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La prevedibilità di una "commedia imprevedibile": "Infinito" di Enrico Pellegrini

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Infinito
di Enrico Pellegrini
La Nave di Teseo, 2023

pp. 264
€ 18,05 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)


Infinito di Enrico Pellegrini narra la storia di Chris Alexander, un attore di Hollywood, figlio di un attore "fallito", costretto a prestarsi al cinema a luci rosse per arrivare a fine mese, che a causa di un divorzio tormentato lotta in tribunale per vedere riconosciuti i suoi diritti di padre. Tormentato e insoddisfatto, nonostante la vita patinata e l'appartamento elegante  a New York, Chris troverà il senso della vita incontrando Paloma, modella e musicista che sta per sposare l'avvocato che difende l'ex-moglie di Chris (e che non sposerà per motivi che restano nebulosi, come del resto lo erano quelli per cui avrebbe dovuto sposarlo).
Potrebbe benissimo essere una sceneggiatura di un film con Jennifer Lopez e un bell'attore, non Hugh Grant perché a Infinito manca la pur minima ironia che ha fatto la fortuna del bell'Hugh, ma invece è un romanzo che solo nel finale riesce a fare emozionare un poco, seppur con la trita carta di un'operazione nel reparto pediatria.
Personalmente ho trovato molto di prevedibile in quella che invece nella quarta di copertina è presentata come una "commedia imprevedibile". Si capisce fin da subito che Chris è votato al riscatto, perché non ha l'allure del personaggio maledetto o dell'inetto; si comprende subito che gli occhi "neri boreali"  di Paloma "avvolta nel vestito mare Egeo" faranno tornare alla vita Chris; si capisce subito che alla fine non sposerà l'avvocato dal vestito grigio perla, che suona il Rach 2 e che viene definito "uomo colto" perché cita "Lasciate ogni speranza, o voi che entrate" di Dante. 
Cosa? Per un istante non capì. Non poteva essere...Cercò di seguire le note perché non ci credeva. Cosa suonava? La musica era così violenta che forse anche le abat-jour sui tavoli provavano un senso di vertigine. Era il Rach. 2, una delle più difficili composizioni di tutti i tempi. Solo l'avvocato più schizofrenico di tutti i tempi poteva suonare il pianoforte in quel modo. I migliori pianisti del pianeta, ogni morte di papa, si cimentavano con il Rach. 2 nelle più famose sale concerto al mondo. Nessuno lo aveva mai eseguito al Carlyle. Richiede un allenamento perfetto tra tecnica, resistenza fisica e rabbia per trasmettere la stessa rabbia che Rachmaninov provò scrivendo la sonata mentre si rimetteva da una grave depressione. Si racconta che alcuni musicisti siano scivolati nella follia cercando di eseguire il Rach. 2. Eppure lui lo suonava senza sforzo. (p. 133)

Dopo avere informato il lettore, come con una didascalia sul concerto 2 di Rachmaninov, il fatto che venga suonato da Ray, poco dopo aver dato il classico astuccio con diamante per chiedere in sposa Paloma, resta una informazione di cui non sappiamo cosa farcene, attaccata al personaggio senza riuscire a dirci qualcosa di lui. 

In tutto il romanzo, a mio parere, difetta la visibilità dei personaggi. Non si riesce mai a vedere non solo un loro gesto o un'espressione, ma anche un loro minimo lineamento, al di là di un piccolo testo descrittivo che accompagna la loro entrata in scena. I drammi, se ci sono, restano talmente in superficie che sia l'essere sfrattata e squattrinata di Paloma, che l'essere un padre in lotta per vedere la sua bimba di tre anni di Chris, sono etichette attaccate su due sagome che agiscono in modo abbastanza inconsapevole e fatuo nelle pagine.

Chris riusciva a essere al tempo stesso il  tipico adolescente americano, L'idiota di Dostoevskij e Kurtz di Cuore di tenebra. Aveva fan in tutte le fasce di età e le donne (e gli uomini) tra i venti e i trent'anni avevano completamente perso la testa per lui. (p. 66).

Guarda caso, l'unica donna che non perde la testa è quella per cui lui perde la testa. Commedia non proprio imprevedibile. Se vi è qualcosa di imprevedibile sono i dialoghi, nel senso che non si può proprio prevedere che delle persone parlino a questo modo:

"Non hai una bella famiglia?"                                                                                                     "La famiglia è come la barca a vela. È bella solo quella del vicino". (p. 87)

Tra l'altro, questa similitudine sarà anche la chiave di volta del finale, quindi se avessimo voluto dimenticarla, siamo costretti a ricordarla.

Ci sono libri con una storia banale ma scritti in modo meraviglioso; ci sono libri con una storia meravigliosa, ma scritti in modo banale.
E poi ci sono libri con una storia banale, scritti in modo banale. Questo.

Deborah Donato