“Vuoto” di Ilaria Palomba: il racconto di una normalità disumana


Vuoto 
di Ilaria Palomba 
Les Flâneurs Edizioni, 2022

pp. 288
€ 18,00 (cartaceo)

 

Iris ha trentatré anni, ha da poco festeggiato il suo compleanno con Federico, entrambi hanno un disturbo di personalità. Insieme parlano di esoterismo, di Letteratura, di paure. Si amano, si sposano, si combattono. C’è Giulio, una presenza costante, uno spettro. I personaggi sono in un appartamento romano, poi in un altro luogo, poi in Salento. Iris cammina lungo la scogliera e ritorna a sedici anni, quando osservava le stesse falesie. Riappare il giorno dello stupro, la violenza subita ha forgiato la sua identità tanto da non riuscire più a non subirne. Iris è molte vite, passato e presente che si alternano in un flusso che trasporta il lettore in molti posti, in strade fisiche, a Conca Specchiulla, in via Accademia degli Agiati, in luoghi dell’animo che si alternano in un ciclo di stagioni: estate, fine dell’estate, autunno, inverno, fine dell’inverno, primavera, estate, senza tempo. Il vuoto.


Ma cos’è il vuoto? Quello nichilista, lasciato dal senso, dalla materia, dai valori? Solo in apparenza. È il vuoto legato alla filosofia orientale, che costituisce l’universo allo stesso modo del pieno, lo spazio tra le cose vive e quelle morte. 

Dentro le cose vive ci sono le cose morte e dentro le cose morte ci sono le cose vive. Non si può prescindere dalla vita nella morte, oltre è il vuoto (…).

In questo libro c’è un vuoto riflesso in ogni cosa, le relazioni sono cannibaliche, le passioni distruttive, la protagonista, Iris, si spoglia attraverso l’analisi del suo inconscio, con una straordinaria e complessa consapevolezza, analizza le perdite. Vuoto è memoir, un romanzo, un diario, un luogo sospeso, l’autrice spinge il lettore a porsi faccia a faccia con la protagonista, di cui racconta la storia portandola al confine fra la realtà e l’onirico. Iris ha paura del disamore, della notte che non finisce, di se stessa anche.  

Ilaria Palomba racconta personaggi pieni di cicatrici, stanchi, che convivono ogni giorno con quella che non è psicosi ma norma, che coinvolge la famiglia, l’amore, la religiosità. Con uno stile crudo, doloroso a tratti, allo stesso tempo sensuale, Palomba coinvolge chi legge nella sua ricerca di senso. Un libro potente, che non ha paura di confrontarsi con tutto quello che fa paura: i desideri, il narcisismo, le aspirazioni, la sofferenza, quello che dovremmo essere e non siamo. Un romanzo d’amore infine, che racconta la crudeltà degli amori infausti e un “vuoto” che è apertura, non epilogo, per liberarsi dalle ossessioni, dalle fragilità, in quella che è una ricerca identitaria che coinvolge tutti. Ecco perché Ilaria Palomba è una scrittrice così speciale, non solo per la sua cifra stilistica consolidata, ma soprattutto per il suo essere visionaria, libera dagli schemi, dai moralismi e dal didascalismo di molta Letteratura. Ilaria Palomba mostra la “normalità disumana” così com’è. 

La colpa non si smette mai di scontarla. La vera colpa è essere nati. Sei stata invischiata alle pareti gialle di un ospedale marcescente, e ora il diniego ti relega all’angolo buio, alla scossa dell’angoscia, alle spire di luce lunare che si desquamano dal vetro alla tenda. Sai che non potrai mai dire di questo amore nulla, e che hai amato e odiato e ti sei distrutta. Ma adesso il silenzio è inquietante, non ti lascia dormire. Il silenzio ti assale in ogni istante. Hai paura della luce che non arriva, della notte che non finisce, del disamore.

 

 

Isabella Corrado