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#ScrittoriInAscolto - incontro con Jessie Burton, il ritorno dell'autrice de Il miniaturista: «Sono io la miniaturista»

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L’esordio – nel 2014 – con un romanzo bestseller tradotto in tutto il mondo, una serie tv, altri libri che ne hanno sancito il legame col pubblico: Jessie Burton, autrice del celebre Il miniaturista (da cui è stata appunto tratta la bella miniserie con Anya Taylor-Joy, apprezzata anche dalla stessa autrice), è appena tornata in libreria con La casa del destino, sequel ideale del suo primo romanzo. La Nave di Teseo, che pubblica questo ultimo romanzo nella traduzione di Elena Malanga, ci ha invitati in casa editrice insieme a un gruppo ristretto di giornalisti e blogger per dialogare con la scrittrice inglese. Un’occasione molto interessante per entrare nella storia della famiglia Brandt, nei processi di scrittura, negli spunti di riflessione a cui si apre la narrazione. Ambientato ad Amsterdam nel 1705, con uno stacco temporale di diciotto anni rispetto a Il miniaturista, riporta il lettore tra le mura della casa sullo Herengracht, un tempo tra le ville più lussuose della città, l’antico sfarzo portato via dalle difficoltà derivate dallo scandalo che ha colpito la famiglia, la tragica morte di Joannes, la perdita di Marion, la bambina da allevare e proteggere. Prima di tutto dai segreti stessi della famiglia, celati dietro porte chiuse, bisbigli, verità taciute. E l’antico spettro della miniaturista, che forse è tornata nelle loro vite, mentre tutto sembra andare in pezzi.

La casa del destino
di Jessie Burton
La Nave di Teseo, gennaio 2023

pp. 448
€ 22,00 (cartaceo)
€ 12,99 (ebook)

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A introdurre il dialogo è l’autrice stessa:
Questo è il mio quarto romanzo, una sorta di sequel de Il miniaturista. Inizialmente pensavo che quello fosse un universo completo, su cui non sarei più tornata, anche per via del riconoscimento che ne è seguito. Ma dopo sei anni – anzi, a esser precisi 8 dal completamento – mi sono resa conto che quella storia occupa un posto particolare nella mia scrittura e che praticamente avevo terminato il romanzo con un inizio, un invito a proseguire. Ho scelto di iniziare a raccontare partendo dalla diciottenne Thea così da creare un effetto a specchio, perché anche Nella nel romanzo precedente aveva la stessa età, e questo scatena diversi ricordi. La casa del destino ha un approccio più riflessivo, intimo: è il viaggio interiore di Nella per capire che cosa c’è nel suo passato; ma è anche l’esplorazione delle dinamiche famigliari rispetto a coloro che vogliono la verità (Thea) e coloro che invece vorrebbero mantenere certi segreti; è il racconto di come le persone interloquiscono tra loro e dei drammi che derivano dal non dirsi certe cose. 

Altra cosa che mi ha particolarmente interessata è il simbolismo botanico, qui rappresentato dall’ananas, e i semi che all’epoca venivano importati dalle colonie nel tentativo di adattarli al clima dei paesi del nord: rappresentano la promessa di fertilità, ma anche dolore, iniquità, violenza. Volevo poi assicurarmi che questo romanzo fosse una fonte di intrattenimento, una storia che permettesse ai lettori di immergersi nel suo mondo e offrire una fuga dalla realtà, pur presentando personaggi autentici anche se non reali. È stato difficile da scrivere, sono passata attraverso tre bozze, rifacendolo ogni volta. Spero non sia considerato solo il seguito de Il miniaturista ma che possa avere vita indipendente.
Burton si concentra sulle nostre domande e partiamo riflettendo sulla costruzione corale di questa storia, su quale sia stato il processo di scrittura:
Inizialmente c’è la sola voce di Thea, sono partita da lei e non ho avuto difficoltà a costruirla. Mi sono presto resa conto che dovevo riportare in scena Nella, che per me è una sorta di vecchia amica, e mi è venuta fuori spontanea. Volevo dimostrare come due persone vicine spesso sentano la stessa cosa ma non si comprendono. Sono poi apparsi Otto e Cornelia, dare voce a tutti è stato difficoltoso. Ne Il miniaturista c’era la sola voce di Nella e per questo la narrazione è claustrofobica: qui invece ho voluto creare una voce diversa per ogni capitolo e quindi la narrazione ha un respiro maggiore. È anche utile per i lettori che in questo modo si sentono più vicini alla storia, più coinvolti.
Il rapporto tra Thea e Nella, cuore della storia, ci ha molto incuriosito e qualcuno chiede appunto come sia stato costruito e quanto dell’una ci sia nell’altra:
Sono entrambe donne con una volontà molto forte, molto simili nei loro diciotto anni e da qui deriva la tensione fra loro. La cosa più difficile per Nella da accettare è il risentimento nei confronti di qualcuno che hai cresciuto.

Riflettendo poi in generale sui personaggi femminili, tutti a loro modo molto potenti, capiamo un po’ di più della postura autoriale di Burton:
La maggior parte del tempo non so come la storia andrà a finire, cosa succederà, ma non sono i personaggi a dominarmi, a guidare: io sono un po’ la miniaturista, sono io che li muovo e controllo, anche se talvolta cerco di fare un passo indietro. Nonostante tutto li percepisco sempre reali, con una vita propria.
Il mondo evocato da Burton – l’età d’oro olandese tra Sei e Settecento, il mondo dei mercanti, la società – è costruito attraverso molti dettagli anche del quotidiano e viene naturale quindi chiedere all’autrice su quante e quali ricerche storiche si basi:
Per Il miniaturista avevo condotto moltissime ricerche, che mi sono tornate molto utili anche in questo caso e infatti stavolta la fase di studio ha richiesto molto meno tempo e principalmente su determinati argomenti, tra cui le questioni botaniche, molto importanti ne La casa del destino. Uno dei vantaggi derivati dallo scrivere dell’era d’oro olandese è la ricchezza di testimonianze, specie pittoriche, che abbiamo, da cui è possibile trarre moltissimi dettagli della vita quotidiana.
Ma alla fine una ragazza come Thea potrebbe davvero essere esistita?
Si potrebbe dire che mi sono presa una licenza artistica. Non possiamo dirlo con certezza che una ragazza nella sua posizione avrebbe fatto certe scelte. Ma da ricerche che ho condotto diciamo che potrebbe essere plausibile…

Intervista a cura di Debora Lambruschini. Ringraziamo la casa editrice e l'ufficio stampa per l'invito.