La bellezza del mondo si trova nelle pieghe dell'oscurità: lo splendido saggio "Libro d'ombra" di Tanizaki per Marsilio


Libro d'ombra
a cura di Luisa Bienati
di Tanizaki Jun'ichirō
Letteratura universale Marsilio, novembre 2022

Traduzione a cura di Luisa Bienati

pp. 88
€ 12 (cartaceo)
€ 2,99 (e-book)


Ho scritto queste pagine perché penso che ci possa essere un modo per compensare questa perdita in qualche altro ambito, come la letteratura e le arti. Vorrei riportare il mondo dell'ombra, che stiamo dissipando, almeno nel regno della letteratura [...] oscurare le pareti, spingere nell'ombra le cose troppo visibili ed eliminare le decorazioni interne inutili [...] (p. 79)

Si chiude così questo splendido saggio di uno degli autori giapponesi più amati sia in patria che all'estero, Jun'ichirō Tanizaki, nato a Tokyo nel 1886, a cavallo di un periodo di forti cambiamenti, il cosiddetto periodo Meiji (1868-1912), che vedrà il Giappone riformarsi interamente per seguire il modello occidentale.
Questo testo edito da Marsilio Editore riprende il famoso saggio "Libro d'ombra", pubblicato in lingua originale nel 1933 e in lingua italiana (l'ultima versione) da Bompiani, ma con l'aggiunta di un'introduzione della traduttrice Luisa Bienati, che ci assiste nella comprensione della filosofia di Tanizaki.
Per capire a cosa si riferisce quell'ombra di cui si parla, è necessario fare un passo indietro e scavare nelle prime opere dell'autore: dapprima affascinato, durante l'adolescenza e la prima età adulta, da tutto ciò che proveniva dall'Occidente - le luci elettriche, il riscaldamento moderno, i telefoni, le pareti bianche, i servizi sanitari all'avanguardia, la lucentezza della pelle delle donne europee - si vede pentito di questa sua posizione in seguito a un grande terremoto avvenuto nel 1923 nel Kanto e in seguito al suo trasferimento a Osaka, dove recupera interesse per la cultura classica giapponese. Da quel momento in poi, l'autore comincerà a essere molto più critico nei confronti della "modernità" e nelle sue opere successive cercherà di elogiare la letteratura e gli usi del Giappone prima di quel periodo Meiji.
Non ho niente contro le comodità della civiltà moderna, che si tratti di luci elettriche o riscaldamento o servizi igienici, ma a quel tempo mi chiedevo perché non avessimo un po' più di considerazione per le nostre abitudini e i nostri gusti e se fosse veramente impossibile conciliare il nuovo con la nostra sensibilità. (p. 39)
Chiave di questa posizione piuttosto equilibrata (e tipicamente giapponese) è la ricerca, o meglio, il recupero di ciò che Tanizaki definisce "l'estetica dell'ombra", e che Calvino, in una sua recensione a "Libro d'ombra" scritta nel 1982, sottolinea essere più una questione di penombra che di buio assoluto.
Penombra e distanza
: i due fulcri della filosofia di Tanizaki, perfettamente contrapposti all'ossessione degli occidentali per il bianco accecante e per il contatto fisico. L'autore giapponese ci ammalia con termini come lattescente, opaco, morbido, fumoso, sommesso, cupo, crepuscolare. proprio per esaltare l'amore profondo dei giapponesi per ciò che è non-detto, non-mostrato, per ciò che si nasconde nelle pieghe dell'ombra. Spazia in tantissimi campi per spiegarsi, dall'architettura al teatro, dai monasteri alla bellezza delle donne, dai gabinetti ai ristoranti, saltando qui e lì in termini sia pratici che filosofici. Secondo Tanizaki la differenza tra orientali e occidentali sta proprio nella percezione della luce e dell'ombra, laddove i primi accettano l'oscurità, i secondi cercano in ogni modo di raggiungere sempre più luce, sempre più splendore, annientando anche la più piccola traccia di buio.
E potrebbero esserci alcuni che sostengono che se la bellezza deve nascondere i suoi punti deboli nell'ombra, non è affatto bellezza. Tuttavia, come ho già detto, noi orientali creiamo la bellezza facendo apparire ombre in luoghi insignificanti. (p. 65)
Di fatto Tanizaki, con questo saggio, ci dice una cosa semplice: che la bellezza non si trova alla luce del sole, ma nell'ombra, nella penombra, che è meglio una bellezza spettrale piuttosto che una bellezza carnosa, che la donna diventa divinità quando la sua pelle è di una bianchezza astratta e non trasparente.
Fa specie leggere queste parole al giorno d'oggi, ché quando si pensa a Tokyo si pensa alla città dei neon, delle luci folgoranti. Probabilmente Tanizaki sarebbe impallidito di fronte alla trasformazione epocale che il Giappone ha subito nel corso dei secoli, in luoghi in cui l'ombra ha sempre avuto un ruolo da protagonista - negli spazi tenuamente illuminati dalle lampade a olio, nell'oscurità dei giardini domestici, nell'invisibilità delle sue donne sfuggenti, nella lattescenza della carta shoji, usata per schermare la luce del sole - e che oggi sembra definitivamente fagocitata dall'invadenza della luce artificiale.
Tanizaki, per riassumere, elegge il mondo onirico del Giappone "antico" come unico modo di percepire e apprezzare la bellezza delle cose e dei volti, che nella penombra acquisiscono mistero, sensualità, eleganza.
Sono stata totalmente conquistata anch'io da questo saggio che mi ha fatto venire l'irrefrenabile voglia di scoprire tutta l'opera di Tanizaki. Un testo che consiglio fortemente agli amanti del Giappone classico e della filosofia dell'equilibrio tra ciò che è luce e ciò che è ombra.

Deborah D'Addetta