Un crogiolo di vite in un carcere femminile: Isa Mari torna con "Nella città l'inferno" per Readeforblind


 

Nella città l'inferno
di Isa Mari
Readerforblind, gennaio 2023

Prefazione di Sara Bilotti

pp. 276
€ 17 (cartaceo)


Tutto è chiuso. Siamo al riparo: dalla pioggia e dal vento. tutto è chiuso. Siamo sole. Tempo propizio per confidenze, spiritismi, carte e sortilegi. Si parla anche di coscienza e di Dio. E ci si sente in pace con l'una e con l'altro. (p. 102)
Isa Mari, pseudonimo di Luisa Rodriguez Mercurio, è un nome che probabilmente non dirà nulla a molti di voi, com'è successo a me. Di lei sappiamo poco: figlia di una coppia d'attori, a un certo punto della sua vita viene incarcerata nella casa circondariale femminile di via delle Mantellate (parte dell'odierna Regina Coeli) per motivi politici e da quell'esperienza scriverà un libro dal titolo "Roma, via delle Mantellate" da cui, a sua volta, fu tratto il film "Nella città l'inferno", 1959,  interpretato da Anna Magnani e Giulietta Masina.
Poco prima dell'uscita del film, il libro assunse il titolo della pellicola.
Dunque in parte autobiografico, viene ripubblicato dopo vari decenni dalla casa editrice Readerforblind, con la copertina che ritrae proprio una disperata Anna Magnani in veste di prigioniera.
Si tratta di un romanzo corale raccontato dal punto di vista di una donna senza nome, probabilmente un personaggio che detiene le esperienze reali della Mari, e che descrive ogni sua compagna di prigionia attraverso le sue colpe, i suoi delitti, le sue angosce. 
Ci troveremo allora immersi anche noi in questo piccolo mondo di prostitute, ladre, assassine, borseggiatrici, meretrici, taccheggiatrici, incestuose e chi più ne ha più ne metta: controllate e anche "coccolate" da alcune suore, riusciranno a intessere relazioni d'amicizia, d'amore, ma anche d'odio e d'invidia. 
Nel vecchio edificio, tomba di drammi segreti e vergognosi; crogiuolo di sofferenze; accentramento di ignoranza e di miseria, stagno di corpi inariditi nel vizio, di spiriti sordi, irrompe, con la veemenza di un fiume in piena, la vita. (p. 61)
Ovviamente si tratta di donne senza istruzione, forse fatta eccezione delle politiche, come vengono chiamate nel libro, ovvero delle detenute che si trovano in carcere per motivi politici, e dunque la narrazione procede tra massicce parti scritte in dialetto romanesco e lo stile dell'autrice spiccio, asciutto, senza fronzoli. Isa Mari non risparmia nulla: ci racconta di donne che hanno rubato, che hanno ucciso i propri figli, i propri mariti, così a sangue freddo, a causa di un tradimento o di una forte delusione; ci parla, nella massima dovizia di dettagli, di come alcune detenute finite dentro per taccheggio, organizzavano i colpi; e di come è possibile diventare una criminale, con una facilità e una fatalità talmente semplici da pensare che chiunque, in condizioni particolarmente sfortunate, potrebbe finire insieme a loro.
Nel carcere delle Mantellate vi è ogni tipo di sfumatura umana: la negromante, l'interprete di sogni, la prostituta che racconta quanto le piacessero il sesso e il soldi, la vergine, l'incestuosa che andava a letto col figlio, l'assassina che ha lasciato morire la sua neonata, l'artista circense francese che non sa perché è finita lì dentro. 
Un vero e proprio marasma di volti e corpi, coperti e nudi, spenti e ancora desiderosi di qualche carezza, che molto ricorda (volendo trovare un parallelismo) il più moderno racconto di un carcere femminile rappresentato in "Orange is the new black", fortunatissima serie tv americana che ci ha portati nel penitenziario di Litchfield, una prigione federale femminile di minima sicurezza nello stato di New York. 
I nomi e i personaggi nel testo, per ovvie ragioni, sono molti, ma la storia di ogni donna è ben raccontata, in modo rapido e chirurgico, e nonostante la sofferenza, la miseria, la disperazione, la lotta per le piccole cose, anche in quel luogo riesce a sbocciare la speranza. 
L'occhio aperto da Antonella nella finestra del gabinetto era rimasto lassù tale e quale, coperto, quando non serviva, da una palpebra di bandone di ferro. Lo chiamavamo Polifemo. (p. 209)
Tale Polifemo sarà determinante almeno per una delle donne detenute in carcere.
Bellissima la descrizione del rapporto tra alcune di loro: Antonella e Paola soprattutto, minorenne la prima, maggiorenne e incallita ladruncola la seconda, legate da un sentimento d'affetto, e forse (almeno da parte di una delle due) da uno slancio d'amore.
Consiglio la lettura del libro prima e la visione del film in un secondo momento.
Piacerà a chi ha amato la serie tv americana con Piper, Alex e Red, e a chi è appassionato di storie, in forma di libri o di film, neorealiste.

Deborah D'Addetta