini compie: un invito a entrare a casa sua e a prendere qualcosa da bere mentre ci racconta di sé cose che forse sono
state ingabbiate per anni.
Infine, il perdono. Il perdono per il
padre e per i fratelli, sì, ma anche per se stesso: per non essere riuscito a
comunicare ciò che avrebbe voluto, appunto, per aver vissuto in modo
conflittuale ciò che poteva essere invece il tempo della dolcezza. Il perdono l’autore
lo chiede al padre defunto e lo chiede anche a quel Padre che sempre osserva i
credenti, il Dio immobile che giudica, riflette e sentenzia. Non a caso l’autore
ripercorre, narrando le gesta familiari, anche alcuni passaggi fondamentali
dell’Antico testamento: la Genesi, l’Esodo, i Profeti, l’Apocalisse sono le
quattro parti in cui viene diviso il testo, a cui si aggiunge una quinta
chiamata Kol Nidrei, il quale è «un canto ebraico che si fa prima di una grande
festa, lo Yom Kippur» e serve «ad annullare tutte le promesse fatte davanti a Dio»,
e questo perché, in fin dei conti, «davanti a Dio siamo tutti santi e giusti,
ma anche trasgressori, e [vuol dire] che Dio ama tutti, anche i cattivi». Se
persino il Dio vendicativo e solenne dell’Antico testamento può perdonare, come
può non farlo un semplice uomo come è Roberto Battestini?
Abbà padre è dunque un volume interessante, in grado di far riflettere e sorridere, ma soprattutto è un viaggio in un universo personale in cui è necessario entrare in punta di piedi.
David Valentini