di Antonio Manzini
Sellerio editore, 2022
pp. 351
€ 15 (cartaceo)€ 9,99 (ebook)
Nadia e Samantha erano sedute a piazza San Rufo, proprio davanti a quel monumento che la gente della città chiamava «la caciotta». Una specie di torta di marmo che sembrava fosse caduta lì per caso. Rappresentava il centro geografico dell'Italia (...). Ogni volta che le due amiche venivano in città si sedevano lì, con una coca-cola a guardare i tetti. Non sapevano perché, ma era il loro posto preferito (...). Si sentivano in pace. Stavano in silenzio a bere dalla stessa lattina con due cannucce. Poi andavano in piazza Battisti a vedere se c'era gente. Ma quel posto segreto era come una camera di decompressione prima di affrontare il casino del centro storico (p. 105).
«Vuoi una vita bella? Prenditela! E a tutto quello che si mette in mezzo dagli un calcio. Non ti arrendere, sennò fai la fine mia. O peggio, quella di tua madre [...]. Difenditi, Samantha, perché se non lo fai tu, non lo fa nessuno. Ora andiamo a casa, che la bronchite sennò mi ammazza». E si incamminarono a braccetto, senza dirsi più una parola (p. 127).
Sullo sfondo di una natura matrigna e respingente nei confronti dell'uomo si muovono Padre Graziano, un prete atipico accompagnato dal nipote Faustino e dalla misteriosa sorella russa Ljuba, e Cicci Bellè, uomo amante solo del denaro e del figlio Mariuccio che spadroneggia sull'intera cittadina.
Su questo palcoscenico, nel quale le vicende di ciascun personaggio paiono inizialmente interessare solo alcuni personaggi, le stesse si rivelano essere in realtà il trait d'union dell'intera vicenda, assumendo quasi i contorni di parabole. La storia scorre veloce fino al verificarsi di una serie di eventi tragici che si abbatteranno proprio su Samantha, dai quali la ragazza inspiegabilmente trarrà la forza e la spinta necessarie a sperare in un futuro diverso.
Con La mala erba Antonio Manzini scrive un romanzo che ricalca le atmosfere cupe alle quali ci ha abituati con la serie di Rocco Schiavone, ma stavolta dà vita a personaggi inediti che paiono incarnare le paure più ataviche del lettore e ancora una volta coglie nel segno con una storia che travalica i confini della provincia nella quale è ambientata per divenire metafora del nostro Paese.
Per farlo utilizza una scrittura fluida e ipnotica, in grado di cesellare i personaggi e la realtà descritta, dando vita a un vero e proprio romanzo di denuncia sociale capace di far riflettere il lettore, spingendolo a domandarsi se le vicende dei protagonisti avranno un seguito.
La mala erba è un libro da leggere e da consigliare, è una storia che ci fa ben comprendere come Manzini non sia stato "solo" in grado di dar vita al simpaticissimo vicequestore Rocco Schiavone, ma è anche un abile autore di noir che speriamo possa continuare a deliziarci con le sue storie.
Ilaria Pocaforza