di Giorgio Galli
fve editori, 2023
Beethoven ha avuto ragione a concludere il suo itinerario sinfonico con l'Inno alla Gioia. Perché, arrivati alla conclusione della vita, ci si accorge che è la gioia a muovere tutto. Anche i temperamenti più dolorosi sono spinti avanti dalla loro dose di gioia. Il principe Myskin si sbagliava: non la bellezza salverà il mondo, ma la gioia, perché la bellezza nasce sotto l'impulso della gioia. C'è un quoziente di gioia che salverà il mondo, Kamila, e nel mio caso ha a che fare con te. (p. 137)
1926: mentre l'Europa sta scivolando verso forze irrazionali, che la condurranno all'ecatombe del secondo conflitto mondiale, un uomo ormai anziano scrive una lettera a una vicina di casa molto più giovane. È l'inizio di un lungo epistolario e di una coinvolgente e intensa storia d'amore. Lui è Leoš Janáček, compositore ceco, lei è Kamila Stosslova, aspirante critica musicale, donna libera e indomita, con un passato doloroso alle spalle.
Due personaggi reali, il cui amore ha infiammato e scandalizzato la società boema, che vengono narrati dalla scrittura evocativa e aderente allo stile novecentesco di Giorgio Galli. La scelta di un romanzo epistolare si rivela felice, perché riesce a restituire non solo l'intimità di una storia che nasce timidamente, con accorto tremore, e che poi si sviluppa con il fuoco di un amore autentico, ma anche perché rende il ritmo da "presa diretta" dell'alternarsi di vari io-narranti (non solo i due innamorati, ma anche qualche altro personaggio che interviene con alcune lettere).
Ma è soprattutto la scelta di creare un piano zero della narrazione - con un curatore dell'epistolario, l'allievo del compositore Rudolf Firkušný - che riesce a creare un prezioso gioco di inscatolamento, con delle quinte in cui poi agisce la storia principale. Firkušný interverrà a margine per spiegare gli avvenimenti, per commentare i turbamenti del maestro o per chiarire la fisionomia di alcuni personaggi che rimangono poco chiari nella scrittura epistolare. Con un espediente di manzoniana memoria, Galli riesce a creare una buona intelaiatura che sostiene la scrittura per sua natura frammentaria e spesso lacunosa di un epistolario.
La corrispondenza inizia il 15 febbraio 1926, con una lettera di Janaceck che scrive a Kamila dopo averla vista alla prima della sua Sinfonietta, la sera prima.
Aveva uno sguardo che conosco: lo sguardo di quelle creature che sono come fiumi troppo carichi di acqua, che non sanno dove versarla. Lo sguardo delle creature ricche di una ricchezza interiore sconosciuta ai più, che cercano nel mondo un fratello, un amico, qualcuno con cui condividerla. Lei era una bellezza senza tempo in abiti da ragazza moderna, era sole e notte, era la sera malinconica e il mezzogiorno. (p.17)
Ma Kamila è soprattutto la «nuova gioventù» del compositore, settantadue anni, ma che ha «ancora fame di vita, di lotta, di amore». Nella "seconda gioventù" di Leoš, Kamila scoprirà un appoggio per diventare se stessa, contro le costrizioni della famiglia che vorrebbe chiuderla in casa dopo il divorzio e contro la rabbia dell'ex-marito che le impedisce di vedere i figli. Kamila è decisa, non vacilla dinnanzi ai pettegolezzi, alle recriminazioni dei familiari o alle minacce del cognato di Janáček. Il suo profilo è carica di umanità, paziente, colmo di un nobile amore. Tra i due amanti a volte sembra proprio lei, la giovane, quella più matura, mentre Janáček si dichiara
irrequieto, inquieto, forse lunatico. Vivo su ascensore che mi porta dal cielo all'inferno in continuazione, e spesso senza scalo intermedio. Desidero una vita piena, non una vita pacificata o felice, mi comprende? (p. 33).
In uno scambio sempre più fitto, in cui accanto a tematiche private si affacciano considerazioni estetiche, problematiche legate alla fruizione della musica e protagonisti della cultura mitteleuropea (uno per tutti, Franz Kafka, il cui amico Max Brod era anche un caro amico della coppia), Kamila chiede a Janáček il «nutrimento della sua parola» e dice senza infingimenti:
Leoš, le consegno l'anima. Non ne abusi. Non la ferisca. La elevi più che può. Mi aiuti ad essere la migliore Kamila che posso e mi aiuti a starle vicino. (p.49)
Il trasferimento a Praga di Kamila e il suo lavoro in una rivista, prima, poi il suicidio della moglie di Leoš e, finalmente, la loro vita insieme in una tranquilla casa di campagna, tutto è raccontato con un linguaggio che è in perfetto equilibrio tra la verosimiglianza storica di una passione di inizio Novecento e la fruibilità del lettore odierno.
Con uno stile limpido, poetico senza eccedere mai nel pathos, Un quoziente di gioia ha un sapore piacevolmente anacronistico, come se questo epistolario non fosse una fiction, ma un documento storico. «Ho cercato di aderire alla verità poetica delle cose piuttosto che a quella fattuale» scrive Giorgio Galli nella prefazione; e in effetti la sua scrittura appare più vera del reale.
Deborah Donato
Social Network