Il cinema secondo Hitchcock ed. deluxe
di François Truffaut
Il Saggiatore, dicembre 2022
Traduzione di Giuseppe Ferrari e Francesco Pititto
pp. 256
€ 49 (cartaceo)
€ 5,99 (ebook)
€ 49 (cartaceo)
€ 5,99 (ebook)
Si tratta della ristampa in versione deluxe di un volume dallo stesso titolo edito sempre da Il Saggiatore nel 2014, in questo caso ancora più arricchita e completa.
La conversazione si dipana sotto forma di dialogo vero e proprio, come una sceneggiatura essa stessa, e attraverso le domande e le considerazioni di Truffaut scopriamo moltissimo su Hitchcock, sui suoi film, sul suo modo di vedere il cinema e la vita. Si ha quasi l'impressione, considerato il tono colloquiale ma finemente rispettoso, di spiare i due attraverso una piccola finestra, di origliare parole segrete e irripetibili, assistendo come terzo spettatore a un fiume di parole lungo sette giorni.
Ci aiuta nella comprensione certamente il fatto che l'intervistatore sia un regista lui stesso, curioso e geniale tanto quanto l'intervistato: Truffaut difatti era il volto della Nouvelle Vague e aveva visto tutti i film del maestro, senza nessuno escluso. In questo modo, sapendo benissimo di cosa parlava, ci conduce per mano nell'universo hitchcockiano.
La conversazione si dipana sotto forma di dialogo vero e proprio, come una sceneggiatura essa stessa, e attraverso le domande e le considerazioni di Truffaut scopriamo moltissimo su Hitchcock, sui suoi film, sul suo modo di vedere il cinema e la vita. Si ha quasi l'impressione, considerato il tono colloquiale ma finemente rispettoso, di spiare i due attraverso una piccola finestra, di origliare parole segrete e irripetibili, assistendo come terzo spettatore a un fiume di parole lungo sette giorni.
Ci aiuta nella comprensione certamente il fatto che l'intervistatore sia un regista lui stesso, curioso e geniale tanto quanto l'intervistato: Truffaut difatti era il volto della Nouvelle Vague e aveva visto tutti i film del maestro, senza nessuno escluso. In questo modo, sapendo benissimo di cosa parlava, ci conduce per mano nell'universo hitchcockiano.
Hitchcock è conosciuto come master of suspense e nel volume Truffaut ci svela
quest'uomo che meglio di ogni altro ha filmato la paura è lui stesso un pauroso e suppongo che la sua riuscita sia legata a questo tratto del carattere (p. 15)calcando spesso sulla questione dell'enorme differenza tra suspense e sorpresa:
Noi stiamo parlando, c'è forse una bomba sotto questo tavolo [...] tutto a un tratto: boom, l'esplosione. Il pubblico è sorpreso [...] La bomba è sotto il tavolo e il pubblico lo sa, probabilmente perché ha visto l'anarchico mentre la stava posando. Il pubblico sa che la bomba esploderà all'una e sa che è l'una meno un quarto [...] Nel primo caso abbiamo offerto al pubblico quindici secondi di sorpresa, nel secondo caso gli offriamo quindici minuti di suspense. (p. 51)
Tutto il dialogo si svolge su questo tenore, dagli albori come disegnatore di titoli e didascalie dei film muti al successo planetario per film come "La finestra sul cortile", "Gli uccelli" e "Psyco", in una precisa divisione dei sedici capitoli a seconda che si parli del suo periodo britannico o americano o di un film specifico.
Apprendiamo molto non solo sulle tecniche di montaggio, sui retroscena, sulla scelta di quell'attore e non di un altro, sull'amore viscerale di Hitchcock per le donne bionde e raffinate come Grace Kelly (fun fact, pensava che le donne mediterranee alla Sofia Loren o quelle estremamente sensuali come Marilyn avessero dipinto in faccia il desiderio sessuale e lui cercava di evitare questa sfacciataggine) sul suo rifiuto a certe sceneggiature, sui successi e i flop, perché anche lui ha subito dei flop, sulla creazione di uno specifico Mac Guffin (scappatoia, trucco, espediente) ma soprattutto su cos'è il cinema per il maestro e come esso può rappresentare la condizione umana:
Apprendiamo molto non solo sulle tecniche di montaggio, sui retroscena, sulla scelta di quell'attore e non di un altro, sull'amore viscerale di Hitchcock per le donne bionde e raffinate come Grace Kelly (fun fact, pensava che le donne mediterranee alla Sofia Loren o quelle estremamente sensuali come Marilyn avessero dipinto in faccia il desiderio sessuale e lui cercava di evitare questa sfacciataggine) sul suo rifiuto a certe sceneggiature, sui successi e i flop, perché anche lui ha subito dei flop, sulla creazione di uno specifico Mac Guffin (scappatoia, trucco, espediente) ma soprattutto su cos'è il cinema per il maestro e come esso può rappresentare la condizione umana:
Non filmo mai un "pezzo di vita" perché tutti lo possono trovare senza alcuna difficoltà [...] del resto non mi interessano nemmeno i soggetti puramente fantastici, perché è importante che il pubblico possa riconoscersi nei personaggi. Girare un film, per me, significa innanzitutto raccontare una storia. Questa storia può essere inverosimile, ma non deve mai essere banale [...] l'unica mia preoccupazione, mettendo la macchina in questo o quel posto, è quella di ottenere la scena nella miglior forma possibile. (p. 67)
Snocciolando una domanda dopo l'altra Truffaut fa in modo di svelare parecchie perle di curiosità: sapete, ad esempio, che nel film "Il sospetto" Cary Grant porta un bicchiere di latte su per le scale e che in quel bicchiere di latte Hitchcock fece inserire una lampadina perché voleva che il bianco del latte risplendesse di "sospetto"? E che avrebbe voluto scrivere un finale diverso? E sapete perché amava in particolar modo Ingrid Bergman, alla quale riservò sempre un trattamento speciale a differenza delle altre attrici che, si può dire, non disdegnava di mandare a quel paese? E che la scena del bacio tra Cary Grant e Grace Kelly in "Notorious" è considerata la più lunga della storia del cinema e che i due attori la recitarono mal volentieri?
E ancora, che l'unico elemento d'interesse per Hitchcock, quello che lo ha convinto poi a girare "Psyco", è stata la scena dell'omicidio improvviso nella doccia? Che odiava l'improvvisazione?
Insomma, il testo è disseminato di chicche di questo tipo e di immagini, fotografie, schizzi, disegni, foto dietro le quinte e numerosissime locandine. Si potrebbe rimanere qui ore e ore a descrivere ogni singola pagina, ma credo che poi il libro debba parlare da sé.
Trovo che sia uno uno di quei libri sul cinema e per il cinema che non possono mancare nella collezione dei cinefili, ma soprattutto gli appassionati di Hitchcock non possono non averlo: è un po' come un volume che fa da groupie, che scava e scava nella vita e nella mente del regista fino ad arrivare al nucleo vivo del suo modo di pensare, girare e considerare i film prodotti.
Il volume è grande, pesante, quindi non l'ideale da portare in giro, ma esposto fa una gran bella figura.
Il volume è grande, pesante, quindi non l'ideale da portare in giro, ma esposto fa una gran bella figura.
Deborah D'Addetta
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