Mamma Europa
di Elisabetta Gualmini
Il Mulino, gennaio 2023
pp. 224
€ 18,00 (cartaceo)
€ 11,95 (eBook)
Quello che nessuno ci racconta dell’Europa.
Questo sarebbe stato un sottotitolo alternativo calzante: la lettura del libro di Elisabetta Gualmini ha fatto luce su tantissime dinamiche interne dell’UE, sugli sforzi e sul lavoro di chi crede che siamo uniti nella diversità, che l’Europa sia il futuro dei giovani e dei bambini.
È una realtà incontrovertibile. Siamo passati dall’indifferenza nei confronti dell’Europa e dei parlamentari che governano a Bruxelles a un atteggiamento di timori, di scetticismo nei confronti dell’Unione, soprattutto durante la crisi economica, iniziata nel 2008 con il crollo di Lehman Brothers e la Brexit conclusasi nel gennaio 2020. Sono stati anni che hanno messo a dura prova la tenuta europea, così tanto voluta e agognata dai padri fondatori: il rafforzamento dei partiti euroscettici in alcuni Paesi dell’UE, determinati anche dalla pessima gestione della crisi greca e delle ondate migratorie degli anni 2015 e 2016, hanno messo a repentaglio l’integrità dell’Unione.
Tutti, chi più, chi meno, ricordiamo quel periodo in cui la parola spread padroneggiava nei Tg, nei talk show, sulle testate giornalistiche; siamo stati costretti a impararle e ad associarle all’aumento della povertà, all’impennata dei prezzi, all’aumento della disoccupazione. Poco dopo un altro evento catastrofico: la Grecia di Papandreou ammette
che i bilanci del governo erano stati falsificati per consentire alla Grecia di accedere alla zona euro. […] Pochi mesi dopo, nel maggio 2010, il governo greco firma con la troika (e cioè con Bce, la Commissione europea e il Fondo monetario internazionale) un accordo di «lacrime e sangue» che prevede da un lato il salvataggio della Grecia tramite il meccanismo europeo di stabilità (il cosiddetto Fondo salva Stati) e la messa a disposizione di circa 260 miliardi di aiuti in tre tranches; dall’altro, l’attuazione immediata di misure rigidissime di austerità e di ristrutturazione del debito. (pp. 34-35)
Il Fondo salva Stati è il MES. Il tanto temutissimo MES di cui abbiamo sentito parlare nei primi mesi della pandemia: l’emergenza sanitaria, il lockdown avevano messo in ginocchio l’Italia più degli altri Stati europei tanto da rischiare il default e aprire un caso “Grecia 2”. Hanno fatto il giro del mondo le immagini scioccanti delle interminabili processioni di bare trasportate coi mezzi dell’esercito, di quella infermiera che, stremata, crolla sul tavolo di una sala del Pronto Soccorso dopo giornate e nottate senza sosta cercando di salvare, insieme ai suoi colleghi e alle sue colleghe, vite umane e far rallentare in qualche modo i numeri impazziti dei decessi. Dopo l’iniziale, terribile gaffe di Christine Lagarde, presidente della Bce (Banca Centrale Europea) che aveva voltato le spalle all’Italia, il Paese europeo più colpito dalle infezioni e dai decessi, sostenendo che «non spetta alla Bce ridurre gli spread», cioè far abbassare l’enorme divario tra i tassi di interesse tra i BTP italiani (le obbligazioni che emette il nostro Stato per pagare le spese pubbliche) e i bund, i titoli di Stato tedeschi, arriva una vera rivoluzione, il vero cambiamento. L’Italia presentava uno spread insostenibile, pauroso, il nostro Paese era fortemente indebitato e rischiava il fallimento: rigide misure salva Stato si prospettavano all’orizzonte. Proprio in piena crisi per emergenza sanitaria arriva la sterzata improvvisa che ci salva in corner dal baratro del default. Non più le politiche di austerity del MES (sospeso ancora anche per questo anno), ma un ritorno a politiche in chiave neo-keynesiane, cioè incentrate su massicci investimenti pubblici per sostenere famiglie e imprese. Il problema di un solo Stato (in questo caso, l’Italia) è diventato un problema condiviso anche dagli altri Stati dell’Unione. La Bce ricorre a una manovra definita da Romano Prodi («il Foglio», 20 marzo 2020) “intervento bazooka”.
[…] oltre alla clausola di sospensione del Patto di stabilità e crescita, che consente di iniettare nel sistema economico somme gigantesche di denaro senza vincoli e soglie difficili da rispettare, serviva un vero e proprio ombrello per proteggersi dalle inevitabili oscillazioni dei mercati. […] la Banca centrale europea, a seguito di discussioni animate e accese, e soprattutto dopo le montagne russe dello spread, il 19 marzo 2020, a maggioranza e non all’unanimità, lancia un piano di acquisti di titoli pubblici e privati da 750 miliardi di euro (destinati poi a diventare nei mesi successivi 1800 miliardi). […] Si può dire che grazie all’intervento della Bce, forse non sottolineato a sufficienza dai media, e ancora meno compreso dai cittadini italiani, l’Italia ha evitato per un soffio di dover ricorrere alla scure del Fondo salva Stati, di vedersi arrivare la troika in casa e di doversi sottoporre a laceranti riforme strutturali e ristrutturazioni. (pp. 60-61)
L’Europa è passata negli ultimi decenni attraverso terribili tempeste che l’hanno scossa nelle viscere costringendola a un cambio di paradigma. La crisi scatenata dall’emergenza sanitaria, dall’invasione russa dell’Ucraina hanno cambiato le regole del gioco, scatenato una rivoluzione nei meccanismi ad ampio raggio e su vasta scala dell’Unione europea, che né la Brexit, né il recente scandalo del Qatargate hanno alterato. La visione di Gualmini, membro del parlamento europeo dal 2019 - in quello stesso anno ha fatto anche parte della delegazione per la cooperazione UE e Russia- è quella di chi crede nel futuro dell’Europa, è una voce autorevole, ma anche critica nei confronti dei pesanti errori commessi in un passato recente da alcuni vertici dell’Europarlamento.
Nella prefazione, scritta a caldo dopo il terribile scandalo del Qatargate, Gualmini, ancora visibilmente sconcertata, esprime tuttavia la sua massima fiducia nella tenuta europea, ora che la strada del cambiamento non solo è stata già tracciata, ma anche calcata. Lo sdegno, tuttavia, è tangibile:
Mentre l’indagine prosegue, due circostanze risultano particolarmente odiose e raccapriccianti. La prima è che le persone arrestate, tra cui membri ed ex membri a vario titolo del Parlamento europeo, fanno tutti parte della famiglia dei Socialisti e Democratici (in gran parte si tratta di italiani, tra l’altro); la seconda è che vengono utilizzate Ong attive nel campo della difesa dei diritti umani per riciclare denaro e per nascondere il mancato rispetto di quegli stessi diritti. L’idea che politici e attivisti di sinistra e direttori di Ong possano aver usato la bandiera dei diritti umani e della piaghe della società per arricchirsi, alloggiare in resort di lusso, imbrogliare e manipolare, corrompere e delinquere risulta disgustosa e aberrante. Mercanteggiare su diritti e ideali […]: è semplicemente agghiacciante. (pp.8-9)
Dalle prime pagine, l’autrice spiega le motivazioni socio-economiche, politiche e culturali che hanno permesso negli anni la crescita di partiti sovranisti ed euroscettici, in Italia (Lega di Salvini, Movimento Cinque Stelle) e in Europa (Rassemblement National di Marine Le Pen, Alternativa per la Germania) culminata con la Brexit e la mancata Polexit (l’uscita dalle Polonia dall’ eurozona, naufragata in seguito al disastro sanitario del covid). I partiti anti-Europa hanno consolidato i loro seggi nel Parlamento europeo e l’euroscetticismo negli Stati del Sud è dovuto non soltanto alla presenza più rilevante che altrove, di ampie fasce di popolazione più povera, che di fronte alla crescente insicurezza sul futuro desidera « una società più chiusa, protetta, protestando contro tutto ciò che potenzialmente la minaccia» (p. 34), ma anche di una percezione delle elezioni europee meno incisive e impattanti rispetto a quelle nazionali.
Sappiamo bene che la crescita della disoccupazione è dovuta anche e soprattutto alle radicali trasformazioni del mercato del lavoro, all’avanzare a rotta di collo del progresso tecnologico che ha reso obsoleti i lavori tradizionali e necessari quelli che richiedono nuove competenze, tuttavia è comprensibile l’angoscia e il senso di insicurezza che colpisce le fasce di popolazione medio-basse.
Nel libro si parla soprattutto della risposta compatta e rapida dell’UE nell’affrontare la crisi sanitaria e l’invasione russa dell’Ucraina: viene ben illustrato il programma Next Generation Eu (da noi diventato Piano Nazionale per la Ripresa e la Resilienza, PNRR), la transizione ecologica (voluta in particolare modo dalla presidente della Commissione Ursula Von del Leyen), la transizione digitale e la transizione equa per un Welfare State europeo. Va ricordato che questo inaudito debito comune europeo, che è la veste diciamo più “tecnica” del programma Next Generation Eu è stato, niente meno, proposto dalla “cancelliera di ferro” tedesca, Angela Merkel, che proprio qualche anno prima aveva detto « Finché ci sarò io, non ci sarà debito comune»!
Come possiamo vedere, le protagoniste della svolta, senza voler sminuire il lavoro di altri politici che hanno letteralmente battuto “i pugni sul tavolo” per far valere le ragioni del nostro Paese all’Europarlamento (Gentiloni, Draghi) - senza dimenticare il grande lavoro pro-Europa di David Sassoli, più volte citato da Gualmini come faro dell’UE - sono state donne e a queste aggiungiamo la maltese Roberta Metsola, nuova presidente del Parlamento europeo, succeduta al compianto Sassoli.
Nell’opera trova spazio anche la risposta europea all’invasione russa dell’Ucraina, le sanzioni, le ritorsioni russe sulla nostra economia, le sfide esterne (tra cui l’area “calda” della rotta balcanica) di una Europa che ha cambiato il proprio volto e da matrigna è diventata Mamma Europa.
Alla fine del libro un tributo a David Sassoli.
Per concludere questa recensione, non potevo non invitarvi a leggere questo passo toccante riguardante la “ferita” della Brexit vissuta da Gualmini:
Io ero presente nell’aula della plenaria, in quel caso convocata a Bruxelles, e mi sembrava di essere stata catapultata dentro a un terremoto, in bilico su una faglia che squarciava la storia e la tagliava in due. Ci sarebbe stato un prima e un dopo, ed era uno scenario incredibile quello che si stava prospettando, tragico per certi aspetti ed esaltante per altri, per la capacità delle istituzioni di cambiare, di invertire la rotta e di mettere in scena l’impensabile. (p. 43)
Al seguente link - indicato dall’autrice stessa nel libro - è possibile vedere
il video del del 29 gennaio 2020 quando il compianto David Sassoli, allora presidente del Parlamento europeo, leggeva i risultati delle votazioni per decidere l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea.
La frase nel titolo della mia recensione è stata estratta dal discorso di Jacques Delors, presidente della Commissione europea dal 1985 al 1995, al Parlamento europeo: «You cannot fall in love with Single Market, we have to give a soul to Europe» (p. 118) : i tempi sono cambiati, prossima tappa, non il mercato comune, intento originario, ma un’Europa sempre più sociale.
Marianna Inserra