«Il mio posto ideale è il ricordo»: la storia privata e collettiva di Helga Schubert in “Alzarsi”

 
Alzarsi
di Helga Schubert
Fazi editore, 2023

Traduzione di Marina Pugliano

pp. 194
€ 18 (cartaceo)
€9,99 (ebook)

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Ci vuole un certo coraggio per aprirsi al mondo, per raccontare delusioni e soddisfazioni. È quello che ho pensato durante la lettura di Alzarsi di Helga Schubert, perché qui l’autrice non elemosina o omette nessun dettaglio della propria vita: racconta ciò che l’ha segnata e cambiata, portando a galla anche situazioni tragiche e dolorose.

Helga trova il coraggio di rievocare le tappe della sua vita, solo dopo la morte della madre. Dalla nascita in Germania durante la Seconda Guerra Mondiale, alla costruzione del Muro di Berlino fino alla sua caduta, quello di Alzarsi è il racconto di una vita di sacrifici, di tanto dolore e di tanta ironia, che troverà spazio nelle pagine scritte che l’autrice compone come se fosse un album di ricordi.

Già dall’infanzia, la vita di Helga non si prospetta semplice: nasce in Germania, in pieno clima bellico quando lo stato nazista era da poco in guerra e quando la vittoria tanto proclamata di Hitler sembrava a portata di mano. Ed è qui che fa capolino una figura centrale dei suoi ricordi: la madre. Una donna fredda, segnata dalla fatica e dai dolori che non sempre riesce a dimostrare l’affetto per la figlia. Il padre, invece, è molto meno presente nei ricordi della scrittrice perché ucciso da una granata sul Volga, quando Helga aveva poco più di un anno.

Mio padre. Che a ventotto anni, ogni giorno spediva con la posta militare lettere scritte a matita a sua moglie, mia madre, che le ha perse durante la guerra perché è dovuta fuggire con me, e ai suoi genitori che le hanno custodite fedelmente e lasciate a me in eredità: 184 lettere numerate, che pian piano sono divenute illeggibili, si sono sfatte. (p. 15)

Insieme alla madre, sarà la nonna a occuparsi della piccola Helga e sarà lei, forse, a darle tutto il calore che la madre è incapace di offrirle, spezzata com’è dalla Seconda guerra mondiale. Del resto, il primo ricordo è quello delle estati passate nella casa della nonna, quando Helga si risveglia «il primo giorno di quelle lunghe, fantastiche vacanze estive» (p. 7). Ed è qui che il senso di calore famigliare invade la scrittrice e non è certamente un caso che il romanzo si apra proprio con quest’immagine così tenera.

La fine della guerra, che avrebbe dovuto portare una parvenza di serenità, segnerà al contrario la vita della scrittrice. Sarà il Muro di Berlino lo spartiacque privato ed emotivo nella sua storia. La Germania, infatti, è divisa in due: da una parte la DDR ( Repubblica Democratica tedesca), conosciuta ai più come la Germania dell’est, e dall’altra invece quella dell’ovest. Helga quindi si trova a vivere in una parte di Germania che non riconosce, che non comprende e alla quale si oppone e resiste. L’adolescente Helga matura in un clima repressivo, dove è guardata con sospetto, ancor prima che per le sue idee, per essere semplicemente una donna intellettuale («Ma allora nella DDR non si può pensare, dire, scrivere tutto […]», p. 77). È un affresco personale e intimo che si scontra inevitabilmente con la Storia, senza che questa faccia sconti a nessuno, ed è sempre sorprendente costatare quanto quei fatti storici, che spesso sentiamo distanti nel tempo e nello spazio, stravolgano la vita di migliaia di persone.

Ma il 9 novembre 1989 è davvero un evento rispetto al quale devo mettere una distanza? O posso mettere una distanza? Una rivoluzione che ha riguardato tutti noi, non soltanto me? (p. 24)

Alzarsi di Helga Schubert è sicuramente un memoir, ma che racchiude dentro di sé gli eventi e i fatti della più recente storia contemporanea e non solo di quella tedesca ma anche di quella europea. La scrittrice, raccontandoci di sé, mostra il lato umano della storia e lo fa con schiettezza, senza mai nascondersi, provando così a esorcizzare un passato comune con cui ognuno di noi, forse, non ha mai davvero fatto i conti, come succede in primis a Helga, che non può dimenticare quella linea di cemento.

Il Muro non c’è più. Era scritto sul muro di sbarramento. Come si fa, una cosa del genere, anche solo pensarla. (p. 34)

Sono ricordi schietti che, come frammenti, immergono il lettore nella storia della Germania e in quella europea  e che donano un altro punto di vista alternativo alla Storia ufficiale, perché alla fine in Alzarsi leggiamo racconti di ferite mai rimarginate. E non interessa all’autrice narrare l’ufficialità degli eventi, ma la Sua storia, che, però, si sovrappone perfettamente a quella di altre migliaia di persone ed è questo il motivo per cui Alzarsi è insieme storia privata e collettiva.

Giada Marzocchi