In fondo, io rappresentavo solo una metà della tragedia e senza l'altra metà ero infinitamente vulnerabile.
Avete presente quella bella sensazione che ci danno i libri noir scritti bene, architettati ancor meglio? Quando mettono in crisi tutte le nostre certezze fino all'ultima pagina? Ecco, con Frédéric Dard, autore a dir poco prolifico e famoso in Francia, con i suoi quattrocento titoli, la sensazione è sempre quella di trovarsi sulle montagne russe, in attesa che i protagonisti escano o restino intrappolati in un gioco manipolatorio di prim'ordine.
Niente è come sembra e l'autore è lì apposta, con la sua scrittura quasi cinematografica, a mettere in crisi le nostre certezze (e quelle dei personaggi malcapitati). Prato all'inglese, uscito per la prima volta in lingua originale nel 1962 col titolo La Pelouse e in Italia solo a maggio del 2022 (traduzione di Elena Cappellini), mette al centro il potere manipolatorio della seduzione.
In una giornata assolata come tante altre a Juan-les-Pins, in Costa Azzurra, il protagonista, Jean-Marie Valaise, vede una donna salire a bordo della sua automobile, quindi lui si precipita a capire cosa stia accadendo: si tratta di una coincidenza a dir poco ridicola, perché la donna ha un'automobile uguale posteggiata proprio lì accanto e si è confusa. Dopo che la donna è sparita alla sua vista, Jean-Marie scopre che sulla sua auto è rimasta la borsa da spiaggia della sconosciuta. Che fare? Non si dà particolare pena, perché lui è lì per riaversi dopo l'ennesima separazione dalla sua fidanzata, Denise.
Le coincidenze, tuttavia, non sono ancora finite e neanche i batticuore, perché quella sera, al casinò, Jean-Marie incontra nuovamente la turista, che stavolta lo colpisce col suo fascino. La donna, Marjorie Faulks, inglese d'origine, lascia intendere di sentirsi attratta da Jean-Marie e anche il giorno successivo, quando lei ha in programma di ripartire, gli lascia in pegno un suo portafortuna e un indirizzo. La promessa è quella romantica per eccellenza: scriversi. Poco conta che lei sia già sposata; d'altro canto, lascia intendere che il suo matrimonio è in crisi.
Ma, come dice il proverbio, lontano dagli occhi, lontano dal cuore, e non ci vuole molto perché la passione avvertita da Jean-Marie si plachi. Almeno fino all'arrivo di una lettera appassionata da parte di Marjorie, con la proposta di trovarsi a Edimburgo. E allora, un po' sconsideratamente, il protagonista decide di lasciare lì in Costa Azzurra Denise, che lo ha raggiunto per fare pace, e partire alla volta della Scozia. «Sembrava un sortilegio. Lontano da lei, tornavo lucido»: lo pensa in più volte Jean-Marie, ma poi basta un piccolo cenno da Marjorie perché lui prenda un aereo e la raggiunga là. Non può neanche immaginare come la frase pronunciata da Denise per canzonarlo, «Gli eroi sono stupidi», gli rimbomberà in testa in più situazioni.
Tanto per cominciare, Jean-Marie non sa che sul posto c'è anche Nevil Faulks, il marito di Marjorie, che ha preteso di seguirla, perché è geloso e possessivo, a quanto dice la moglie. Da questo triangolo indesiderato si muove la macchina del crimine. Come accadeva nell'altrettanto geniale Il montacarichi, anche in Prato all'inglese il protagonista è vittima di un intrigo manipolatorio. Ci vuole poco perché con la sua ingenuità e il suo senso morale si trovi profondamente incastrato in un crimine ben più grande di lui e rischi di risultare l'unico indiziato. Ecco che tutta la seconda parte del romanzo si muove in piena suspense, tra bugie e verità, indizi depistanti e alibi che si materializzano all'improvviso, mentre Jean-Marie si trova a maledire la sua decisione di essere volato in Scozia e di non poter ripartire. Sì, perché a peggiorare le cose, oltre alla pioggia e al grigiore, ci si mette lo sciopero nazionale di tutti i mezzi pubblici, che quindi rende impossibile un tentativo di fuga. Se la caverà Jean-Marie o subirà la pena capitale?
Acuto dalla prima all'ultima pagina, a tratti divertito nel criticare i costumi inglesi e quelli francesi, il noir si svolge davanti ai nostri occhi ora irretiti dal carisma di Marjorie, ora empatici verso Jean-Marie, capro espiatorio di qualcosa che anche lui non capisce. Tra rispecchiamenti, svelamenti improvvisi, colpi di scena incredibili, arriviamo a un finale che racchiude in sé un'ulteriore rivelazione, che ci farà chiudere Prato all'inglese con un sorriso compiaciuto. Sì, il sorriso di quando si incontra un buon noir, intelligente nel trattare l'ambiguità e l'opportunismo dei rapporti umani.
GMGhioni