Il Grande Meaulnes
di Alain-Fournier
Bompiani, marzo 2023
Bompiani, marzo 2023
pp. 304
€ 13 (cartaceo)
€ 13 (cartaceo)
€ 7,99 (e-book)
Alain-Fournier, pseudonimo di Henri Alban Fournier, è stato un autore francese purtroppo scomparso in guerra alla giovanissima età di ventisette anni dopo aver dato alle stampe solo questo romanzo, "Il Grande Meaulnes". Pubblicato a puntate sulla rivista Nouvelle Revue Française per la prima volta nel 1913, in parte autobiografico, si tratta di un classico romanzo di formazione raccontato in flashback perché uno dei protagonisti, François Seurel, ricorda il suo passato d'infanzia e adolescenza a partire dall'incontro predestinato con "il Grande Meaulnes".
Augustin Meaulnes, diciassette anni, è il tipico personaggio carismatico che tutti seguono a prescindere, affascinati dalle doti di leader e dalle avventure in cui li trascina.
"Tu non vieni?" mi chiese Augustin fermandosi un secondo sulla soglia della porta socchiusa: ciò che fece entrare nella stanza grigia, in un soffio di aria intiepidita dal sole, una confusione di urla, di richiami, di pigolii, il rumore di un secchio sul bordo del pozzo e uno schiocco di frusta in lontananza."No," risposi benché la tentazione fosse forte, "non posso, per via di Monsieur Seurel. Ma spicciati. Ti aspetterò con impazienza."Lui fece un gesto vago e se ne andò molto in fretta, pieno di speranza. (p. 153)
La narrazione procede in un'atmosfera onirica, il cui faro orientativo è rappresentato dall'amicizia commovente tra François e Augustin: un giorno, Augustin scompare per molte ore, tornando indietro con una storia fantastica che non fa che accrescere il suo carisma agli occhi dell'amico. La scoperta di un castello in cui si dava una festa sfarzosa, l'incontro fatale con una ragazza bellissima (sappiamo dalle biografie dell'autore che Madamoiselle Yvonne de Galais è ispirata al suo grande amore Yvonne de Quiévrecourt) rovinati dalla perdita dell'orientamento e dunque di ogni cosa. Augustin non ha la più pallida idea di come ritrovare il castello e la ragazza di cui si è opportunamente innamorato e così i due amici partono, fisicamente e figuratamente, alla ricerca.
Al tempo stesso vediamo crescere il rapporto di grande amicizia, da bambini diventano adolescenti, tanto che si potrebbe definire un vero e proprio libro per ragazzi, formativo in senso stretto, in cui l'uno si rispecchia nell'altro: mentre Augustin cerca di tornare nel luogo in cui ha incontrato Yvonne, François cerca di ricordare, di tornare indietro nel tempo, per poterci raccontare in modo frammentario e zigzagante i momenti felici.
Più che un romanzo sull'amicizia o sulla ricerca, questo è un romanzo sulla perdita: la perdita dell'innocenza, dell'amore, dell'amicizia, del ricordo stesso. Il Grande Meaulnes, nelle parole di François, sembra quasi un fantasma, un espediente letterario per raccontare una storia. Come tale, il romanzo ha i suoi limiti: non c'è profondità nei personaggi, tutti sono monodimensionali, essenzialmente un simbolo; Meaulnes, ad esempio, viene raffigurato come un ragazzo avventuroso, coraggioso, e così rimane. François dal canto suo non si sviluppa, non cresce, non sembra neanche essere parte attiva della narrazione, subisce solamente il fascino e le scelte di Meaulnes.
Si tratta a tutti gli effetti di uno spettatore, al massimo di una spalla, dettaglio che lo rende certamente un narratore originale, pur non riuscendo mai a sorprendere.
Ho avuto l'impressione che il romanzo fosse una sorta di fantasia tutta adolescenziale, proustiana quasi, con qualche tinta di genere giallo qua e là. Proust ha molto parlato infatti di come la memoria ci si presenta in modo confuso, mai lineare, e lo stesso autore, nelle prima pagine (un po' di lettura stentata) ammette che i suoi ricordi sono nebulosi.
Allo stesso modo, l'amicizia e l'amore perdono forza nel momento in cui diventano reali: il piano del sogno, ancora una volta, rende i ricordi più vividi e i sentimenti più appassionati; quando questi si evocano o si realizzano, si sgonfiano come palloncini.
Quando mi tese la mano per congedarsi, fra di noi c'era più chiaramente che se avessomo scambiato molte parole, un'intesa segreta che solo la morte poteva infrangere e un'amicizia più sconvolgente di una grande amore. (p. 191)
Da queste poche parole si evince anche quanto la scrittura di Fournier sia rimasta acerba: morto giovanissimo, aveva tutto il talento per poter sviluppare altre storie complesse, meno sognanti. Fa specie pensare che avrebbe potuto dar vita a romanzi maturi che sicuramente avrebbero avuto tutte le carte in regola per diventare dei "classici".
Consiglio la lettura a chi ha già affrontato testi come "Il giovane Holden" di Salinger o "Piccoli uomini" di May Alcott. Abbiate pazienza con le prime pagine che ingranano a fatica, andrà molto meglio a partire dai capitoli successivi.
Potrebbe essere un buon punto di partenza per avvicinare i giovani alla letteratura francese d'inizio '900.
Potrebbe essere un buon punto di partenza per avvicinare i giovani alla letteratura francese d'inizio '900.
Deborah D'Addetta