Figlia femmina
di Camille Laurens
2022
Traduzione di Cettina Caliò
pp. 208
€ 19 (cartaceo)
€ 9,99 (eBook)
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"È una femmina."Tutto comincia con una parola, come la luce o come il buio, come il buio che spegne la luce. Questa parola, tu la senti così tante volte, dalla bocca di Catherine Bernard, dalla voce di tua madre che, pallida sul cuscino, la diffonde al telefono, tu la senti così tante volte fin dal primo giorno, e non necessariamente la capisci [...] Comprenderai a poco a poco, attraverso le parole, la sua importanza inaugurale. (p. 24)
Essere femmina per Camille Laurens è qualcosa che comincia in un tempo zero anteriore a tutto, quello della parola, del verbo che dà forma a un mondo. Da quando quando queste poche sillabe vengono messe in fila - È una femmina - attorno alla nascitura un insieme di cose accadono: aspettative, azioni, significati si sovrappongono. È una femmina, non è un maschio. Sentirà e agirà da femmina e non da maschio.
Figlia femmina è un romanzo che comincia proprio così, con il primo piano su una neo madre e su una neonata. L'annuncio porta al mondo la nuova vita e da lì tutto succede.
Con un tono che sta in bilico tra la fiction e il memoir, Laurens racconta le vicende della propria vita dalle prime percezioni di bambina alla maturità. Sullo sfondo la società francese degli ultimi sessant'anni che è insieme specificamente connotata e allo stesso tempo un carosello rappresentativo di tante società possibili, tutte quelle nelle quali le donne faticano ancora nel sentire le proprie istanze pienamente comprese (purtroppo ancora attuali). Fin dalle prime battute di questa esistenza la protagonista sente fortemente la differenza rispetto a un universo maschile dominante, legittimo perché costantemente legittimato in teoria come in pratica.
Lo avverte in famiglia, osservando il rapporto tra i familiari e le loro relazioni con il mondo esterno, e lo avverte anche a scuola guardando ai compagni e alle reazioni degli insegnanti. Quando arrivano le prime occasioni di contatto con i ragazzi sa già che ci sono comportamenti e modelli specifici a cui guardare. Sa che anche le donne si osservano tra loro misurandosi a vicenda su questi modelli. Per buona parte del suo svolgimento Figlia femmina è il racconto di esperienze che sono sfide da superare, arrivando poi anche alla maternità come paradigma esperienziale massimo in cui alla donna è dato il compito di trasmettere e guidare tenendo fisso lo sguardo sulla stella polare dei valori patriarcali.
Nel riflettere su questo magma di momenti e sensazioni, l'autrice accenna a delle riflessioni sulla problematicità della crescita femminile in un mondo dominato dai padri, dai fratelli, dai maestri e dai mariti.
Il romanzo nasce indubbiamente dalla forza di un'esperienza che vorrebbe farsi plurale e collettiva abbracciando le storie di tantissime donne. Nominare questa esperienza significa darle forma in modo proprio e governare il flusso della narrazione.
Sono tanti gli aspetti che ci suggeriscono che questo libro sgorghi dall'esigenza di rileggere eventi della propria storia e di rileggersi in relazione ad essi. Uno tra tutti il cambio del punto di vista, che passa dal "tu" all'"io" e poi ritorna al "tu" accompagnando e scandendo questa rilettura delle tante parti di sé che si cerca di riunire infine in un'unica partitura di consapevolezza.
Benché si riconosca questo valore di intento, con dispiacere si fatica a sentirsi pienamente coinvolti dal racconto, specialmente nella prima parte del volume in cui i fatti sono posti in sequenza come in una rassegna - non senza una certa retorica - e non sono sempre realmente problematizzati. L'impressione in certi passaggi è anche quella di un dicotomico appiattimento in un "loro-noi" che si spera possa essere invece molto più sfaccettato di come viene proposto, se non per le donne che ci hanno preceduto almeno per quelle che verranno. In conclusione, la tensione di questo romanzo rimane per me nel complesso molto più singolare che plurale, meno profonda di quanto sperassi. Si lascia spazio ovviamente al giudizio di tante altre figlie femmine che lo leggeranno.
Lo avverte in famiglia, osservando il rapporto tra i familiari e le loro relazioni con il mondo esterno, e lo avverte anche a scuola guardando ai compagni e alle reazioni degli insegnanti. Quando arrivano le prime occasioni di contatto con i ragazzi sa già che ci sono comportamenti e modelli specifici a cui guardare. Sa che anche le donne si osservano tra loro misurandosi a vicenda su questi modelli. Per buona parte del suo svolgimento Figlia femmina è il racconto di esperienze che sono sfide da superare, arrivando poi anche alla maternità come paradigma esperienziale massimo in cui alla donna è dato il compito di trasmettere e guidare tenendo fisso lo sguardo sulla stella polare dei valori patriarcali.
Nel riflettere su questo magma di momenti e sensazioni, l'autrice accenna a delle riflessioni sulla problematicità della crescita femminile in un mondo dominato dai padri, dai fratelli, dai maestri e dai mariti.
Il romanzo nasce indubbiamente dalla forza di un'esperienza che vorrebbe farsi plurale e collettiva abbracciando le storie di tantissime donne. Nominare questa esperienza significa darle forma in modo proprio e governare il flusso della narrazione.
Sono tanti gli aspetti che ci suggeriscono che questo libro sgorghi dall'esigenza di rileggere eventi della propria storia e di rileggersi in relazione ad essi. Uno tra tutti il cambio del punto di vista, che passa dal "tu" all'"io" e poi ritorna al "tu" accompagnando e scandendo questa rilettura delle tante parti di sé che si cerca di riunire infine in un'unica partitura di consapevolezza.
Benché si riconosca questo valore di intento, con dispiacere si fatica a sentirsi pienamente coinvolti dal racconto, specialmente nella prima parte del volume in cui i fatti sono posti in sequenza come in una rassegna - non senza una certa retorica - e non sono sempre realmente problematizzati. L'impressione in certi passaggi è anche quella di un dicotomico appiattimento in un "loro-noi" che si spera possa essere invece molto più sfaccettato di come viene proposto, se non per le donne che ci hanno preceduto almeno per quelle che verranno. In conclusione, la tensione di questo romanzo rimane per me nel complesso molto più singolare che plurale, meno profonda di quanto sperassi. Si lascia spazio ovviamente al giudizio di tante altre figlie femmine che lo leggeranno.
Claudia Consoli