L’universo della Comunicazione Tecnologica sarebbe attraversato allora da gruppi di guerriglieri della comunicazione che reintrodurrebbero una dimensione critica nella ricezione passiva. La minaccia per cui “the medium in the message” potrebbe allora diventare di fronte al medium e al messaggio, il ritorno alla responsabilità individuale. Di fronte alla divinità anonima della Comunicazione Tecnologica, la nostra risposta potrebbe essere: “ Non la Tua, ma la nostra volontà sia fatta”. (pp.39-40)
Confermando quello che ha detto McLuhan in Understanding Media (scritto nel 1964, tradotto in Italia da ilSaggiatore nel 1967 con il titolo Gli strumenti del comunicare), Eco sostiene che la comunicazione sia diventata un bene di consumo e che «la Comunicazione si è trasformata in industria pesante» (p.18)
Quando il potere economico passa da chi ha in mano i mezzi di produzione a chi in mano i mezzi di informazione che possono determinare il controllo dei mezzi di produzione, anche il problema dell’ alienazione cambia significato. (p. 19)
Questo scritto risale al 1967 ed è impressionante quanto sia attuale: non esisteva ancora internet e il mondo dei social, il Villaggio globale, ma la stampa, la radio e la tv erano i padroni indiscussi della comunicazione. Oggi che la tempesta dell’informazione si è trasformata in un vero uragano, le fake news – che esistevano già allora -fanno parte della quotidianità all’ennesima potenza, il pericolo di una passività narcolettica incombe sulla nostra testa come una spada di Damocle. Per una guerriglia semiologica, questo è il titolo del saggio che apre il libro (apparso in Il costume di casa, Milano, Bompiani 1973), Eco pone l’attenzione su questo rischio, ma la sua posizione è meno apocalittica di tanti suoi colleghi ed è in linea con quella di McLuhan: quando trionfano i mezzi di comunicazione di massa, l’essere uomo non muore, semplicemente cambia insieme alla sua percezione del mondo. Il vero problema di questo fenomeno non è individuare la quota di verità di un messaggio trasmesso da un media, ma la variabilità delle interpretazioni di quel messaggio, che viene percepito e letto in maniera diversa a seconda dei luoghi, delle culture, delle sensibilità diverse.
L’universo delle comunicazioni di massa è pieno di queste interpretazioni discordanti; direi che la variabilità delle interpretazioni è la legge costante delle comunicazioni di massa. I messaggi partono dalla Fonte e arrivano in situazioni sociologiche differenziate, dove agiscono codici diversi. Per un impiegato di banca di Milano la pubblicità televisiva di un frigorifero rappresenta lo stimolo all’acquisto ma per un contadino disoccupato della Calabria la stessa immagine significa la denuncia di un universo del benessere che non gli appartiene e che dovrà comunque conquistare. (p. 32)
È impossibile controllare il potere dei media; in alcuni casi, educatori, politici, scienziati della comunicazione possono tenere sotto controllo la sua fonte e il suo canale, ma già negli anni ’60 Eco affermava la vacuità di un simile tentativo. La variabile della percezione del contenuto tra le persone è assolutamente incontrollabile ora come allora. La vera sfida dell’umanità è riuscire a preservare il pensiero critico e libero di fronte al fenomeno così totale e totalizzante della comunicazione.
Nel saggio L’uomo che morde troppo (apparso in Dalla periferia dell’impero, Bompiani, Milano 1977), Umberto Eco ci stupisce ancora per l’acume profetico di certe sue osservazioni: le strategie di comunicazione spesso si basano su notizie false.
Per compiere operazioni finanziarie (acquisto in blocco di azioni, trasferimenti di proprietà, svalutazioni a sorpresa, accordi tra concentrazioni), lo strumento principale è il silenzio. Guai a far circolare la notizia troppo presto; anzi, per lanciare “un siluro”contro chi sta preparando un colpo azionario basterebbe lasciar trapelare in anticipo delle notizie, e il piano va in fumo. Le uniche notizie che possono essere lasciate circolare liberamente sono le notizie false, lo sapeva già il conte di Montecristo, che alterava i messaggi telegrafici per rovinare i suoi avversari sul mercato azionario. Pertanto, ecco la regola: poche notizie, possibilmente false. p. 44-45)
Eco in questo scritto riflette, dunque, sulla strategia della comunicazione di massa in Italia, in particolare quella dei giornali: con la sua penna scorrevole, a volte irriverente, critica il giornalismo italiano che non ha saputo ingaggiare una efficace lotta politica, non ha saputo gestire il delicato equilibrio tra silenzio e vera protesta di fronte a scandali, eclatanti episodi di evasione fiscale, menzogne da parte di ministri. Il popolo italiano si è assuefatto agli scandali, episodi di illegalità vengono percepiti come normalità, ormai niente ci scandalizza più. Il potere che avevano i giornali di creare dibattito, protesta e denuncia, secondo Eco, è stato male utilizzato ed oggi urge prendere coscienza di ciò e riformulare da cima a fondo le teorie sulla comunicazione di massa.
Nel libro ci sono degli scritti godibilissimi, come la critica al giornale dove scriveva, cioè l’Espresso, richiestagli proprio dalla direzione della testata e quello sull’onestà delle interviste: in questi articoli, l’ironia tipica dello studioso si affianca ad una verve quasi comica, ma sempre intelligente ed acuta. Esilarante l’ipotetica intervista ad Alessandro Manzoni (I giornali somigliano sempre più ai bambini, apparso in La bustina di Minerva, Milano, Bompiani 2000): l’osservazione mossa all’atteggiamento imperante dei giornali che pubblicano notizie apparse su altri giornali, semplicemente presentandoli con taglio diverso, ricorda il comportamento tipico dei bambini che vogliono avere lo stesso giocattolo o le stesse scarpe che si illuminano dell’amichetto di banco.
Pare che oggi l’imperativo del giornalismo sia ripubblicare ad ogni costo quello che è apparso altrove. È come se Einaudi, folle d’invidia perché Bompiani ha pubblicato l’ultimo romanzo di Nanni Balestrini, si facesse in quattro per ristampare subito lo stesso identico romanzo, con una copertina diversa. (p. 113)
Questo atteggiamento probabilmente si è amplificato con il mondo dei social network: nell’oceano sconfinato dei contenuti che popolano il mondo dell’informazione social è veramente arduo trovare non tanto ciò che è vero ed attendibile, ma almeno originale!
Gli altri saggi che compongono la raccolta sono dedicati alla televisione al mondo di internet e a Wikileaks: il campo di indagine dello studioso si sposta nel delicato ambito del rispetto della libertà privata seriamente compromessa da programmi televisivi come il Grande Fratello, cui partecipano esibizionisti cronici, ed applicazioni per cellulari. Dalla spettacolarizzazione di processi giudiziari in diretta tv alla nuova epoca storica inaugurata da Wikileaks: Umberto Eco muove interessanti riflessioni su questa era della «Trasparenza Totale» ed invita ciascuno di noi, ma soprattutto chi lavora nel mondo della comunicazione e dell’informazione, nel 1967 come nel 2023, ad assumerci le nostre responsabilità.
Marianna Inserra