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Dalla penna raffinata di Sacher-Masoch, un bellissimo classico della letteratura erotica. La donna angelo e donna mefistofelica di "Venere in pelliccia"

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Venere in pelliccia
di Leopold von Sacher-Masoch
Edizioni SE, novembre 2021

Traduzione a cura di Giulio De Angelis e Maria Teresa Ferrari

pp. 176
€ 19,00 (cartaceo)


Quando un libro è ben scritto, la penna del suo autore è riconoscibile, non è piatta e banale, i suoi argomenti continuano a riproporsi o ad essere riproposti in ogni tempo, allora quel libro diventa un classico, una sorta di modello, di archetipo per gli autori moderni e contemporanei.


Venere in pelliccia di Leopold von Sacher Masoch è un classico della letteratura erotica, un piccolo gioiello di scrittura elegante e sofisticata, che nulla ha a che vedere con l’attuale produzione del genere. Basta soffermarsi sul cognome dello scrittore austriaco per intuire di cosa si parla nel libro: il dolore, la sofferenza e la dominazione nel rapporto amoroso visto come fonte di piacere.

La storia ha una cornice e, per un brevissimo tempo, due punti di vista.

Il libro si apre infatti con la narrazione di un sogno da parte di un giovane: egli aveva sognato di parlare ad una donna bellissima, ma di marmo, la dea Venere in persona, dalla bellezza abbagliante, ricoperta da una pelliccia. Al risveglio racconta il sogno al suo amico Severin, un ricco proprietario terriero galiziano - che diventerà poi il personaggio principale del romanzo - e nota nella sua stanza un dipinto straordinario che gli ricorda la Venere del sogno di quella notte.

Severin allora gli racconta la storia di quel quadro, gli spiega che il soggetto dipinto è una donna che lui ha conosciuto e che si è fatta ritrarre come la Venere allo specchio di Tiziano. Gli consegna anche un diario, un quaderno dove racconta l’esperienza più sconvolgente della sua vita: la sua condizione di schiavo di una ricca e bella vedova di nome Wanda von Dunajew. Il titolo del manoscritto è eloquente: confessioni di un sovrasensuale.

Noi scopriremo insieme all’amico di Severin quella vicenda, scritta nel lontano 1870 e ci sorprenderà ancora di più scoprire che Sacher-Masoch ha raccontato attraverso le perversioni di Severin le sue stesse devianze. L’opera, infatti, è autobiografica.


Tanta sensualità e poesia, scene di torture fisiche, immagini stupende di Firenze, nido d’amore/schiavitù della coppia, un contratto che stringe come una catena il giovane alla ricca e bella vedova autorizzandola a disporre di lui come meglio crede, anche a ucciderlo se sarà suo piacere.


Il romanzo è breve e in questo scritto non si racconterà nulla della trama del diario di Severin, si lasciano però alcune delle citazioni più significative del libro.


“Casualmente, mi soffermai su un dipinto che già avevo adocchiato più volte, ma che, in quel frangente, il riflesso del fuoco proveniente dal camino mi proponeva in una prospettiva nuova.

Si trattava di una grande opera pittorica a olio di scuola fiamminga, caratterizzata da colori vivaci e vigorose pennellate, ma quello che più impressionava della sua particolarità era il soggetto. Nuda, parzialmente celata da una pelliccia nera, una splendida donna, con il volto impresso in un sorriso, la folta capigliatura raccolta in una crocchia sulla quale la cipria pareva brina, adagiata su un’ottomana si sosteneva sul braccio sinistro. La sua mano destra giocherellava con una frusta mentre lei, con indolenza, puntava il piede scalzo su un uomo, prono innanzi a lei come uno schiavo o un cane, e quest’uomo, i cui lineamenti erano pesantemente scavati, ma ritratti con minuzia, lasciava trasparire una quieta malinconia e l’abnegazione della passione. Quegli guardava in direzione della donna con occhi appassionati e colmi di lussuria, ma era solo come sgabello che lei lo considerava. Quell’uomo era Severin, senza barba, più giovane di almeno una decina di anni.

“Venere in pelliccia!”, proruppi, indicando il quadro: “Tale e quale a come mi è apparsa in sogno”.


Oh!”, rispose lei, “Noi siamo fedeli fin quando persiste il sentimento d’amore, ma voi richiedete alla donna di essere fedele pur non amando e senza che tragga piacere dal rapporto. Chi è dunque più crudele, la donna o l’uomo? Sapete qual è il problema? Voi nordici prendete l’amore troppo seriamente. Parlate di doveri laddove si dovrebbe far riferimento ai soli piaceri”.
“Sì signora, ma abbiamo anche sentimenti rispettosi e relazioni durature”.
“Certo, e tuttavia nutrite un’eterna bramosia e un’insaziabile nostalgia per il paganesimo nudo”, obiettò la signora. “Quell’amore che è la somma gioia, la serenità degli dèi non è cosa di voi uomini contemporanei, figli del troppo pensiero. Non vi si addice. Appena tentate di essere naturali, divenite volgari. La natura vi si presenta come qualcosa di ostile, avete trasformato in demoni i sorridenti dèi dell’Ellade e di me avete fatto una creatura luciferina

 

“Più la donna si mostra accondiscendente, più l’uomo si raffredda e si allontana, ma tanto più saprà essere crudele, infedele, dispotica e capricciosa, più ne accenderà l’amore. È stato sempre così dai tempi di Elena e di Dalila, già giù fino a Caterina II di Russia e Lola Montez”.

 

“La serena sensualità dei Greci, una felicità priva di dispiaceri, ecco l’ideale verso cui quotidianamente tendo. Non credo al genere di amore promosso dal cristianesimo, dai contemporanei cavalieri dello spirito. Sì, è così, sono qualcosa di peggio di un’eretica, sono dedita al paganesimo. Crede, forse, che la dea dell’amore si fermò a riflettere il giorno che nel bosco dell’Ida vide in Anchise qualcosa che le piacque? Mi ha sempre affascinato questa frase di Goethe presente nelle Elegie romane. In natura ci si concedeva solo a quell’amore che le divinità gradivano”.


Se non posso trovare una nobildonna solare che sappia essermi fedele e condivida volentieri con me un amore completo, preferisco essere schiavo di una donna priva di virtù, senza fede, senza pietà. Se non posso godere interamente delle gioie dell’amore, voglio assaporarne fino allo sfinimento i dolori e i tormenti. Insomma, voglio essere tradito e maltrattato da colei che amo. E più crudele si dimostrerà, più ne saprò trarre godimento”.

“Ma è consapevole di quello che dice?”.

“La amo con tutto me stesso”, ribattei, “e la sua vicinanza mi è indispensabile, se debbo continuare a vivere. Scelga dunque tra questi due ideali quello che la aggrada. Sarò per lei quello che desidera, marito o schiavo”.


Marianna Inserra