Da quando è uscito a metà gennaio, La vita intima ha suscitato un dibattito acceso online e sulla carta stampata, e già questo, di per sé, è un merito: il potere divisivo del nuovo romanzo di Niccolò Ammaniti vede, da un lato, chi grida al capolavoro; dall'altro, chi non gli risparmia critiche accese (non sempre argomentate). E, dunque, non posso sottrarmi dal dire la mia, innanzitutto perché spero di aiutarvi a comprendere meglio se il romanzo può fare al caso vostro o meno; in secondo luogo, perché ho letto Ammaniti fin dai tempi di Branchie (Ediesse, 1994; io l'ho letto nella riedizione Einaudi, 1997), Fango (Mondadori, 1996) e Ti prendo e ti porto via (Mondadori, 1999), e dunque una lettrice affezionata come me si trova a pensare "che la festa cominci!" alla notizia del nuovo romanzo, dopo otto anni da Anna (Einaudi, 2015).
Quando si inizia La vita intima, si entra nel mondo patinato di Maria Cristina Palma, considerata "la donna più bella del mondo", moglie del premier italiano Domenico Mascagni: si tratta della classica donna di rappresentanza, ridotta a oggetto da esibire, tenuta a essere impeccabile e ad attirare l'attenzione su di sé per nascondere il calo del consenso politico del marito. Sotto i riflettori non deve mai sfilare la vera Maria Cristina, ma solo quello che si aspettano i social e i tabloid: va bene che si parli della sua eleganza, del nuovo taglio di capelli, e persino che si vociferi sul suo matrimonio, purché tutto si fermi al pettegolezzo. La chiamano "Maria Tristina" in rete e ipotizzano che il suo matrimonio sia solo di facciata? Pazienza. Deve invece passare sotto silenzio il fatto che lei abbia vissuto lutti e traumi che l'hanno segnata profondamente nell'infanzia e nell'adolescenza. E persino non si deve sapere che Maria Cristina ha delle idee e che è una madre premurosa, sinceramente legata alla figlia, che vuole salvaguardare il più possibile dalle indiscrezioni mediatiche.
Da parte sua, il marito, Domenico, assomiglia a tanti politici italiani e sono certa che ogni lettore avvertirà il vuoto fin dalle prime pagine che lo riguardano: attaccato all'apparenza, pieno di programmi elettorali ben poco realizzabili, vuole risultare affidabile agli occhi degli italiani, a cominciare dalla sua vita privata, che deve risultare impeccabile. A monitorare che la comunicazione vada per il verso giusto c'è il Bruco, personaggio davvero memorabile del romanzo, una figura di social media manager e strategist inavvicinabile, che vive nell'anonimato su un camper con tanti cani randagi e in mezzo al nulla, che porta un casco per non farsi riconoscere e ha tutte le caratteristiche di un nerd genialoide e paranoico. Sia Domenico sia Maria Cristina non possono fare niente in rete senza la sua approvazione e pare che sia lui ad avere in mano il futuro del partito.
Poi, però, arriva la deflagrazione: Maria Cristina reincontra per caso (forse) un suo vecchio amico, con cui ha avuto un flirt in gioventù, Nicola Sarti. Oggi l'uomo è un imprenditore di successo, che mostra con ostentazione il suo arricchimento recente, mentre soprassiede sul matrimonio fallito e sui figli piccoli. Sembra invece provare piacere a ricordare il passato condiviso con Maria Cristina ed è (forse) per questo che un giorno le manda su WhatsApp un video amatoriale che i due hanno girato da ubriachi, in barca. Benché la registrazione sia stata consensuale, il video adesso è una bomba a orologeria: che cosa succederebbe, se l'Italia intera scoprisse che dietro "Maria Tristina" si nasconde invece "Maria Pompina", nome "d'arte" su cui lei e Nicola avevano scherzato durante quella vecchia estate?
È proprio questo a innescare in Maria Cristina qualcosa: se è sempre stata prevedibile per tutti, marito compreso, ora deve fare tutto il possibile e l'impossibile per tenere nascosto questo vecchio video. Basta la sola ipotesi che Nicola la ricatti per far sì che il video diventi un pensiero ossessivo, in grado di mettere in crisi anni interi di equilibrio e di rassicurante prevedibilità.
Da qui, secondo l'abitudine narrativa di Ammaniti, partono situazioni equivoche, grottesche, fantasiosissime, in una catena di avvenimenti che mettono a dura prova la verosimiglianza. Ma l'esagerazione quasi parodistica è un tratto stilistico e narrativo di questo autore, che si può amare o odiare, ma che non lascia mai indifferenti. Anche dall'impiego di metafore tanto stravaganti quanto di cattivo gusto per rappresentare un atto sessuale cogliamo il divertimento di un narratore che, onnisciente e a volte giocosamente palese, si fa beffe dei suoi personaggi. Come interpretare altrimenti, ad esempio, la scelta di interrompere una delle scene di massima tensione per inserirvi un episodio autobiografico, apparentemente del tutto disgiunto dalla storia principale? Poi, certo, Ammaniti raccorda i fili della narrazione, ma è evidente il suo divertirsi giocando con i privilegi del narratore onnisciente. E, da parte nostra di lettori, è divertente stare al gioco e accettare che sia Ammaniti a decidere cosa, come e quando raccontare.
Chi vuole può trovare nel romanzo anche una critica spietata alla vita fasulla rappresentata sui media e sui social: Maria Cristina ha un'interiorità, ma nessuno vuole soffermarcisi; i commenti volano impietosi - un po' come sta avvenendo per il romanzo -, mossi da invidia, interessi altri, frustrazioni personali. E su tutto aleggia la solitudine di una donna che, in una situazione difficile, non ha nessuno o quasi con cui confidarsi. Se la disperazione è dietro l'angolo e la protagonista rischia una pericolosa implosione, noi lettori non possiamo che parteggiare per lei, da un lato, e dall'altro ridere alla sue spalle, prendendone le distanze, autorizzati dal narratore, spesso irridente.
Insomma, la vita intima fa paura, a Maria Cristina in primis, che non riesce a fare i conti col suo passato e che non vuole analizzare la sua profonda scontentezza, ma anche a Domenico. Ed è nello spazio tra apparenza e intimità che Ammaniti gioca con gli strumenti migliori che ha messo in campo ai tempi dei Cannibali: sa raccontare senza affezionarsi ai suoi personaggi, deridendoli quando serve, esasperandone tratti che li rendono riconoscibili al limite dello stereotipo, e subito dopo ricacciandoli nella loro piccolezza, tutta umana, franta, imperfetta, disarticolata.
Tornando indietro, riascolterei l'audiolibro, se non altro per alcune scene che mi resteranno in mente per la loro stravaganza assoluta. La vita intima non è stato sempre di mio gusto, ma non ci sarebbe Ammaniti senza esagerazione, a costo di mettere da parte a volte il buongusto: per leggere questo romanzo, deve piacervi l'affronto alla narrativa tradizionale.
GMGhioni