Frammenti di futuro
di Federica Montevecchi
Edizioni Pendragon, febbraio 2023
pp. 157
€16 (cartaceo)
Alla fine degli anni ’90 Federica Montevecchi, filosofa e scrittrice, propone un’intervista ad alcune delle più grandi personalità del Novecento italiano, in occasione della fine del millennio. Tutti accettano e si aprono alle domande che Montevecchi pone loro, le stesse per tutti: toccano l’infanzia, l’adolescenza, la formazione intellettuale, le amicizie di una vita e le grandi conquiste professionali, la paura della morte.
Chi sono gli intervistati? Giulio Einaudi, Margherita Hack, Carlo Bo, Vittorio Foa, Inge Feltrinelli, Antonino Caponnetto, Mario Soldati e molti altri. Montevecchi poi propone loro di sostituire le domande con la formula “mi ricordo”, sulle orme del Je me souviens di Georges Perec, testo del 1978 che dimostrò:
come i ricordi quotidiani di ciascuno siano in grado di riattivare la memoria comune, quanto l’autobiografia sconfini nella storia collettiva a prendo un gioco di rimandi e di legami fra epoche diverse. (p. 8)
Il valore delle testimonianze, pubblicate per la prima volta in un unico volume da Pendragon, è particolarmente significativo nel panorama socio-politico contemporaneo: l’obiettivo è vedere passato e presente in una sintesi armonica, nella convivenza degli opposti, in modo da affrontare il futuro in modo più illuminato e consapevole. Ma il volume è anche particolarmente interessante per chi volesse conoscere un po' meglio alcune delle figure che hanno plasmato la cultura e la società italiana dal dopoguerra a oggi: potersi accostare alle loro vite non tramite biografie loro dedicate, ma ascoltando le loro stesse parole, è un privilegio e un'occasione imperdibile.
Nelle varie confessioni veniamo a scoprire curiosità dietro questi colossi del pensiero politico, letterario o scientifico: ad esempio che Giulio Einaudi voleva fare l’agricoltore, prima che l’editore, o che Margherita Hack si iscrisse a lettere e la frequentò solo per un’ora, perché «mi sembrarono solo chiacchiere».
Leggiamo che Antonino Caponnetto, magistrato che costituì il pool antimafia con Falcone e Borsellino, si avvicinò al diritto solo perché un collega lo invitò a leggere qualche codice: ma ascoltiamo anche le sue parole quando racconta di come ci si sente a essere sopravvissuto a due amici e colleghi, mentre le loro sorti sono state decise da quel comune impegno contro la criminalità organizzata. Affascinanti le testimonianze di Nilde Iotti e Inge Feltrinelli, che raccontano la loro formazione e carriera non tralasciando la questione di genere, in anni difficili come quelli del fascismo e poi del dopoguerra:
Mi ricordo come nella casa editrice apprezzai subito il fatto che non esisteva, o forse non esisteva più, differenza fra uomo e donna. Tuttora vi lavorano molte donne e sono brave, efficienti, entusiaste e non certo perché sono donne, ma in quanto individui intelligenti». (p. 77)
Lo scontro con la dittatura fascista e l’esperienza della Resistenza accomunano molte delle testimonianze: se Giulio Einaudi confessa che il proprio coinvolgimento tra i partigiani è stato gonfiato, più diretto è stato quello di Leo Valiani o Vittorio Foa, che fu arrestato dall’OVRA per la sua attività antifascista e condannato a 15 anni. Non tutti questi grandi personaggi hanno combattuto tra i partigiani in montagna, ma tutti hanno militato attivamente contro la dittatura liberticida: racconta Carlo Bo:
Durante il fascismo l’impegno letterario rappresentò per me l’impegno politico: non rifiutavo soltanto il regime ma anche tutta la retorica che esisteva già prima del fascismo, cioè l’insopportabile dannunzianesimo che screditava tutta la letteratura e che con i suoi slogan aveva un forte impatto sulla società». (p. 33)
Le intenzioni di Montevecchi, testimoniare il passato per creare un ponte con presente e futuro, trovano conferma in molti passaggi in cui ci si accorge che le riflessioni di questi intellettuali hanno valore universale, si scardinano dal riferimento circostanziale a un dato evento storico e assurgono a monito per l’umanità di ogni tempo. È il caso, per esempio, delle osservazioni di Tullia Calabi Zevi, presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane, quando parla della persecuzione alle minoranze, di qualsiasi tipo, anche e soprattutto nel mondo contemporaneo:
Sono convinta che la libertà sia la stoffa di cui è fatta la democrazia e va difesa con forza, perché se la si perde sono inevitabili lacrime e sangue per riconquistarla. (p.152)
Michela La Grotteria
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