Che hai fatto dei tuoi fratelli?
di Claude Arnaud
Bompiani, gennaio 2023
Traduzione di Daniela Bargiarelli
pp. 336
€ 20 (cartaceo)
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€ 11,99 (e-book)
È proprio la materia che sento muoversi dentro di me, che mi fa assumere ogni sorta di forma e mi spinge fuori, con questo appetito per la vita, questa curiosità per le persone, questa paura di durare che mi trasforma in una trottola. È questa gelatina che mi ha fatto adorare e poi odiare il mangiare, che rende la contraddizione più forte dell'affermazione in me, che m'impedisce di "prendere forma" e quindi di svilupparmi. (p. 250)
Si può riassumere con questa citazione la complicata personalità di Claude Arnaud, scrittore francese e protagonista omonimo di questo romanzo-memoir pubblicato in Francia nel 2010 e vincitore del premio Jean-Jacques Rousseau l'anno successivo, ispirato alla sua vita e a quella dei suoi fratelli maggiori, Pierre e Philippe.
La scenografia è Parigi durante i tumulti del famoso Sessantotto, che ha visto la città preda di una rivoluzione massiccia che ha coinvolto per lo più studenti e giovanissimi. Claude, scrittore e personaggio, ha dodici anni quando scoppia la rivolta e ci si butta a capofitto, sia perché si sente aderente a quelle ideologie e a quelle battaglie, sia perché ha bisogno di capire se stesso. Cresciuto in una famiglia brillante, sotto l'egida dei due fratelli maggiori Pierre e Philippe, ancor più brillanti, Claude fa fatica a definire la propria personalità, a staccarsi dal confronto perenne che si impone e che gli viene imposto.
Soprattutto il rapporto con fratello Philippe lo segna profondamente, saranno quasi simbiotici; per di più, tra loro nasce fin da subito uno strano rapporto velatamente incestuoso: da lui eredita la passione per la lettura, per la filosofia, per il pensiero svelto, l'omosessualità, con la differenza però che Claude non vuole incasellarsi in alcuna categoria, vuole essere libero da ogni etichetta, libero di non lavorare, di dormire dove gli pare, di fare sesso con chiunque, di assumere droghe, di mutare il proprio corpo, per l'appunto, come gelatina. Cambia nome, volto, amanti, paese, sempre cercando di evitare l'immobilità, fisica ed emotiva.
Claude è un flâneur, mangia la città, ne scopre ogni angolo, ogni seminterrato, ogni discoteca; è un vagabondo urbano, un libertino, e per questo, per la sua capacità di adattarsi e mai fermarsi, si scontra violentemente con suo padre Hubert, un uomo all'antica, e con i suoi stessi fratelli, che gli fanno da mentori ma, al tempo stesso, da vampiri.
È una vita così facile, abbondante e vivace che scopro in me un'ambizione, quella di non fare mai nulla. Di passare le mie giornate a sentire, a capire, a oziare e a godere, respirando l'aria del tempo. Non ci penso nemmeno a sprecare la mia vita a guadagnarmela; la passerò a spenderla. (p. 204)
Per lui il Sessantotto è un fulmine a ciel sereno, che lo strappa dal tedio e dalla noia esistenziale: si butta a capofitto in prima linea, uscendone ancora una volta trasformato, distrutto, ma pronto a rinascere. Varie disgrazie caleranno sulla famiglia Arnaud, ma nonostante questo Claude proseguirà il suo cammino di esplorazione di sé, un percorso di formazione che lo porterà a dormire ovunque, a infilarsi nel letto di chiunque, senza mai sentirne la colpa: in lungo e in largo per la Francia, in Italia, ad Haiti, in Corsica, dappertutto cercherà di rifuggire dalla noia, dalla "normalità", figlio degno di quel maggio del '68 che ha voluto tutti reazionari e rivoluzionari.
Fin da bambino sarà un lettore vorace, così come i suoi fratelli, tanto protagonisti quanto lui nella narrazione, legati uno all'altro da un simbolico cordone ombelicale che li avvicina ma li rende l'uno dipendente dall'altro. Il risultato delle sue letture sarà una mente rapida, quasi illuminata, ma come capita alle persone che sono quasi geniali o molto riflessive, il prezzo da pagare sarà la sofferenza acuta, il rimescolio del pensieri e delle domande che non cessano mai.
Si potrebbe dire che i tre fratelli (più un quarto che nascerà molto dopo) siano degli anarchici, colpiti dal seme della pazzia della famiglia della madre, una famiglia nobile originaria della Corsica, che sforna geni e pazzi. La follia difatti è un altro leitmotiv della storia, una macchia che minaccia la sanità mentale di tutti i fratelli.
A volte si vede come l'unico rappresentante "sano" di una famiglia segnata dalla follia, da una forma insidiosa di incesto e da una visione così letteraria della vita da dissuadere ogni ragionevole inclusione nella realtà. (p. 315)
Il racconto del maggio sessantottino è quanto di più autentico letto negli ultimi tempi, pare quasi che le esperienze (anche se non possiamo dire quale e quante) descritte e incarnate nel personaggio Claude siano state tutte vissute realmente dallo scrittore Claude. Non c'è dubbio che il libro romanzi alcuni passaggi, ma i dettagli sono così vividi da credere che tutto ciò che leggiamo sia successo per davvero. Bellissime le pagine dedicate al viaggio in Corsica e ancora più belle quelle del periodo "trans" di Claude. Lo stile è molto pieno, colmo di citazioni, di omaggi ad autori conosciuti e non, come Lacan, citato molte volte, o Gide, Barthes, Malraux, senza disdegnare l'ostentazione di una grande cultura musicale e cinematografica. Ma come potrebbe essere altrimenti? Claude Arnaud è cresciuto in un periodo storico forse irripetibile e ne ha assorbito l'eccezionalità.
Lo consiglio a chi vuole leggere del Sessantotto parigino tramite una testimonianza in prima persona, e a chi ha piacere di esplorare un rapporto tra fratelli così intenso e contraddittorio da essere insopportabile.
Deborah D'Addetta
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