Un inganno di troppo di Harlan Coben, appena uscito per Longanesi, racconta di una ex-pilota delle operazioni speciali in Iraq, Maya, alle prese col superamento del lutto. Suo marito è stato brutalmente assassinato e lei non sa il perché. La sua migliore amica le regala una telecamera da installare in casa, per poter controllare la figlioletta Lily, di appena due anni, quando la babysitter Isabella è in casa con lei. Finché, un giorno, dalle immagini registrate spunta un uomo che le sembra di conoscere fin troppo bene e Maya non riesce a credere ai suoi occhi.
Coben è un maestro del genere: con circa 33 romanzi tradotti in 45 lingue, crea bestseller da milioni di copie e molte diventano serie tv (The Stranger, Safe e Stay Close le trovate ad esempio su Netflix). In precedenza aveva già pubblicato Fuga con Longanesi, con grande successo di pubblico e critica.
Maya, la protagonista, è una donna forte apparentemente, ma in realtà molto fragile e provata dalla morte del marito e soprattutto da un errore commesso in missione, che è costato la vita ad alcuni civili e che la perseguita, rovinandole i sogni e la carriera. La donna fa i conti con le sue debolezze e molto interessante risulta la prospettiva che l’autore ci restituisce, di una donna che non fa mistero del suo amore per le armi - dibattito molto attuale e sentito negli Stati Uniti -, che serve il suo paese e paga le conseguenze di uno stress post traumatico e che cerca di nascondere la sua avversione per la sua condizione mentale.
Forse, a essere generosi, ciò è attribuibile al fatto che a volte la malattia mentale era più facile da occultare. Forse, se Maya avesse potuto nascondere due gambe rotte e in qualche modo continuare a camminare, lo avrebbe fatto. Chissà? In quel momento doveva arrivare a capo di quella situazione, e dopo si sarebbe preoccupata della salute mentale. (p. 219)
Del resto questo atteggiamento accomuna molte vittime di situazioni violente, il voler tergiversare, il faticare ad ammettere la propria condizione e il non riuscire a venirne fuori. Maya metterà da parte il suo dolore per cercare la verità. La vicenda gira attorno a questo tema, la verità e le sue tante forme, da quella che perseguita la protagonista e che viene recuperata e pubblicata online da un collettivo di hacker, a quella che tiene in piedi una famiglia molto in vista, fino alla verità che la stessa protagonista cela per tutto il libro, per poi svelarla al lettore nel finale.
Ci sono due famiglie che con le loro vicende si contendono la scena: quella di Maya, fragile e a volte sul crollo della crisi, soprattutto dopo la morte della sorella, il crollo emotivo del cognato e le esigenze dei loro figli e quella del marito Joe, potente, apparentemente solida e compatta, ma con molte zone d’ombra. La terza famiglia, concetto ben rappresentato da uno dei personaggi, Shane, è quella dell’esercito americano, con i suoi soldati, i veterani (lo stesso Coben lo è della United Service Organizations), gli uomini e le donne che spesso subiscono traumi in seguito al servizio prestato per il loro Paese.
Un thriller ben congegnato, che racconta le mille sfaccettature dell’America di oggi, con le sue sfumature, i suoi diktat, le promesse non mantenute, il sogno di perfezione e l’umana fragilità, che ci accomuna tutti.
Samantha Viva
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