di Eleanor Shearer
Editrice Nord, maggio 2023
Traduzione di Alessandro Storti
€ 19 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
A quelle parole, il cuore di Rachel fremette e si costrinse a pulsare di speranza, per ridare forza alla convinzione che i figli non ancora ritrovati fossero vivi. (p. 134)
Libertà: una parola che ha tantissime sfumature, in base al contesto in cui si trova. Se immaginiamo cosa possa rappresentare per una schiava delle piantagioni, pensiamo forse a lunghe corse lontano dalle canne da zucchero e dal tabacco, verso una nuova vita. Quello che immagina Eleanor Shearer è invece una corsa verso il passato: Rachel, la protagonista di Libero scorre il fiume, è infatti fuggita dalla piantagione di Providence con un obiettivo. Molto ambizioso, direbbero gli ottimisti. Folle, direbbero i più disfattisti. Rachel conta di ritrovare i suoi figli, che anni prima sono stati venduti e di cui la madre non ha più notizie: Micah, un ragazzo forte, strappatole prima dei suoi dieci anni per essere rivenduto; Mary Grace, incapace di parlare, dopo l'imboscata subita dal suo supervisore; Mercy, magra ma attraente; Cherry Jane, dalla pelle color miele, tanto bella e aggraziata da andare a servizio nella casa del padrone. Con sé Rachel porta, oltre al desiderio di ritrovare i cinque figli, il pensiero di quelli che non ce l'hanno fatta, come i piccoli Samuel e Kitty, morti di febbre, o i bambini che non sono neanche venuti al mondo vivi.
A questo bagaglio, già di per sé ingombrante, occorre poi sommare tutte le esperienze difficili vissute nella piantagione, le percosse e le frustate subite, le ingiustizie e la fatica quotidiane, le parche razioni di cibo,... Ma non tutto è negativo: durante la sua vita da schiava, Rachel ha ascoltato tante storie da parte dei suoi compagni di piantagione. Ognuno di loro ha perso figli e parenti, amici e amanti, strappati via perché venduti altrove o perché è passata la morte a segnare una divisione definitiva. Anche per loro Rachel è diventata una fuggiasca.
Muoversi passando inosservata con la sua pelle messa a dura prova dalla fatica e i vestiti modesti, non è affatto semplice, ma lungo il cammino Rachel mette in pratica molto di ciò che ha imparato, come il suo intuito nel capire le altre persone o la capacità di trovare sempre una soluzione. Non ci vuole comunque molto perché a lei si uniscano altre persone: il suo sogno, per quanto folle, dà speranza anche ad altri, che tra 1834 e 1835 la seguiranno per terra, per mare e per via fluviale da Barbados a Georgetown nella Guyana Britannica, fino a Trinidad. Che siano distanze limitate o lunghe distese di passi condivisi, chi è con Rachel si confida, forse perché «tra figli perduti ci si riconosceva, nonostante la differenza d'età» (p. 154).
Così il viaggio si fa avventuroso per tutti e, al tempo stesso, per alcuni diventa un cammino di espiazione, per altri un percorso di ricerca della propria identità. E anche d'indipendenza e libertà, perché dopo tanti anni in una piantagione non è facile riappropriarsi di sé stessi. In quella "missione" (come è definita a p. 284) troviamo un marinaio che vuole fare finalmente pace con il passato; un commerciante burbero ma, in fin dei conti, generoso; più di una ex schiava che, affrancata, ha saputo cavarsela; un barista ruvido e un padrone a dir poco odioso; caimani che cercano di addentare Rachel e gli altri; bambini che hanno visto troppo prematuramente la scomparsa di chi amavano,... L'incubo di Rachel è multiforme: lei sa bene che chiunque potrebbe tradirla e denunciarla, come sa che i suoi figli potrebbero essere davvero scomparsi o, peggio, potrebbero essere morti. Ciononostante, il suo è un percorso all'insegna della ricerca di verità, sempre preferibile rispetto al silenzio o alle paure. Troverà Rachel i suoi figli? Questa prima domanda, che anima la suspense del romanzo, si complica poi: loro la riconosceranno? E come l'accoglieranno? Cosa sarà di loro? Riusciranno a mettere radici insieme?
Alla base del romanzo c'è un fatto realmente accaduto, letto dall'autrice; alle informazioni storiche dobbiamo però mescolare il gusto - preponderante - per la narrazione, resa particolarmente ritmata dagli incontri lungo il cammino e da esperienze che rendono Libero scorre il fiume anche un romanzo d'avventura, in cui - tuttavia - l'elemento riflessivo è molto presente. La lettura si fa anche un interessante percorso emotivo dentro la schiavitù durante gli anni dell'Emancipation Act, quando certe abitudini sono dure a morire e i "pregiudizi" legittimano in realtà prevaricazioni e angherie. Intanto, però, libero scorre il fiume e la sua corrente, nel tempo, promette di continuare a scivolare. Lontano.
GMGhioni