Le Perfezioni
di Vincenzo Latronico
Bompiani, marzo 2022
pp. 144
€ 16 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
«[…] Continuavano la vita caotica: corrispondeva alla loro inclinazione naturale. In un mondo pieno di imperfezioni, non era, se ne rendevano conto, la più imperfetta».
La lettura di Le perfezioni, ultimo romanzo di Vincenzo Latronico (Bompiani, 2022), apre almeno due possibili percorsi di lettura. Il primo parte dall’inevitabile e dichiaratissimo accostamento con il celebre romanzo (ed è necessario scandire bene il sostantivo) Le cose di Georges Perec. Il lettore attento non farebbe fatica a sentirne l’influenza neanche nel caso in cui gli sfuggisse la citazione in esergo o gli altri elementi paratestuali che fanno del libro un palese omaggio al testo dello scrittore francese. La descrizione puntuale degli interni abitativi, l’indugiare eccessivo sui dettagli, la scansione ossessiva degli oggetti, richiamano immediatamente le pagine del modello, ancora prima che entrino in scena Anna e Tom, palesi alter ego di Jérôme e Sylvie. De Le cose si è scritto e detto tantissimo dai quarant’anni che ci separano dalla data di pubblicazione. Ci si è chiesti, ingiustamente quanto fosse lecito definirlo “romanzo” e quanto non fosse invece più giusto definirlo saggio sociologico. Non ci sembra pertanto rilevante indugiare qui su queste questioni – ancor più perché sarebbe ingiusto nei confronti di un’operazione letterariamente raffinata come quella compiuta da Latronico.
Più interessante invece sottolineare come l’eco fortissima di Perec non guasti, ma anzi esalti la lettura di Le perfezioni, romanzo anomalo anche questo, caratterizzato dall’assenza di dialoghi e dal ricorso a una soffusa focalizzazione interna che si infiltra negli stati d’animo e nelle considerazioni dei due personaggi principali. Latronico utilizza lo stesso stratagemma stilistico dell’originale dividendo il testo in sezioni e riservando a ciascuna un tempo verbale diverso. E anche questa mossa è esplicitata, con vago sapore metanarrativo, nel paratesto; più nello specifico nel sommario che vede i quattro capitoli denominati “presente”, “imperfetto”, “remoto e futuro”. In più, alla sofisticheria formale, l’autore aggiunge un aspetto tematico che sfrutta la sponda offerta dall’italiano: alla sezione “imperfetto” sono affidati i nei (le imperfezioni, appunto) che i protagonisti percepiscono nella loro vita, mentre nella sezione “remoto” si parla delle loro esperienze (anche e soprattutto lavorative) “da remoto”: la presenza dell’online, il ruolo di Internet.
All’interno di questo primo percorso di lettura, dato il poco spazio a disposizione, ci resta un ultimo elemento da mettere in luce. Alla fine di uno dei suoi “micro-capitoletti” Perec entra nei pensieri dei suoi Jérôme e Sylvie per dirci che
«[…] Continuavano la vita caotica: corrispondeva alla loro inclinazione naturale. In un mondo pieno di imperfezioni, non era, se ne rendevano conto, la più imperfetta» (corsivo mio).
Impossibile non pensare che quel sostantivo, invertito di polarità, non abbia determinato la scelta del titolo, e quindi di uno dei temi di fondo. Jérôme e Sylvie, negli anni della ricostruzione e del boom economico sono ancora impegnati in un rifiuto morale, nel resistere finché possono al modello imposto dalla nasceste società borghese, mercificata e inquadrata dentro gli schemi di un capitalismo rombante. Anna e Tom, hanno ormai superato quella fase. Il loro mondo quel modello capitalista lo ha ormai metabolizzato e digerito. Per dirla con Mark Fisher, loro non conoscono altro: nessun’altra cultura, nessun’altra realtà. Rispetto ai predecessori francesi, in loro rifiuto e contestazione si declinano in modo del tutto diverso. Se quella di Perec è la storia di una progressiva assuefazione e di un finale cedimento al capitalismo materialista, i protagonisti di Latronico si muovono a proprio agio dentro quel recinto sin dall’inizio.
E arriviamo al percorso di lettura. Le perfezioni è la storia di una coppia di ragazzi italiani (lo deduciamo noi, a buon diritto, perché questo non è mai confermato apertamente nel testo) trasferitisi a Berlino e impegnati come designers di siti web (quelli che con un virtuosistico – ma anche no! – doppio carpiato in avvitamento si definiscono ormai da decenni “creativi”). Li seguiamo mentre affrontano le insidie dei vent’anni: mentre cercano di scoprirsi come coppia e come abitanti del terzo millennio; mentre sfruttano le potenzialità offerte dall’epoca del digitale, ma ne patiscono anche i lati negativi; mentre si costruiscono a fatica una loro identità politica, una via di impegno etico e civile; mentre provano a instaurare relazioni personali, anche nella loro condizione di digital nomads (ma forse il corsivo si potrebbe ormai evitare); mentre cercano esperienze forti, in quello che Pecoraro ha definito come “il tempo di pace”.
Facile dunque, a proposito di questo testo, finire a parlare di romanzo “generazionale”, che racchiude e rappresenta i patemi e i dilemmi di noi millennials (sia lo scrittore che il sottoscritto apparteniamo alla categoria) trovatici a dover gestire le orme di infanzie quasi perfette (eccoci!) proiettate verso un futuro melmoso e indecifrabile. La tesi suonerebbe un po’ pigra ma ha comunque buon diritto di esistere. Aleggia nel testo una nota di riflessione esistenziale e soggettiva, un indagare il senso di una felicità che sfugge perché rimane indecifrabile più che irraggiungibile.
Indubbiamente questi aspetti non possono che coinvolgerci (soprattutto in chi condivide una certa età anagrafica), non possono che suscitare empatia e senso di già visto e vissuto. Il libro pone domande su cui ci siamo soffermati, dubbi che ci siamo posti, problemi che non abbiamo risolto, riflessioni a cui tentiamo di dare la dovuta attenzione. Però questo aspetto rischia sempre di trasformarsi da punto di forza a potenziale debolezza. Latronico rischia sempre di voler dire troppo e troppo in fretta, di elencare non solo gli oggetti ma anche gli argomenti di dibattito virtuale. In un libro pieno di virtuosismi linguistici e sintattici, stonano i momenti di scrittura a tema: i debolissimi passaggi sul ruolo dei social, sulla crisi dei migranti, sulle elezioni americane (marginali sì, ma fino a un certo punto).
E quindi proprio il modello letterario prescelto, alla fine, si trasforma un po’ in zavorra. Perché invita a un confronto che Le perfezioni regge benissimo sul piano estetico, ma non su quello politico, in senso ampio. Troppo eversivo, innovativo, elettrizzante l’originale, quanto volutamente addomesticato il secondo. Ma ci sembra in fondo abbastanza plausibile che Latronico questo rischio lo avesse giù messo in conto e abbia deciso di correrlo comunque.
Emiliano Zappalà
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