Toni Schneiders. Sardegna 1956. Il richiamo
della luce
(edizione tedesca: Toni Schneiders. Sardinien 1956. Der Zauber des Lichts)
testi di Hans-Michael
Koetzle
Traduzione dal tedesco di Roberta Papandrea e Rainer Pauli
Ilisso, 2022
pp. 204
€ 49,00 (cartaceo)
Quando, alla fine di marzo del 1956, arriva in
Sardegna dalla Germania, il trentaseienne Toni Schneiders (1920-2006) ha un progetto chiaro in testa: sa
cosa dovrà fare, dove dovrà andare, soprattutto cosa dovrà fotografare. Ne
tiene traccia in venti lettere
spedite alla moglie, quelle che oggi, fedelmente trascritte, possiamo leggere in coda al volume Toni Schneiders. Sardegna 1956. Il richiamo della luce, catalogo dell'omonima mostra attualmente in corso allo Spazio Ilisso di Nuoro e pubblicato in una duplice versione: italiana, con traduzioni di Roberta Papandrea e Rainer Pauli, e, per l'appunto, tedesca (Toni Schneiders. Sardinien 1956. Der Zauber des Lichts). In esse il viaggiatore traccia una cronaca puntuale di
intenzioni e spostamenti, ed è proprio grazie al carteggio che lo scopriamo tutt’altro che
pronto al meteo, che si aspetta soleggiato e invece risulta, almeno all’inizio,
tristemente freddo e piovoso: sul tema non potrà fare a meno di tornare
insistentemente, soprattutto per il possibile effetto che potrà avere sui suoi
piani. Come fa notare Hans-Michael Koetzle, autore di una prefazione critica chiara e
appassionata, “Toni Schneiders non era un
uomo di teoria. Nessuna delle sue lettere, nessuno dei suoi libri presenta un
credo estetico. La sua fotografia si basa innanzitutto sul sapere artigianale,
su eccellenza tecnica. Schneiders è stato un fotografo della luce nel senso
migliore del termine” (p. 17). Sono le foto
luminose, assolate, i cieli tersi a vivificare i suoi scatti, a renderli nitidi, plastici. Ecco perché
il maltempo lo rende scontento, inquieto, scippandolo del suo set favorito.
©Toni Schneiders |
Il suo lavoro, nota Koetzle, “è contraddistinto […] da uno sguardo
delicato, pacato, da una compostezza quasi meditativa, da un piacere che deriva
dall’esplorazione visiva dell’esistente” (p. 10). E se semplicità, verità e chiarezza sono le cifre costitutive della sua
produzione, secondo quanto da lui stesso affermato, non si può dire che esse
derivino dall’improvvisazione, quanto da un
attento studio delle forme, delle proporzioni, dei tagli dell’inquadratura.
L’effetto di naturalezza che ne deriva è quindi frutto di uno sguardo attento,
sensibile, a ciò che offre il paesaggio circostante, il soggetto che si
presenta, si offre, allo scatto. E se in Germania non c’è spazio per questa
nuova visione, percepita ancora come inferiore alla produzione artistica
tradizionale, Schneiders non rinuncia alla sua vocazione, all’urgenza che
lo muove, e riesce a trovare, come autore di volumi dedicati, una
professione che gli permette di conciliare
le sue due passioni: i viaggi e la fotografia. E viaggia tanto,
continuamente, da un lato all’altro del globo, ben più di quanto possa fare
nella sua patria divisa, di cui pure immortala a più riprese il meridione, tra
devozione e nostalgia. Vende i suoi scatti a riviste e case editrici, rilascia
interviste, produce opere che informano, ampliano lo sguardo, trasportano il
pubblico borghese a cui si rivolgono in un’esplorazione di mondi lontani e sconosciuti.
La sua è una fotografia di rivelazione,
in tutti i sensi possibili del termine: perché i luoghi e le persone si
dispiegano prima di tutto davanti ai suoi occhi meravigliati, e solo
secondariamente davanti a quelli del suo pubblico. Questo appare evidente in Sardinien, volume prezioso che, nel
1958, rende conto delle quattro settimane del suo viaggio nell’isola, in 75
scatti che ruotano intorno alla “triade
perfettamente orchestrata […] di paesaggi, architetture e genti” (p. 18).
©Toni Schneiders |
La mattina ci siamo recati a Oliena, famosa per le sue tradizioni pasquali e per i suoi bellissimi costumi tradizionali. È stato meraviglioso e ho potuto scattare tutte le foto che volevo. […] La gente ha un’ospitalità generosa che ci fa quasi vergognare. (Lettera del 2 aprile 1956, Lunedì di Pasqua, p. 196)
Tutte le lettere rivelano, dopo un contraccolpo iniziale di spiazzamento delle
attese, la fascinazione per un ambiente
che può a stento essere descritto dalle parole, che si fanno infatti
vivide, immaginifiche:
[La Gallura] è un paesaggio roccioso e selvaggio di origine vulcanica. […] È puro granito, una pietra antichissima, e si vede molto chiaramente l’enorme processo di fusione che ha avuto luogo forse migliaia di anni fa. Tutti i frammenti rocciosi hanno assunto infatti le forme più stravaganti, con cavità profonde, grotte ma anche spuntoni appuntiti, come se il buon Dio avesse versato piombo nell’acqua in una notte di Capodanno. È un paesaggio senza pelle, si crede di vedere lo scheletro della terra. Così ho scattato con accanimento. (Lettera del 10 aprile 1956, p. 197)
©Toni Schneiders |
Le fotografie di Toni Schneiders riproposte in
questo volume - che conta un totale di 180 illustrazioni in bicromia - restano in mostra fino al
30 aprile allo Spazio Ilisso di Nuoro, e non c’è momento migliore, forse, di
queste giornate prossime alle festività di Pasqua, per ritrovare in esse le tracce di una Sardegna le cui
tradizioni ritornano, sempre uguali e sempre nuove, a mormorare all’orecchio di
chi se ne lasci suggestionare.
Carolina Pernigo
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