Lezioni italiane
di José Saramago (a cura di Giorgio De Marchis)
La Nuova frontiera, 2022
Traduzione di Marta Silvetti e Letizia Grandi
pp. 156
€ 16,90 (cartaceo)
€ 10,99 (ebook)
Ricordo bene la prima opera che lessi del premio Nobel portoghese José Saramago: si trattava de Le intermittenze della morte (qui la recensione), e questa distopia mi colpì moltissimo per l'attualità delle questioni affrontate.
Mi dedicai poi a molti altri libri di Saramago e la sua punteggiatura peculiare, unita a storie magnetiche e senza tempo, mi hanno condotta a voler approfondire non solo i suoi romanzi, ma anche tutta la sua bibliografia.
A questo proposito, e in occasione del centenario della nascita del Nobel portoghese, è stato da poco pubblicato il volume Lezioni italiane (La Nuova Frontiera, 2022) a cura di Giorgio De Marchis: vi sono raccolti dieci testi di conferenze, seminari e incontri tenuti dallo stesso Saramago tra il 1989 e il 2003 nelle università di diverse città italiane.
Il libro sorge dalla necessità di riflettere su temi cari al Nobel portoghese, senza dimenticare il legame che lo univa al nostro Paese: se infatti l'Italia gli ha tributato tre lauree honoris causa (dall'università di Torino, da quella di Roma Tre nel 2001 e da quella di Siena nel 2002), Saramago ha sempre dato prova di profondo affetto ed ammirazione per il nostro Paese:
L'Italia dovrebbe essere (mi si perdoni l'esagerazione, se in essa non ho compagni) il premio per essere venuti a questo mondo. Una divinità che sia davvero incaricata di distribuire la giustizia e, e non gli affanni, esperta d'arte, dovrebbe mormorare all'orecchio di ciascuno di noi, almeno una volta nella vita: «Sei nato? Allora vai in Italia». Proprio come chi se ne va alla Mecca, o in altri luoghi meno contestati, per garantirsi la salvezza dell'anima. (p. 7)
La raccolta inizia con l'autobiografia dell'autore, da lui redatta e aggiornata sino al 2008, per poi proseguire con le "lezioni italiane", alcune delle quali inedite fino a oggi, il cui ordine nel libro è rimasto inalterato rispetto all'epoca in cui sono stati pubblicate per la prima volta in Italia.
Una lettura d'insieme di queste conferenze offre al lettore un importante approfondimento circa le tematiche che maggiormente stavano a cuore a Saramago: le sue parole sono un invito interrogarsi su questioni e valori universali.
Con una certa sorpresa da parte di chi mi ascolta, ormai da qualche tempo vado dicendo che mi interessa sempre meno parlare di letteratura. Potrebbe sembrare una provocazione l'atteggiamento dello scrittore che, per rendersi più interessante, lancia dichiarazioni inattese e gratuite. E non è così. La verità è che dubito proprio che si possa parlare di letteratura così come dubito che si possa parlare di pittura o che si possa parlare di musica. È ovvio che si può parlare di tutto, così come si parla dei sentimenti e delle emozioni, sarebbe assurdo pretendere di ridurre al silenzio coloro che scrivono, o coloro che leggono, o coloro che sentono, o coloro che compongono musica o che dipingono o che scolpiscono, come se l'opera in sé contenesse già tutto ciò che è possibile dire e tutto ciò che viene dopo non fosse altro che un'inesauribile glossa. Non è questo. Succede, però, che a volte io provi il desiderio di limitarmi a una muta contemplazione al cospetto di un'opera conclusa, con la consapevolezza che, in qualche modo, nelle sfere dell'arte e della letteratura, abbiamo a che fare con ciò a cui diamo il nome di ineffabile. E l'ineffabile, proprio per il fatto di esserlo, è ciò che non può essere spiegato, anche se si deve evitare la tentazione di cadere in idee di carattere trascendentale, dove tutto troverebbe una spiegazione precisamente nel fatto che non c'è spiegazione alcuna. (pp. 73-74)
La scelta di porre prima dei testi delle conferenze la biografia di Saramago non solo aiuta il lettore ad inquadrare le vicende personali e la bibliografia dell'autore, ma consente anche di svelare la ragione dei temi affrontati dall'autore nel corso delle sue lezioni universitarie.
A titolo di esempio non possiamo non citare la questione dell'identità e del riconoscimento che da sempre percorre l'intera opera di Saramago, e che risale probabilmente agli equivoci verificatisi nel corso della sua registrazione all'anagrafe dopo la nascita:
I miei genitori si chiamavano José de Sousa e Maria da Piedade. José de Sousa sarebbe stato anche il mio nome se l'impiegato dell'anagrafe, di sua iniziativa, non avesse aggiunto il nomignolo con cui la famiglia di mio padre era conosciuta in paese: Saramago (bisogna spiegare che il saramago è una pianta erbacea spontanea, le cui foglie, a quel tempo, in periodi di magra, erano utilizzate come alimento nella cucina dei poveri). Solo sette anni dopo, quando dovetti presentare alla scuola elementare un documento d'identità, si venne a sapere che il mio nome completo era José de Sousa Saramago... Non è stato questo però l'unico problema di identità a cui ero destinato sin dalla culla. Sebbene sia venuto al mondo il 16 novembre del 1922, i miei documenti ufficiali indicano che sono nato due giorni dopo, il 18: è stato grazie a questo piccolo imbroglio che la mia famiglia sfuggì al pagamento della multa per mancata dichiarazione di nascita entro i termini di legge. (p. 29)
Un'altra questione che vale la pena approfondire è quella inerente alle figure femminili ideate da Saramago all'interno delle sue opere alle quali l'autore attribuisce molto spesso un potere salvifico, come nel caso di Cecità (Feltrinelli, 1996, titolo originale: Ensaio sobre a Cegueira, traduzione di Rita Desti, qui la recensione) e di Memoriale del convento (Feltrinelli, 1984, titolo originale: Memorial do convento, traduzione di Rita Desti):
Suppongo che le mie lettrici apprezzeranno che questa sia una costante, perché realmente, come personaggi, sono sempre le donne a salvare i miei libri. Non che gli uomini non siano brave persone, lo sono e possono esserlo, ma accanto a loro sembrano sempre dei piccoli apprendisti (...). Il fatto di essere stato allevato da donne, di essere sempre vissuto e cresciuto tra donne, ha permesso, in definitiva, che imparassi da loro cosa sia veramente benefico, non in senso utilitaristico, ma in profondità e umanità. Questo lo devo alle donne e i miei libri lo riflettono. (p. 94)
Questi sono soltanto alcuni dei temi trattati ne Lezioni italiane nel corso delle conferenze universitarie tenute da Saramago e, nonostante a volte ci si scontri con un ragionamento assai complesso, il linguaggio è sempre limpido ed accessibile al lettore, mai cattedratico o presuntuoso.
In questo modo Saramago raggiunge lo scopo di riuscire a comunicare anche con lettori che non sono tecnici della materia letteraria e di invitarli all'approfondimento delle questioni politiche, culturali, sociali e religiose che da sempre animano la sua bibliografia, accompagnandoli verso la riscoperta di opere delle quali non smetteremo mai di avere bisogno.
Ilaria Pocaforza