Il freddo, fuori e dentro gli animi: "Un inverno freddissimo" di Fausta Cialente




Un inverno freddissimo
di Fausta Cialente
Nottetempo, ottobre 2022

a cura di Emmanuela Carbé

1^ edizione: 1966
pp. 288
€ 18 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)


Intanto so di aver imparato una cosa: che tutti nuotiamo per arrivare, tutti dobbiamo attraversare qualche tempesta, ma non a tutti è dato di arrivare, c'è sempre qualcuno che va a fondo e annega... (p. 252)

Torna in libreria con la curatela di Emmanuela CarbéUn inverno freddissimo di Fausta Cialente, romanzo finalista del Premio Strega nel 1966 e ingiustamente finito fuori catalogo da troppo tempo. La casa editrice nottetempo dà inizio con questo titolo alla meritoria riedizione delle opere della scrittrice, che, pur figurando tra le più importanti del Novecento, è stata spesso dimenticata dalla critica e dal mercato editoriale. 

Ambientato interamente nell'inverno tra il 1946 e il '47, il romanzo ha al centro un freddo che penetra tanto nella soffitta milanese di Camilla quanto nelle ossa e negli animi dei personaggi. La capostipite, donna di grande senso pratico e di una bellezza non ancora sfiorita, è rimasta sola all'inizio della guerra (non si sa cosa sia accaduto al marito) e spera che tornare in città dopo gli anni della guerra passati nella casa di campagna possa rappresentare un nuovo inizio. Non solo per sé, ma anche e soprattutto per i tanti suoi famigliari che abitano in quello spazio ristretto con lei: i figli, Alba, Guido e Lalla; il nipote Arrigo con la moglie Milena, tanto per cominciare. Con loro c'è anche Regina, la fidanzata dell'altro nipote di Camilla, Nicola, morto in guerra come partigiano; la ragazza, che ha appena partorito, stringe tra le braccia Nicoletta, la bambina che Nicola non vedrà mai. Poco più in là c'è un vicino di casa che spesso passa molto tempo nella soffitta: è Enzo, un giovane antifascista che è rientrato dall' Egitto; anche lui ha perso l'amore della sua vita e spera di ricominciare a vivere a Milano. Con lui spesso Camilla si lascia andare a discorsi pieni di preoccupazione, ma non per questo disperati: la donna confida che ognuno di loro possa trovare la propria strada. Certo, occorre pazientare, sopportare quella soffitta riscaldata solo dalla stufa, i tanti piani di scale, il bagno in comune sul ballatoio, la scarsa riservatezza concessa dai divisori di stuoie, quel continuo pestarsi i piedi condividendo spazi, cibo e persino speranze. 

Se il dodicenne Guido, dopo la scuola, continua a sognare gli spettacoli teatrali e il cinema, la sorella quattordicenne, Lalla, spera un giorno di diventare una scrittrice. Diversamente, la sorella maggiore, Alba, fa più fatica ad adattarsi alla situazione presente in quell'"albergo dei poveri", etichetta con cui viene bollata corrivamente la soffitta di Camilla. Alba sogna per sé un altro futuro, un riscatto; insomma, «voleva soltanto "stare meglio", ciò che tutti volevano e di cui tutti parlavano, ciascuno a suo modo, fino alla stanchezza, fino a darle la nausea, e li avrebbe tutti portati, come temeva, a "dimenticare i sentimenti"» (p. 148). 

Arrigo, violinista in un'orchestra e insegnante di violino, evade dal suo quotidiano parlando di musica, infervorandosi per decisioni prese sconsideratamente dal direttore d'orchestra e sperando in un futuro diverso. Peccato che, nell'altra metà del letto, la moglie Milena, pigra e insofferente a tutto, specialmente alla vita pratica, non lo ascolta e si addormenta. 

Ben più rassegnata alla situazione presente e profondamente grata a Camilla, Regina è tutta presa dal suo ruolo di neomamma. Se, infatti, i suoi genitori l'hanno cacciata alla notizia della sua gravidanza, Camilla ha accolto fin da subito la fidanzata del suo nipote defunto e la sta aiutando come una madre. I dubbi che avvolgono Regina (pur senza travolgerla), riguardano semmai il suo futuro di donna: «Camilla sembra sapere ch'era molto bella, un tipo fatale. Io invece! Sono come una di quelle case crollate, la facciata sta su ma dentro c'è il vuoto» (p. 87). 

D'altra parte, la capostipite è ben conscia che la guerra non è passata invano: ha cambiato profondamente le aspirazioni dei giovani, ha travolto la mentalità e il divario generazionale si sta facendo avvertire sempre più forte: 

«Questa volta fu Camilla a ridere. "Mi sembra che parliamo come nei libri di scuola. Quando mai i genitori sono stati un esempio per i figli, Enzo, io queste illusioni non le ho più davvero! È già tanto se siamo sopportati"». (p. 63)

E così l'inverno, con la sua morsa gelida che non accenna a lasciare Milano, si fa sentire anche tra i personaggi: c'è chi pensa di stringersi più forte agli altri; c'è chi decide di mettere a risposo i propri sogni, in attesa di un futuro migliore; c'è chi preferisce abbandonare tutto all'improvviso e provare a ricominciare. Inutile precisare che le conseguenze saranno diversissime: «La morte entra in una casa come un terribile colpo di vento, ogni cosa sparpaglia con furia» (p. 212), e anche gli abitanti della soffitta dovranno capire come affrontare il dolore della perdita. 

Romanzo d'interni, che si concentra soprattutto sulle riflessioni e sui dialoghi tra i personaggi, Un inverno freddissimo è raccontato con uno stile decisamente personale: se abbiamo modo di avvertire alcune istanze contenutistiche tipiche del dopoguerra (Cialente ha avuto vent'anni per scrivere di quel 1946-'47, vent'anni cruciali per quanto riguarda le tendenze letterarie italiane), la scrittura è invece più tradizionale. Al tempo stesso, viene da chiedersi come abbia fatto Fausta Cialente a restare così autonoma dalle correnti letterarie che concorrevano a condensare e rarefare la prosa negli anni Sessanta. Forse l'ha salvata il suo stare per parecchio tempo fuori dall'Italia, o forse la sua natura cosmopolita. Fatto sta che, leggendo Un inverno freddissimo, viene da pensare a una scrittura svincolata dal tempo, dalle mode,  che piega semmai solo alle esigenze narrative di dar voce a diversi personaggi e ai loro pensieri. 

Questo è un romanzo da recuperare lentamente, da leggere centellinando le pagine e, se lo farete, poco alla volta vi ritroverete nella soffitta di Camilla, avvertirete quel freddo nella pelle, vedrete chi in quella Milano che porta i segni dei bombardamenti si intravede una rinascita e scoprirete gli sguardi in tralice di chi, invece, pensa solo ad andarsene. Leggere Un inverno freddissimo sarà un'esperienza forte, lontana dalla maggior parte delle nuove uscite editoriali, e vi verrà più volte da sospirare: per fortuna. 

GMGhioni