Gugliate d’autrice: la scrittura è tessere trame. “Per ogni parola perduta” il nuovo libro di Benedetta Cibrario



 

Per ogni parola perduta 
Benedetta Cibrario
Mondadori, novembre 2022

pp. 360
€19,00 (cartaceo)
€10,99 (eBook)


La scrittura, talvolta, è uno strumento duttile nelle mani di artisti: crea mondi, li distrugge, tesse trame, le disfa, ricama meraviglie, incanta la mente e regala emozioni.

A questa riflessione si giunge leggendo l’ultimo lavoro di Benedetta Cibrario, Per ogni parola perduta, edito da Mondadori.

Bisogna leggere tutto il romanzo per avere la visione d’insieme di un’opera curata in ogni sua parte - copertina compresa -, come quando si ammira un arazzo e ci si sofferma non solo sui personaggi principali che campeggiano al centro, ma si è costretti ad ammirare anche tutto quanto il contorno, perché pretende attenzione.

Ogni scena una storia, una biografia.

Siamo tutti biografi. E quelli che non lo sono – o che credono di esserlo - lo diventano col passare degli anni. Non c’è nulla di più appassionante della vita degli altri. (p.108)

Come non essere d’accordo con questo passo? Tutta l’opera è un lavoro di intreccio di vite, di destini che si incontrano e di connessioni che si innescano in maniera inesorabile e talvolta con esiti sorprendenti. Tutto il fascino della letteratura è nella sua capacità di affabulare e di coinvolgerci in qualche modo.


Focus del romanzo è lo strappo generato dal lutto e la necessità di ricucirlo, perché «andare avanti è nella nostra natura. Fare il possibile per riuscire nell’impresa» (p.99). I personaggi principali della storia sono due giovani donne, Sofia e Pauline, entrambe segnate da una assenza: la prima, restauratrice di tessuti, ha perso il marito in un incidente; la seconda, proprietaria di una prestigiosa libreria antiquaria, ha perso il padre e non vede la madre da decenni.

Una mongolfiera antica e malandata le fa incontrare. E anche una storia affascinante.

Ricamata con sapienza, all’interno delle due storie c’è, infatti, un’altra vita, quella di un personaggio che è vissuto nel diciottesimo secolo, Xavier de Maistre, il quale,  nel 1784 a Chambéry, in Savoia, si è levato in volo su una mongolfiera. Per l’epoca il volo era considerato una sorta di bestemmia, di sfida alle leggi della natura umana e alla volontà di Dio. Cibrario si è documentata sulla biografia e sulle opere di questo personaggio, tra l’altro autore dell’interessante Viaggio intorno alla mia stanza, scritto in francese.

La sua mongolfiera, acquistata da un amico di Sofia, Edmund Payne, facoltoso collezionista di oggetti antichi, è ora affidata alla sapienza della restauratrice: la malandata navicella da riportare agli antichi splendori apre un racconto che prende forma tra le mani di Sofia. 

Tra le pagine si evince il lavoro di studio e di ricerca di Cibrario, dalle informazioni più tecniche sul restauro dei tessuti alle sue riflessioni sulla difficoltà di ricostruire il passato soprattutto quando ci si affida agli archivi:

Il passato si cancella con facilità, dalle carte ogni tanto affiora qualche nome, ma - mi creda - chi fa il mio mestiere ha sempre l’impressione di avere a che fare con i relitti di un naufragio, che risalgono in superficie senza un criterio, soltanto grazie ad un imprevedibile gioco di correnti marine. (p. 236)

Una scrittura che ricostruisce storie e procede parallela a una gugliata che restituisce testimonianze dal passato: una lotta contro l’erosione del tempo. 

Benedetta Cibrario con la sua penna elegante e sobria parla di due donne forti, Sofia e Pauline, una italiana e l’altra francese, le cui vite si riflettono per le numerose somiglianze, ma restano però due personaggi ben distinti e riconoscibili per il loro diverso temperamento.

Per ogni parola perduta è un romanzo di caratteri e di trame che utilizza più registri stilistici: la narrazione in terza persona ci presenta i personaggi principali colti prima degli eventi decisivi della storia e poi si passa al punto di vista interno, quando Sofia prende la parola e narra in prima persona fino alla fine del romanzo. Si alternano parti narrative con sequenze dialogiche in discorso indiretto. I passaggi  narrativi sono armoniosamente uniti a registri stilistici tipici di mail, di lettere, di articoli, di flussi di coscienza che contribuiscono a conferire all’opera varietà e dinamismo.
La scrittrice dedica molte pagine a ricostruire il background familiare delle protagoniste e, tramite un espediente metaletterario, intesse la biografia e il racconto del primo volo di Xavier de Maistre, tramite un articolo scritto da Sofia stessa per l’amico e committente Edmund Payne.
Nel romanzo compare spesso la voce - è il caso di dirlo - dell’oltretomba del defunto marito di Sofia, Nicola Obreskov: una voce fuori campo, ormai estranea ai nuovi eventi, ma che induce a riflettere sulla vita, quando ormai la si è persa. È una voce che porta con sé a tratti il rimpianto per non aver vissuto più a lungo, ma anche, e soprattutto,  la consolazione che 
la fine di qualcosa è il silenzio, non il distacco. Le vite trascorse diventano inutili solo quando sono dimenticate. Da sponde opposte - benché vagamente trita come immagine, dal mio attuale punto di vista risulta immediato pensare allo spartiacque tra vita e morte come a un fiume che prima o poi saremo chiamati ad attraversare -, Sonečka e Nicola continuano a parlarsi. (p. 215)

Per ogni parola perduta è un romanzo che sicuramente emoziona e fa riflettere sul valore della scrittura e della ricerca al di là del mero intrattenimento. La struttura del romanzo, dai flashback, alla ricostruzione biografica dei personaggi, è ben studiata. Il libro gioca sulla specularità: Sofia-Pauline, stessi contrasti con la figura materna, entrambe hanno  un carattere forte e determinato,  Sofia -Edmund, amici che provano a ricucire lo strappo della perdita dei propri compagni di vita grazie alle passioni, alle attività verso cui sentono di essere chiamati.  Sopra di loro, volteggia, incontrastata,  la mirabile mongolfiera di Xavier de Maistre.

Dal passato arriva una lezione valida anche per il presente, che Nicola ha ben compreso e vorrebbe che lo imparasse anche l’amata Sofia

La vita è preziosa perché è luminosa, perché è oscura, perché è difficile, perché è breve, perché è lunga, perché è densa, perchè è capricciosa, perché è solitaria, perché è caotica, perché è la tua. Ma la fragilità non c’entra niente. La vita è vita, e nient’altro. (p. 27)

Marianna Inserra