Decreazione
di Anne Carson
Utopia, marzo 2023
Traduzione di Patrizio Ceccagnoli
pp. 240
€ 18 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
Vi ricordate di quando Abelardo ed Eloisa hanno mangiato anguria con la forchetta, o la famosa domanda di Kant sui capelli di Monica Vitti? No? Forse è perché queste cose non sono mai successe. O non erano successe, finché Anne Carson non le ha scritte.
Decreazione è un libro dal genere indefinibile, come auspicato del suo titolo. Ultima aggiunta al catalogo di Utopia, è originariamente uscito nel 2006 ed è una delle opere che hanno collocato Anne Carson tra gli autori più consapevoli e sperimentali del contemporaneo anglofono: classicista e traduttrice dal greco antico, ha insegnato a Princeton e Berkeley e, dopo aver ottenuto molti premi letterari, il suo è tra i nomi più auspicati per il Nobel.
Carson riprende la parola “decreazione” da Simone Weil, che in Gravity and grace conia questo neologismo per indicare il processo che permetterebbe all’uomo di raggiungere Dio togliendo di mezzo l’ostacolo dell’io: solo in questo modo, solo disfando «la creatura che è in noi» si riuscirebbe a stare davvero soli con Dio, e non portarsi dietro l’amore per sé stessi. Partendo da questo ragionamento tanto essenziale quanto paradossale, Anne Carson mette su un’elaborata critica alle strutture di pensiero occidentali che passa attraverso l’analisi dei classici della letteratura, della filosofia e della cultura in tutte le sue forme.
In primis, la “decreazione” messa in atto da Carson è una decostruzione dei generi letterari, che nelle varie sezioni del libro si alternano e si mescolano generando figli ibridi: la poesia e il saggio diventano indistinguibili, la prosa scivola nella sceneggiatura e nella lettura performativa, mentre a una parte divulgativa sul documentario di Antonioni in manicomio segue la ricostruzione fittizia della stessa scena da parte di un paziente.
Scena 2:Eloisa scende all’inferno. Primo piano sul viso di Eloisa, che parla a bassa voce con se stessa mentre il mondo le passa davanti volando.Eloisa:L’inferno non è niente di insolitoL’inferno è esattamente uguale alla vita di Eloisaeccetto che Abelardo non c’è […]il momento in cui lei realizza che Abelardo non c’è,il momentoche esporta l’essere di lui al di fuoridell’idea che lei se ne è fatta (p. 131)
Le regole e le strutture saltano, e se in un capitolo sembra di riuscire a seguire lucidamente l’argomentazione, nel secondo ci si deve arrendere al flusso di parole e di immagini, prodotte dalla penna effervescente dell’autrice.
Gnosticismo VRipiena notte di settembre, le calde foglie urtanosu gonfie brezze e un grassonero senza luna.Mi sono alzata (3 del mattino)per pulire la casa, c’erasopra una tale pressione da sospingere i fondelli a terra.Ho pulito i banconi e lavato i pavimenti.Non ho acceso le luci.Pulire (p.95)
L’indice a fondo libro riporta solo i titoli, estremamente poetici, delle varie sezioni, senza distinguere per tipologia di testo. Così, leggendo Ogni uscita è un’entrata non ci si aspetta un elogio del sonno che alterna narrazione a analisi critica di alcuni passi dell’Odissea; non si sospetta che Schiuma sia un «saggio con rapsodia» sul trattamento del Sublime in Longino e Antonioni, e non è immediato ricollegare Quad alla creazione in quattro parti di per un’emittente televisiva di Stoccarda.
Tutte queste anime composite si succedono in un crescendo di tensione poetica e furia di scrittura, fino a sfociare nei due capitoli conclusivi, che portano entrambi il titolo Decreazione: in essi diventa più esplicita la meta gnoseologica di Anne Carson, mentre ci illustra «il modo in cui donne come Saffo, Margerita Porete e Simone Weil raccontano Dio». È in queste sezioni che si fa esplicito il ragionamento, metaletterario se vogliamo, sul compito dello scrittore e su cosa comporti la creazione dell’opera letteraria: lo scrittore che si propone di «dire al mondo la verità su Dio, l’amore e la realtà» facendosi piccolo piccolo, fino quasi a scomparire dalla sua opera, va infatti incontro a un paradosso:
Essere uno scrittore significa costruire un grande, rumoroso, lucente centro dell’io dal quale la scrittura prende voce, e qualsiasi pretesa di voler annichilire questo io pur continuando a scrivere e a dar voce alla scrittura deve comunque coinvolgere lo scrittore in considerevoli sotterfugi o contraddizioni. (p. 169)
Sembrerebbe che la "decreazione" assoluta non sia possibile: per quanto ci si provi, ogni percorso di riflessione riporta sempre lì, alla scrittura, a ciò che resta di eterno, e a quanto «raccontare» sia «una funzione dell'io» dalla quale l'io non si può sottrarre.
Decreazione è un testo magistrale, che riesce a unire critica letteraria, osservazione sociale, riflessione filosofica e pura creazione poetica: così, la scrittura di Anne Carson, della quale non si avrebbe mai abbastanza sia nelle parti saggistiche che in quelle narrative, si conferma imperdibile per avere accesso a un modo alternativo di fare letteratura.
Michela La Grotteria
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