di Elizabeth Jane Howard
Fazi editore, novembre 2022
Traduzione di Manuela Francescon
pp. 338
€ 20,00 (cartaceo)
€ 13,99 (ebook)
Era il tipo di persona che si sente sempre a un passo dall'avere una vita in perfetto ordine e che, quando finalmente le sembra di averlo raggiunto, ha l'impressione che la sua esistenza, per così dire, ricominci in un modo più dinamico e significativo. Ordine, per lei, significava avere il tempo e lo spazio per compiere i suoi doveri, di qualunque genere fossero. (pp. 22-23)
Anne ed Edmund sono sposati da dieci anni. La loro vita ha una piacevole e consolidata routine che lascia spazio per il lavoro di lui, la perfetta tenuta della casa di lei e dai momenti di complicità e passione che condividono. Non hanno figli, non ne sentono il bisogno, e convivono con la gatta Ariadne: il ritratto della perfetta coppia con buone possibilità economiche nei villaggi residenziali non lontani da Londra. Un giorno, l'ex matrigna di Edmund lo chiama per chiedergli di ospitare per qualche giorno la figlia Arabella che sta passando un momento difficile. Arabella, bellissima e dalla grazia provocante, entrerà nel quadro familiare desiderando disperatamente di esserne parte, ma non capendo quanto il suo bisogno succhi via energie e sconvolga degli equilibri che, a ben guardare, si reggevano solo in bilico precario.
Uscito nel marzo del 1972, Quel tipo di ragazza, il sesto dell'autrice, venne scritto durante i primi periodi del matrimonio tra Howard e Kingsley Amis. Non ottenne critiche particolarmente positive. Il Sunday Times lo definì "un libro alquanto sintetico, che dalle sventure delle classi abbienti spreme fuori commedia e sentimentalismo". Poco notato, minò a sufficienza l'autostima dell'autrice che ritornò sul panorama letterario nel 1975 con la raccolta di racconti Mr Wrong che la riportò nelle grazie della critica.
Ci sono matrimoni e matrimoni, sembra raccontarci Howard in questo romanzo. C'è il matrimonio della linea narrativa principale, quello di Anne ed Edmund Cornhill. Benestanti, con una bella casa in un villaggio residenziale, senza figli e con la passione sessuale ancora presente nonostante siano insieme da dieci anni. Cercano di darsi a vicenda quello che pensano che l'altro vorrebbe e, anche se non sempre questo funziona, sono felici e stabili nella loro isola matrimoniale.
C'è il matrimonio di sir William, proprietario dell'agenzia immobiliare dove Edmund lavora e dove è considerato un possibile successore, con Irene. Ormai vedovo, sir William è però convinto di essere stato l'unico uomo ad avere un matrimonio felice e continua a insistere perché Edmund si dedichi a qualche scappatella.
C'è Clara che di matrimoni all'attivo ne ha ormai sei e che cambia status sociale e grado nobiliare a ogni nuovo marito anche se, per la sua domestica, resta sempre "milady" e che è, al momento della storia, sposata con il principe Vani, vecchio e annoiato e che ormai ha annoiato anche lei. "A me serve riposo, e a lei altri uomini" la descrive in maniera succinta, ma precisa, Arabella.
C'è il matrimonio tra Janet ed Henry la cui situazione sembra uscire da un romanzo ottocentesco in cui lo squallore e la povertà hanno offuscato qualunque speranza di salvezza.
C'è l'unione di Neville e Rodney basata sulla consapevolezza che durerà solo finché gioventù e prestanza li sorreggeranno.
Cos'è quindi che tiene insieme tutte queste isole matrimoniali, qual è l'elemento salvifico o distruttivo, a seconda dei punti di vista? Arabella, la figlia ventiduenne di Clara che viene spedita da Cornhill per un periodo di riposo.
Arabella è giovane, bellissima e dalla grazia affascinante. Da sempre considerata un disturbo per la madre che non si è mai preoccupata di difenderla dai padrini-predatori, che la tiene legata a sé solo con l'esborso di denaro e che non vede l'ora di accasarla con un uomo vecchio e ricco per liberarsi del problema, Arabella è in cerca di affetto. Dopo aver rotto la relazione con Henry e averlo rimandato nello squallore della povertà da cui proveniva, irrompe nella vita dei Cornhill. Cosa succede quando un sistema isolato entra in contatto con un elemento nuovo ed estraneo è abbastanza semplice da immaginare. Anne ed Edmund si trovano quindi al centro della necessità di affetto di Arabella senza capire cosa la ragazza cerchi. Sarebbe facile giudicare loro troppo borghesi e lei troppo traumatizzata per essere capita. Sarebbe anche confortante poter soccombere al fascino di Arabella. Elizabeth Jane Howard, raffinata ritrattista psicologica dei suoi personaggi, non permette niente di tutto questo. Da un lato ci fa desiderare di essere invitati a cena dai Cornhill per sapere qual è il segreto del loro rapporto; dall'altro ci fa desiderare di proteggere questa ragazza per la quale il denaro è un'entità astratta e dove una sterlina può essere elargita per qualunque tipo di servizio senza preoccuparsi del reale valore di ciò che si acquista. Che tra questi acquisti ci sia anche l'affetto non sorprende.
Guardò Arabella dall'altra parte del tavolo: non aveva ancora smesso di piangere, anche se Ariadne le leccava via le lacrime non appena scendevano.«Cosa non si ottiene con un po' di polpa di granchio. È perché mi sono strofinata il viso con quel panno tutto sporco».«Sì, ma ti vuole anche bene», ribatté Anne.«Tu dici? Lo credi davvero?», chiese Arabella. (p. 248)
I matrimoni di questo romanzo si alternano, anche se non interagiscono praticamente mai tra di loro, e sono tutti delineati con il cesello. Dalle cene solitarie di sir William che, con una tazza di cornflakes va a controllare che la stanza della moglie non sia stata toccata, alla desolante povertà dell'abbandono di Janet, tutti i personaggi secondari hanno il loro spazio. Forse un po' fuori posto la linea narrativa di Janet che, nonostante sia splendida nella sua crudezza tanto che Hilary Mantel, nell'introduzione, la accosta alle opere di Gaskell, poco aggiunge alla storia; ha il grande pregio però di far vedere quali macerie può lasciare alle spalle un personaggio affascinante. Perché Arabella, che mai ha dedicato un pensiero alla moglie di Henry, non ha idea di cosa la sua ricerca di affetto possa portare. Nel peggiore dei casi, una distruzione totale; nel migliore, un cambio radicale negli equilibri. Allora, forse, i matrimoni ritratti non hanno in comune solo Arabella: condividono una stabilità che è solo apparenza precaria.
Giulia Pretta