di Mavie Da Ponte
Venezia, Marsilio, 2023
pp. 400
€ 19,00 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
Quando si prende in mano Fine di un matrimonio, la prima cosa che salta all'occhio, oltre alla consistente mole del volume, è la copertina, che spicca in cima al cumulo di libri con i suoi colori accesi e vibranti: su di essa una figura femminile viene rappresentata accasciata sul davanzale di una finestra, in una sorta di eco con quanto il lettore si ritroverà a leggere una volta aperto il libro. Ma su questo punto torneremo dopo.
Andiamo con ordine: Fine di un matrimonio è il libro d'esordio di Mavi Da Ponte e sicuramente questa è un'opera che si fa notare per la profonda capacità di introspezione e di analisi che caratterizza la scrittura. Il titolo è didascalico e la trama ripercorre, a partire dal punto di rottura, la separazione tra Alberta e Libero. La prima è una gallerista, mentre il secondo è un ginecologo dalla carriera ben avviata. La narrazione procede in maniera lineare, senza grandi salti temporali, e approfondisce il percorso di discesa e risalita che la protagonista fa dentro di sé, mettendo in luce, in particolare, le dinamiche della sua vita interiore e la sua vita precedente al matrimonio.
La scrittura di Da Ponte è analitica, precisa, scava nel profondo ed entra quasi in simbiosi con le sensazioni riportate dalla protagonista, insistendo, in particolare, in maniera decisamente minuziosa nella resa delle sue reazioni e dei suoi pensieri, colti in differenti situazioni e che mettono in evidenza il malessere della donna. Di conseguenza, il ritmo non è sicuramente veloce e anzi, procede con lentezza, per mettere in luce lo scavo analitico di cui si diceva prima.
Ciò che colpisce è l'assoluta mancanza, o perlomeno così pare, di un'esplosione, nemmeno nella fase iniziale: il dolore di Alberta è sordo e come tale viene vissuto dalla protagonista. Niente scenate, nessun bicchiere scagliato contro un muro, niente di tutto ciò: per questo, ricollegandomi a quanto detto in apertura di recensione, la fotografia in copertina sembra rappresentare l'atteggiamento della protagonista.
E tutto ciò che ero capace di fare era sottrarmi alle telefonate, sparire dalla vita dei miei amici, diventare trasparente. (p. 51)
Va aggiunto che anche la narrazione procede di conseguenza, senza che ci sia un'impennata del racconto né un colpo di scena che sembri rimescolare le carte in tavola, tenendo il lettore con il fiato sospeso. Tutto il libro si configura come la lunga disamina di una rottura, lineare e metodica. Scelta che si potrebbe faticare a comprendere, se non si pensasse che questa sia una vera e propria scelta di stile da parte dell'autrice.
La lunga e lenta discesa verso la parte più interna di sé serve ad Alberta anche per fare i conti con la sua vita passata. Il matrimonio con Libero, infatti, per Alberta ha segnato un prima e un dopo: la sua vita nel quartiere, la sua inflessione, le caratteristiche da cui la protagonista si tiene lontana, avendone - sembra - quasi il terrore, volendo evitare di toccare le proprie radici, le quali, però, come ci ricordava qualche anno fa anche Sorrentino ne La grande bellezza, sono importanti.
Valentina Zinnà