La storia di Camila e del gruppo di donne trans che diventò la sua famiglia: "Le cattive", il magico romanzo di Camila Sosa Villada

 

Le cattive
di Camila Sosa Villada
Edizioni SUR, 2021

Traduzione di Giulia Zavagna

pp. 223
€ 16,50 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)

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C'è una cosa che imparo molto presto: siamo necessarie al desiderio, al desiderio proibito che gli abitanti della terra provano per noi. Desiderarci deve essere proibito con un castigo eterno, perché abbiamo osato andare contro le regole. Per punirci, ci dicono: nessuno vi desidererà. Eppure la vita non potrebbe funzionare senza di noi, lì, al di fuori da tutto. Crollerebbe l'economia, l'esistenza selvaggia divorerebbe ogni norma [...] Senza le prostitute, questo mondo affonderebbe nella cupezza dell'universo. (p. 72)

C'è una forza strana che percorre ogni pagina de Le cattive. 
È naturale, ferina e fiorente: è la forza di una storia che racconta come l'energia attiva del desiderio possa farsi strada portando un po' di luce anche nei più bui dei cammini. Viene fuori dalla penna di Camila Sosa Villada che è stata prostituta, venditrice ambulante, addetta delle pulizie e che oggi è anche affermata scrittrice, cantante e attrice. Tanti personaggi in una persona sola che, scrivendo, ha deciso di farci un dono.
Il libro comincia con una scena che entra negli occhi come luce abbagliante: un gruppo di trans abituate a vivere la notte di Parco Sarmiento a Córdoba (Argentina) trova, nascosto tra i cespugli, un neonato abbandonato. Lo nascondono in una borsa e lo portano via con sé nella pensione dove vivono, la casa della loro madre Zia Encarna; tremano come foglie al pensiero di essere scoperte dalla polizia abituata a torturarle o dai passanti pronti a giudicarle, ma hanno il coraggio di correre sui loro tacchi troppo alti fino a casa, unite da un segreto inconfessabile. 

Trovare un bambino in un fosso e portarlo in salvo sembra l'inizio di una favola e in fondo questo libro è un po' una favola scura, densa, coraggiosa. Le cattive trabocca infatti di una magia che ha dell'unico, anche rispetto al classico realismo magico della tradizione letteraria latinoamericana. 
A partire da quella notte nel parco, Sosa Villada racconta la sua storia di prostituzione e di lotte, di come quel gruppo di donne transgender è diventato una famiglia trovando una nuova casa tra le stanze della pensione rosa della Zia Encarna, di come hanno curato a vicenda le proprie ferite, degli uomini che hanno avuto il coraggio e la sfortuna di incontrare, dell'amore che - nonostante tutto - hanno voluto donare. 
Il Parco Sarmiento e la strada diventano i luoghi di scontri tra forze incantate opposte e anche quando sembra che le nostre eroine soccombano sotto i feroci colpi dei nemici, in realtà in loro alberga una forza che gli altri non hanno: la bontà d'animo, la dignità, il rispetto che nutrono le une per le altre.
Non è una vita come tante quella di queste cattive ragazze, le loro sono vite a cui difficilmente ci si accosta perché si muovono nel cuore di una notte in cui pochi si avventurano. 

Nel rendere omaggio alla propria storia e a quella delle amiche, l'autrice si guarda allo specchio con tutte le donne trans del mondo e di loro racconta il sesso goduto e subìto, gli sguardi, le sfide, i lividi, con una scrittura che non risparmia nessun dettaglio o dolore e che culla come fosse una litania, una preghiera, un malinconico canto di nostalgia. Non compiace, è molto arrabbiata e chiede alla vita il conto per quello che ha fatto finora alle donne come loro.
Il corpo delle cattive è raccontato come un organismo che ospita in sé più vita degli altri perché attraversato da un senso di costante metamorfosi. Prendere in mano il proprio destino e farne qualcosa di diverso è tra i più coraggiosi dei gesti possibili. 
Sosa Villada chiama alla lettura con una narrazione molto cinematografica - non è un caso che Armando Bó, vincitore del premio Oscar per la sceneggiatura di Birdman, sta lavorando a una serie tratta dal libro - che quasi ipnotizza illuminando ogni ferita. Le cattive è una storia di colpi sofferti ma soprattutto di sorellanza, una liturgia laica sulla vita come collettività dolente, una prova letterariamente molto solida perché della letteratura recupera echi antichi, canti, leggende.
Il fatto che sia una storia vera appare infine quasi marginale considerata quanta verità è stata infusa in personaggi che ricordano, per restare nel mondo del cinema, quelli di Pedro Almodóvar. 
Oltre a far deflagrare il corpo, il sesso e le strutture sociali, il romanzo decostruisce in modo esplosivo la maternità come status quo e propone figure di madri illuminate da una luce diversa e bellissima.
Una su tutte la Zia Encarna, nume tutelare, madre delle trans, madre di tutte le madri del mondo con il suo corpo pieno di olio motore e percorso dai tagli che si è procurata in carcere, nelle lotte di strada o per mano di clienti miserabili. 
La magia de Le cattive sta in tutti questi chiaroscuri, nella penombra di queste esistenze.
Se vorrete accostarvisi vi farà entrare in una casa in cui perfino la morte può essere bella, in compagnia di un gruppo di madri-sorelle che cercano con tutte se stesse di trovare lo splendore nei propri occhi. 


Claudia Consoli